Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24186 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. III, 02/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 02/11/2020), n.24186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30718/2019 proposto da:

H.I., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv.to

Massimiliano Scaringella,

(massimilianoscaringella.ordineavvocatiroma.org.) con studio in Roma

via degli Ottavi n. 9, ed avv.to Fabio Loscerbo, con studio in

Bologna via Eermte Zacconi 3/A, (avv.loscerbo.ordineavvocatipec.it)

giusta procura speciale allegata al ricorso, e domiciliato presso lo

studio legale del primo ed in Roma piazza Cavour presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1376/2019 della Corte d’Appello di Bologna

depositata il 24.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8.7.2020 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. H.I., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a sei motivi per la cassazione della sentenza delle Corte d’Appello di Bologna che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere la protezione internazionale, attraverso il riconoscimento dello stato di rifugiato, della protezione sussidiaria nonchè, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente ha narrato di essere fuggito dal proprio paese, in quanto aveva subito la rovina economica a seguito di un alluvione verificatosi nel (OMISSIS) e di non avere la possibilità di far fronte ai debiti contratti.

1.2. Ha aggiunto di essere arrivato in Italia dopo essere transitato per la Turchia e la Libia.

2. Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, con contestuale vizio di motivazione in ordine alla valutazione di non credibilità ed all’assenza di attivazione di doveri informativi officiosi.

1.1. Con il secondo motivo, deduce altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17.

1.2. Con il terzo motivo, l’omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia relativamente alle due forme di protezione maggiore richiesta;

1.3. Con il quarto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8 e 14;

1.4. Con il quinto motivo, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla domanda di protezione umanitaria;

1.5. Con il sesto motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “la violazione e falsa applicazione di legge” nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativamente al permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. I primi quattro motivi devono essere congiuntamente esaminati, essendo intrinsecamente connessi, visto che censurano, nel complesso, la valutazione di non credibilità del ricorrente formulata dalla Corte territoriale in relazione alle due forme di protezione maggiore richiesta, nonchè la conseguente inottemperanza al dovere di cooperazione istruttorio.

2.1. Deve premettersi che la narrazione del richiedente asilo assume una valenza fondamentale nell’ambito del procedimento di protezione internazionale, in quanto sul racconto delle ragioni che lo hanno indotto ad allontanarsi dal paese di origine, chiedendo il rifugio politico o la protezione sussidiaria, si innesta il potere – dovere di qualificazione della domanda.

2.2. Le regole interpretative sulle quali si fonda il percorso logico che egli deve seguire per ritenere attendibile o meno il racconto ricomprendono il “dovere di cooperazione istruttoria” richiamato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) – che postula che il giudice debba considerare la plausibilità delle dichiarazioni, rilevando eventuali contraddizioni fra i fatti narrati e le informazioni generali e specifiche pertinenti alla vicenda narrata, alla luce di una valutazione complessiva e non atomistica del racconto – e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che prevede che ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine del richiedente asilo: le due norme, evidentemente complementari fra loro, prospettano il dovere del giudice di attivarsi per verificare la plausibilità della vicenda narrata in relazione alla personale esposizione al rischio grave di danni alla persona o alla vita, partendo da una criterio di valutazione della vicenda narrata che osservi la griglia interpretativa postulata dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 5, la quale impone una valutazione di attendibilità complessiva del racconto ed esclude, per contro, una considerazione atomistica dei fatti narrati.

2.3. Fermi tali principi, tale operazione è affidata al giudice di merito attraverso la motivata estrinsecazione del suo convincimento che deve seguire un percorso predeterminato ma che, ove sia immune da vizi logici, è insindacabile in sede di legittimità.

3. Nel caso in esame, le ragioni narrate dal ricorrente a sostegno della sua fuga dal paese di origine sono state da lui ricondotte ai negativi eventi climatici che si sono abbattuti in Bangladesh (numerosi alluvioni, con particolare riferimento a quello verificatosi nel 1998) e che avrebbero determinato uno stato di povertà inemendabile derivante dai pesanti debiti contratti: ciò lo avrebbe indotto ad abbandonare in patria moglie e figli e ad intraprendere un tortuoso percorso di fuga verso l’Italia tramite passaggio in Turchia ed in Libia (cfr. al riguardo, l’audizione dinanzi alla Commissione Territoriale di Bologna nonchè quella reiterata dinanzi al Tribunale, espressamente riportata nel ricorso).

