Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2419 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/01/2017, (ud. 27/10/2016, dep.31/01/2017),  n. 2419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19453/2010 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA R. ROMEI 19,

presso lo studio dell’avvocato ADOLFO RIITANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE IUCCI, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA,VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI SORA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 342/2009 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO SEZ.

DIST. di LATINA, depositata il 27/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L.R. proponeva appello dinanzi alla C.T.R. del Lazio, sezione distaccata di Latina, avverso la sentenza con la quale la C.T.P. di Frosinone aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate relativo ad imposta IRPEF per l’anno 2002.

Si costituiva in giudizio l’Ufficio resistendo al gravame e spiegando appello incidentale.

La C.T.R., con sentenza n. 342 depositata il 27 maggio 2009, rigettava l’appello principale ed accoglieva l’appello incidentale.

Avverso tale decisione L.R. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata, giusta decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”.

Il motivo va dichiarato inammissibile, in quanto privo “della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”, come previsto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis per essere stata la sentenza impugnata depositata il 27 maggio 2009. Difatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte “in tema di ricorso per cassazione, con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso; tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ma assume l’autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente” (ex plurimis, Cass. civ., sez. trib., 08-032013, n. 5858).

Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6 e del D.M. n. 218 del 1992, artt. 3 e 4, che ne esplicano le modalità nonchè omessa o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”.

Il motivo deve essere dichiarato inammissibile per la mancanza, oltre ad un momento di sintesi del dedotto vizio motivazionale, analogamente a quanto rilevato in ordine alla prima doglianza, per l’assenza del necessario quesito di diritto, sancito dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis per essere stata la sentenza impugnata depositata il 27 maggio 2009.

3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 2.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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