Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24189 del 25/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24189 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 23507-2012 proposto da:
DELLAFELICE MARCO DLLMRC59A02G479L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CHIANA 48, presso lo studio
dell’avvocato PILEGGI ANTONIO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;;
– ricorrente 2013
2496

contro

POLIFARMA S.P.A. 00403210586 in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DI S. COSTANZA 27, presso lo studio
dell’avvocato MONTEMARANO ARMANDO, che la rappresenta

Data pubblicazione: 25/10/2013

e difende unitamente all’avvocato MENETTI FERDINANDO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 176/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 12/04/2012 R.G.N. 239/2011;

udienza del 17/07/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PILEGGI ANTONIO;
udito l’Avvocato MENETTI FERDINANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. n. 23507/12
Ud. 17.7.2013

Con ricorso al Tribunale di Torino il dott. Marco Dellafelice,
informatore scientifico del farmaco alle dipendenze di Polifarma
S.p.A. sin dal 10 settembre 1987 in forza di rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, ha impugnato il trasferimento
da Pesaro, suo luogo di residenza e di lavoro, a Torino, ritenendo lo
stesso illegittimo perché determinato da intenti vessatori e
discriminatori e comunque non supportato da effettive ragioni
aziendali; ha chiesto il risarcimento dei danni, patrimoniali e non,
subiti a fronte di condotte vessatorie e punitive, precedenti e
successive alla intimazione del trasferimento; ha impugnato la
sanzione disciplinare dell’ammonizione scritta del 20 novembre
2007, comminatagli per non avere trasmesso tempestivamente al
suo capoarea gli itinerari delle visite di informazione dei medici da
effettuarsi la settimana successiva; ha rivendicato infine somme a
titolo di compensi per lavoro straordinario, indennità di trasferta,
rimborso spese di soggiorno, vitto e alloggio a seguito dell’intimato
trasferimento.
Il Tribunale adito ha respinto tutte le domande, ad eccezione
di quelle relativa ai rimborsi delle spese per il trasferimento a
Torino, condannando la società al pagamento della somma di
1.000,00.
L’impugnazione proposta dal Dellafelice è stata respinta dalla
Corte d’appello di Torino con sentenza in data 14 febbraio – 12
aprile 2012.
Ricorre per cassazione avverso questa sentenza il predetto
lavoratore, sulla base di due motivi, limitatamente ai capi relativi al

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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trasferimento e al risarcimento dei danni. La società resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione e
falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 cod. civ., deduce che la
omesso di esaminare circostanze rilevanti e decisive ed in
particolare :
– che l’area di Torino, diversamente da quanto risultante dalla
lettera di trasferimento, aveva carattere non strategico, onde non
era giustificato il suo trasferimento in quella sede;
– che non vi era corrispondenza tra le microaree di Torino,
lasciate vacanti da due informatori scientifici, e quelle attribuite al
ricorrente; – che era stata la stessa società resistente a determinare la
scopertura della zona di Torino, proponendo ai due informatori
scientifici le dimissioni incentivate;
– che vi era la possibilità di praticare soluzioni alternative al
suo trasferimento nell’area di Torino, distante ben 700 Km. dalla
zona di Pesaro;
– che le residue piccole aree affidate al ricorrente ben
potevano essere assegnate agli informatori scientifici piemontesi;
– che l’azienda ha disposto l’allontanamento del ricorrente
dalla zona di lavoro abituale, senza considerare l’allarmante
quadro sanitario documentato, attestante disturbi di carattere
psichico.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2087 cod. civ. nonché omesso esame
delle circostanze poste a fondamento della domanda di
risarcimento.
Rileva che la Corte di merito, incorrendo nel vizio di
motivazione, ha omesso di valutare i fatti denunciati dal ricorrente,
ritenendo che non fosse stata provata la domanda di risarcimento

sentenza impugnata, incorrendo nel vizio di motivazione, ha

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dei danni per mobbing e non considerando che le condotte poste in
essere dal datore di lavoro, pur se non integrando la fattispecie del

mobbing, perché prive di sistematicità e di intenti persecutori,
erano tuttavia lesive dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087
cod. civ.

