Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24185 del 17/11/2011

Cassazione civile sez. I, 17/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 17/11/2011), n.24185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V.A., elettivamente domiciliato in Roma, via G.B. Vico

22, presso l’avv. Sabino Andrea, rappresentato e difeso dall’avv.

Cimadomo Donatello giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Prefettura della Provincia di Matera in persona del Prefetto,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 196 del

4.8.2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27.10.2011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 31.5.2010 D.V.A. proponeva impugnazione avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Matera, accogliendo la richiesta del Prefetto di detta città, lo aveva dichiarato non candidabile e non eleggibile alle cariche di sindaco del Comune di Grottole e di consigliere della Provincia di Matera, in ragione della condanna a otto mesi di reclusione, che gli era stata inflitta in quanto ritenuto responsabile del delitto di falso ideologico.

L’impugnazione veniva sostenuta da tre motivi, rispettivamente indicati: a) nell’omessa valutazione dell’intervenuta riabilitazione e dell’avvenuta estinzione del reato, per decorso del quinquennio in mancanza di altre condanne; b) nell’affermata estensione della causa di non candidabilità D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 58 al concorrente del reato ai sensi dell’art. 117 c.p.; c) nell’illegittimità costituzionale della norma sopra richiamata, ove interpretata nel senso sub b. La Corte di appello tuttavia riteneva le censure non meritevoli di accoglimento e viceversa condivisibili le argomentazioni svolte sul punto dal tribunale.

Avverso la decisione D.V. proponeva quindi ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva l’intimato con controricorso.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 27.10.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione D.V. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 58, comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 479 e 117 c.p. La norma sarebbe stata infatti erroneamente applicata, in quanto il fatto materiale sarebbe stato commesso esclusivamente dal pubblico ufficiale, mentre il privato sarebbe stato condannato esclusivamente a titolo di concorso;

2) violazione della medesima disposizione, per l’omessa considerazione che il reato ostativo alla candidatura sarebbe stato estinto al momento della partecipazione alla tornata elettorale;

3) violazione del citato art. 58 e dell’art. 70 del detto D.Lgs., per non aver la Corte considerato il fatto che alla data di presentazione della candidatura sarebbe stato già emesso provvedimento di riabilitazione in favore di esso ricorrente. Il ricorso è infondato.

Sul primo motivo si osserva che la Corte di Appello ha interpretato il citato art. 58 nel senso che il legislatore ha inteso escludere l’elettorato passivo per tutti coloro che, pur non svolgendo pubbliche funzioni, con la propria condotta hanno comunque contribuito alla consumazione di un delitto, posto in essere con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio pubblico.

Tale interpretazione, sorretta dal rilievo della mancata limitazione della causa di esclusione alla commissione di reati con abuso dei poteri “propri” o con violazione dei doveri “propri” inerenti ad una pubblica funzione è confortata dalla giurisprudenza di questa Corte (C. 92/11140, C. 93/9087), che per l’appunto in un caso del tutto analogo si è già espressa nei termini indicati (C. 04/2896).

Per di più la doglianza appare generica, atteso che il ricorrente non ha evidenziato profili di erroneità nella decisione impugnata, ma si è piuttosto limitato ad indicare i motivi idonei a legittimare una conclusione di segno opposto (“sussistono fondati motivi per mutare il precedente orientamento nel senso indicato nel motivo di impugnazione”).

Identici rilievi possono essere formulati in relazione al secondo e al terzo motivo. Per entrambe le censure ivi prospettate il ricorrente ha infatti richiamato i fondati motivi che avrebbero dovuto indurre a “mutare il precedente orientamento nel senso indicato nel motivo di impugnazione”, ed ha omesso di segnalare aspetti della decisione potenzialmente idonei a confortare il giudizio di erroneità rappresentato. Per di più la Corte di Appello ha reso ampia motivazione a sostegno della decisione adottata, che fra l’altro risulta in linea anche con la giurisprudenza di questa Corte (segnatamente C. 08/13831 per il secondo motivo e C. 04/7593 per il terzo).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2011

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