Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24191 del 25/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24191 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 35-2010 proposto da:
MARINO

FRANCO

MRNFNC44S19H839X,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 80,
presso lo studio dell’avvocato GRASSI LUDOVICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PITTALA’ GAETANO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2546

contro

StAu10
COMUNE DI MILANO 01199250158, in persona del (legale
biti4e9-0
Marecit9-1:
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato

I

in ROMA, LARGO TEMISTOCLE SOLERA 7/10, presso lo studio

Data pubblicazione: 25/10/2013

dell’avvocato PIROCCHI FRANCESCO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati SAVASTA ELENA, SURANO
MARIA RITA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 57/2009 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato PIROCCHI FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO) che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

MILANO, depositata il 13/01/2009 R.G.N. 1038/2007;

Svolgimento del processo
Con sentenza del 27/11/08 — 13/1/2009 la Corte d’appello di Milano, riformando
parzialmente la decisione del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso
capoluogo lombardo, ha dichiarato la legittimità del recesso intimato il 12/10/2004

27 e 29 del cml di comparto non vi era incompatibilità tra l’iniziale sospensione,
adottata nei confronti del medesimo dipendente, ed il suo recesso i e che
quest’ultimo provvedimento, emesso a causa di fatti di corruzione penalmente
rilevanti ascritti al lavoratore e delle gravi implicazioni che ne erano scaturite con
riferimento al suo incarico di direttore dei servizi generali, era da ritenere senz’altro
giustificato.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il Marino, il quale affida
l’impugnazione a tre motivi di censura.
Resiste con controricorso il Comune di Milano.
Il ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma
3°, della legge n. 97/2001 e dell’art. 29 n. 3 del c.c.n.l. di comparto, nonché per
vizio della motivazione, il ricorrente si duole della decisione nella parte in cui,
senza una logica ed esauriente motivazione, è stato escluso che potesse esservi
incompatibilità tra la sua iniziale sospensione dal servizio ed il successivo atto di
recesso, in quanto asserisce che una volta in cui l’amministrazione comunale
convenuta aveva optato per l’adozione, in pendenza del procedimento penale, del
provvedimento della sospensione, la medesima non avrebbe potuto emanare il
provvedimento definitivo del recesso, tanto più che i fatti avevano dimostrato che il
procedimento penale si era concluso con la cassazione della sentenza di
condanna per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli.

1

dal Comune di Milano a Franco Marino dopo aver rilevato che ai sensi degli artt.

2. Col secondo motivo, formulato per omessa ed insufficiente motivazione su un
punto decisivo della controversia, il ricorrente obietta che non si è considerata la
circostanza per la quale, una volta adottata in data 23.3.2000 la decisione, da
parte del Direttore generale, di prorogare la sua sospensione dal servizio sino

all’adozione del provvedimento di licenziamento.
3. Col terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 27,
comma 2°, del c.c.n.l. di comparto 1994/1997, degli artt. 2118 e 2697 cod. civ.,
dell’art. 18 della legge n. 300/70 e dell’art. 51, comma 2, del D.Igs. n. 165 del
30.3.2001, oltre che per omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia, il ricorrente contesta la sentenza impugnata sia in ordine alla
ritenuta legittimità del licenziamento, in quanto ritiene che la stessa si baserebbe
sul generico riferimento ai fatti della sentenza penale annullata dalla Corte di
Cassazione e sugli addebiti conseguenti all’accertamento effettuato dalla Polizia
municipale per i quali si era escluso in sede penale che fossero a lui riconducibili,
sia in merito alla ravvisata proporzione della sanzione inflittagli.
Osserva la Corte che i tre motivi possono essere trattati congiuntamente per
ragioni di connessione.
Il ricorso è inammissibile.
Invero, il primo ed il terzo motivo, attraverso i quali vengono denunziate in via
principale violazioni di leggi e di fonti collettive, non contengono il prescritto
quesito di diritto previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366-bis c.p.c., norma di
rito, questa, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie in esame.
Quanto ai vizi di motivazione, dedotti attraverso gli stessi motivi, si osserva,
invece, che non sono chiaramente indicati i fatti che si assume essere decisivi e
rispetto ai quali sussisterebbe il lamentato vizio di insufficiente e contraddittoria od
omessa motivazione, né, tantomeno, è dimostrata la loro decisività ai fini del
denunziato vizio.

2

all’esito definitivo della vicenda penale, si era delineata una causa ostativa

Per quel che concerne, infine, il terzo motivo, proposto solo per vizio della
motivazione, si rileva che, in realtà, esso contiene una diversa interpretazione
delle norme collettive di riferimento rispetto a quella seguita dalla Corte di merito,
conformemente ai criteri legali di ermeneutica contrattuale, in ordine alla

licenziamento. Inoltre, nello sviluppare il motivo il ricorrente trascrive il contenuto
di documenti dei quali non vi è traccia nella sentenza impugnata, la qual cosa
evidenzia un profilo di inammissibilità unitamente a quello dovuto al fatto che la
formulazione delle doglianze non contiene un momento di sintesi omologo del
quesito di diritto.
Non va, infatti, dimenticato che le Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. n.
20603 dell’1/10/2007) hanno già avuto modo di statuire che ” in tema di
formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti
pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché secondo l’art. 366 bis
cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod.
proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità.”
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

3

ft/5

previsione della compatibilità del rimedio della sospensione con quello del

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre accessori ai sensi di legge.
Così deciso in Roma il 17 settembre 2013

Il Consigliere estensore

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