3.1. In relazione a tale racconto, tuttavia, la Corte territoriale ha riscontrato numerose illogicità che rendono insindacabile il rigetto della domanda sulle due forme di protezione maggiore ed infondata la violazione di legge oggetto di censura: la mancata acquisizione di ulteriori informazioni sul paese di origine, infatti, non è conseguita ad una negazione apodittica della credibilità del richiedente asilo, ma si è fondata sulla motivata evidenziazione di numerose incoerenze, anche cronologiche, del suo racconto (si pensi soltanto che nell’anno dell’alluvione principale – 1998 – in cui ha dichiarato, secondo quanto riportato nel ricorso alla nota 2 di pag. 6 – di aver abbandonato moglie e figli, egli, nato nel (OMISSIS), era poco più che bambino) che, pur non mettendo in discussione il cataclisma climatico denunciato, hanno indotto la Corte ad escludere che fosse quello il motivo della fuga ed a dubitare anche della stessa provenienza del ricorrente dal Bangladesh (cfr. pag. 4, secondo cpv della sentenza impugnata).

3.2. La prima censura proposta, pertanto, risulta infondata e le altre tre inammissibili in quanto chiedono in modo del tutto generico (la terza, addirittura, con rubrica ricondotta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione non più esistente) una rivalutazione di merito della statuizione di non plausibilità logica del racconto del richiedente che, incensurabile in questa sede (cfr. al riguardo Cass. SU 8053/2014), ha indotto la Corte territoriale e ritenere che non ricorressero i presupposti delle due forme di protezione richiesta.

4. Il quinto ed il sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto riguardano entrambi la protezione umanitaria, invece, sono fondati.

4.1. Il sesto assorbe il quinto.

4.2. Il ricorrente, infatti, si duole del fatto che la sentenza impugnata aveva respinto anche la domanda di protezione umanitaria senza alcuna considerazione del livello di integrazione raggiunto ed affermando espressamente, sia che la non credibilità del racconto pregiudicava anche tale forma (minore) di protezione sia, in modo del tutto apodittico, la totale irrilevanza della documentazione prodotta a sostegno dello svolgimento di attività lavorativa.

4.3. Al riguardo, questa Corte, ha affermato che:

a) Il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti (Cass. 10922/2019).

b) In tema di protezione umanitaria, alla luce dell’insegnamento di cui a Cass. S.U. n. 29459 del 2019 (preceduta da Cass. 4455/2018), i presupposti necessari ad ottenerne il riconoscimento devono esaminarsi autonomamente rispetto a quelli previsti per le due “protezioni maggiori” (Cass. 1104/2020), non essendo le due valutazioni in alcun modo sovrapponibili, di tal che i fatti funzionali all’accoglimento della “protezione minore” ben potrebbero essere gli stessi già allegati per le protezioni maggiori.

c) Il giudizio in ordine ai presupposti richiesti per il riconoscimento della protezione umanitaria va formulato alla luce di valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso – onde impedire che il giudice di merito si risolva a declinare valutazioni di tipo “seriale” e non aderenti alla situazione concreta esaminata.

d) Il giudizio di bilanciamento funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, come affermato dalle sezioni unite della Corte di legittimità nella pronuncia sopra richiamata che ne sottolinea il rilievo centrale, ha testualmente ad oggetto la valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese (costituita, anche e sopratutto, dall’attività lavorativa svolta) e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, sub specie della mancata tutela, in loco, del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona.

e) In tema di protezione umanitaria, quanto più risulti accertata in giudizio una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità, tanto più è consentito al giudice di valutare con minor rigore il secundum comparationis, costituito dalla situazione oggettiva del Paese di rimpatrio, tanto più sono conseguentemente attenuati i criteri rappresentati “dalla privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale” (principio affermato, con riferimento ad una peculiare fattispecie di eccezionale vulnerabilità, da Cass. 1104/2020).

5. La Corte territoriale si è erroneamente discostata dai principi sopra richiamati.

5.1. Infatti, in primo luogo ha reso una motivazione erronea (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) laddove ha affermato che “la inattendibilità” comporta la reiezione, per motivi di merito, della domanda di protezione umanitaria, disapplicando il principio richiamato al punto 1) sopra evidenziato; ed, in secondo luogo ha omesso del tutto di valutare il livello di integrazione raggiunto dal ricorrente e dimostrato attraverso la documentazione prodotta anche in questa sede (cfr. indice: documentazione scolastica e lavorativa consistente nell’attestato di frequenza al corso di formazione con profilo professionale di carrellista e nel superamento del test finale; nel corso di formazione per personale alimentarista e nei due contratti a tempo determinato prodotti alle dipendenze della ADP Service SRLS) negando apoditticamente e genericamente la rilevanza della documentazione prodotta (cfr. pag. 5 primo cpv della sentenza).

5.2. A ciò si aggiunge l’assenza di ogni indagine sulle condizioni attuali del paese di origine, con la conseguenza che è stato del tutto omesso lo svolgimento della valutazione comparativa postulata dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.

6. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione che dovrà riesaminare, in parte qua, la controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati, e dovrà provvedere anche in ordine alla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbito il sesto; rigetta il primo e dichiara inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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