che evidenziavano ogni tipo di vessazione posta in essere nei suoi
confronti.
Evidenzia che era evidente il nesso eziologico tra dette
condotte vessatorie e le sue precarie condizioni psico-fisiche,
documentate da certificazioni medico-specialistiche.
3. Il primo motivo non è fondato.
Questa Corte ha più volte affermato che il controllo
giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore
subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia
corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e
le finalità tipiche dell’impresa, e, trovando un preciso limite nel
principio di libertà dell’iniziativa economica privata, garantita
dall’art. 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il
merito della scelta operata dall’imprenditore; quest’ultima, inoltre,
non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità,
essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili
scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul
piano tecnico, organizzativo e produttivo (Cass. 2 gennaio 2001 n.
27; Cass. 2 agosto 2002 n. 11624; Cass. 29 luglio 2003 n. 11660;
Cass. 18 aprile 2005 n. 7930; Cass. 28 aprile 2009 n. 9921; Cass.
2 marzo 2011 n. 5099).
Nella specie la Corte di merito ha ritenuto provata la
sussistenza delle ragioni organizzative e produttive idonee a
giustificare il trasferimento ai sensi dell’art. 2103, rilevando che i
due informatori che coprivano le zone di Torino ed Aosta si erano
dimessi, onde si era reso necessario provvedere alla loro

Richiama, e trascrive, il ricorrente le deposizioni testimoniali

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sostituzione, peraltro in un quadro di riorganizzazione dell’azienda,
conseguente alle dimissioni incentivate di 16 informatori su un
totale di 110; che la situazione personale del ricorrente non era
ostativa al trasferimento, privo essendo il medesimo di carichi
familiari; che al Dellafelice era stata assegnata una zona

all’inizio coperta da altri suoi colleghi avendo il ricorrente ripreso
servizio quasi un anno dopo il trasferimento; che non era
pretestuoso il motivo della nuova destinazione, risultando
comprovate le ragioni da cui era stato determinato il trasferimento.
Tutte tali argomentazioni sono state contestate dal ricorrente,
il quale ha viceversa rappresentato una situazione di fatto del tutto
diversa da quella prospettata dalla sentenza impugnata,
assumendo che non erano state correttamente valutate le
risultanze probatorie.
In tale ottica, le censure mosse all’impugnata sentenza si
sono sostanzialmente risolte in una richiesta di riesaminare e
valutare il merito della causa, e cioè in una inammissibile istanza
di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di
merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una
nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del
giudizio di cassazione.
Ed allora è bene ricordare che la denuncia di un vizio di
motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di
riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di
controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di
merito.
Spetta infatti in via esclusiva a tale giudice il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare
l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente

assolutamente comparabile con quella degli altri informatori,

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idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti.
Conseguentemente per potersi configurare il vizio di
motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è
assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia,
tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata
considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della
vertenza con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (cfr.,
tra le altre, Cass. 15355/04; Cass. 9368/06; Cass. 9245/07; Cass.
14752/07).
Nella fattispecie in esame deve escludersi che la sentenza
impugnata abbia omesso l’esame di circostanze decisive per il
giudizio, risultando viceversa che il giudice d’appello, con una
motivazione congrua, coerente e priva di vizi logici-giuridici, ha
compiutamente valutato, nel complesso, il materiale probatorio
acquisito ed in particolare le dichiarazioni rese dai testi,
pervenendo alla conclusione che fossero sussistenti le ragioni
tecniche, organizzative e produttive che hanno dato luogo al
trasferimento.
Al di là del dedotto vizio di motivazione, tutte le altre
argomentazioni – quali la possibilità di utilizzare il ricorrente
presso la zona di provenienza, la possibilità di coprire la zona di
destinazione con altri informatori, lo sviluppo del progetto di
crescita, il fatturato dell’azienda nella zona di provenienza e di
destinazione, i nuovi compiti assegnati al ricorrente, le dimissioni
incentivate proposte agli informatori scientifici, la praticabilità di
differenti soluzioni organizzative asseritamente più razionali e
redditizie -, attengono al merito delle scelte operate dall’azienda e
si sottraggono al controllo giurisdizionale, che è limitato all’esame
dell’effettiva sussistenza delle ragioni tecniche e organizzative che
hanno determinato il trasferimento, ragioni che la Corte di merito

necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si

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ha accertato dando sufficientemente conto del proprio
convincimento.
4. Anche il secondo motivo è infondato.
La Corte di merito, sulla scorta dei dati acquisiti al processo,
ha escluso non solo la sussistenza del mobbing, ma anche ogni
in essere nei confronti del ricorrente, rilevando che gli
atteggiamenti tenuti nei suoi confronti erano comuni agli altri
informatori e che essi erano il frutto del legittimo esercizio del
potere gerarchico del datore di lavoro e di una generale politica
aziendale che non aveva di mira il ricorrente, ma puntava ad una
riorganizzazione dell’azienda del tutto legittima rappresentando
esercizio della libertà d’impresa, garantita dall’art. 41 Cost.
Ha piuttosto rimarcato il giudice d’appello due circostanze,
peraltro non contestate dal ricorrente, di indubbia rilevanza al fine
di valutare la resa lavorativa del medesimo: la prima relativa alla
sua effettiva presenza al lavoro per soli 73 giorni nel periodo
novembre 2008 – giugno 2009, successivo alla ripresa del servizio
dopo la malattia; la seconda concernente il numero assai ridotto di
visite giornaliere ai medici, due o tre al giorno contro una media di
dieci degli altri informatori.
Ed ha altresì rilevato la Corte di merito l’atteggiamento
ostruzionistico e talvolta anche provocatorio tenuto dal ricorrente a
partire dal disposto trasferimento, sostanziatosi nel rifiuto di
rendere una prestazione lavorativa a livelli accettabili durante le
giornate di presenza in servizio, escludendo atteggiamenti
persecutori e vessatori e concludendo che le dedotte patologie non
erano da collegare in alcun modo alla condotta del datore di lavoro.
Anche qui il ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione in
cui sarebbe incorso il giudice d’appello, deducendo che il
medesimo ha valutato erroneamente le risultanze processuali e
proponendo una diversa lettura del materiale probatorio, a lui
favorevole.

forma di condotta discriminatoria o vessatoria asseritamente posta

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Ma, al riguardo, valgono le medesime considerazioni svolte

sub n. 3, ribadendosi che i vizi di motivazione deducibili con il
ricorso per cassazione non possono consistere nella
contrapposizione tra la valutazione delle prove fatta dal giudice di
merito e la valutazione enunciata dalla parte ricorrente, risultando

nuovo giudizio di merito, attraverso una propria, autonoma
valutazione dei fatti di causa, essendo solo consentito al giudice di
legittimità di controllare, sotto il profilo logico-formale e della
correttezza giuridica, le argomentazioni svolte dal giudice del
merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento.
Nella specie devono escludersi i vizi di motivazione
denunciati, avendo la Corte di merito, con un percorso
argomentativo congruo e privo di vizi logico-giuridici, dato
adeguatamente conto della ragioni della decisione.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo
giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore della
Polifarma S.p.A., in E 50,00 per esborsi ed E 4.000,00 per
compensi professionali, oltre accessori di legge, con distrazione a
favore dei suoi difensori, Avv.ti Armando Montemarano e
Ferdinando Menetti.
Così deciso in Roma in data 17 luglio 2013.

del tutto precluso alla Corte di cassazione di procedere ad un

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