Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24183 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 29/11/2016), n.24183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30002-2014 proposto da:

D.U., S.F., A.V.,

SA.MI., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE PAOLO

GUARINO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE BARI, in persona del Presidente e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO GIAMMARIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TIZIANA SERRANI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA

dell’8/05/2014, depositata il 29/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FERNANDES GIULIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 28 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Potenza in funzione di giudice del lavoro accoglieva parzialmente la domanda proposta da S.F., A.V., D.U. e Sa.Mi. nei confronti della Banca Popolare di Bari e condannava quest’ultima al pagamento in favore di ciascuno dei predetti di somme determinate a titolo di premio di anzianità.

Con sentenza del 29 maggio 2014, la Corte di appello di Potenza accoglieva il gravame proposto dalla banca e, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava in toto le originarie domande.

Per la cassazione di tale decisione lo S., l’ A., il D. ed il Sa.Mi. propongono ricorso affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso la Banca Popolare di Bari.

Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato tanto l’accordo di fusione per incorporazione della Nuova Banca Mediterranea (NBM) nella Banca Popolare di Bari del 3 giugno 2004 che il contratto integrativo aziendale della Banca Popolare di Bari del 3 giugno 2002. Vale chiarire, preliminarmente, che la questione ancora agitata in giudizio e se agli attuali ricorrenti – tutti dipendenti della NBM transitati alle dipendenze della Banca Popolare di Bari a seguito di incorporazione nella stessa di NBM – spetti il premio di anzianità contemplato dal contratto integrativo aziendale in vigore presso la incorporante.

Orbene, nel motivo si censura la decisione della corte di appello laddove aveva ritenuto che la disposizione contenuta nell’appendice al menzionato contratto integrativo (secondo cui l'”…attribuzione a favore di tutto il personale che compia 25 di servizio effettivo, presso la Banca Popolare di Bari, di un premio di anzianità pari a due mensilità….”) era da interpretarsi nel senso che trattavasi di un premio di fedeltà cui potevano aver diritto solo coloro che avessero lavorato per 25 anni alle dipendenze della Banca Popolare di Bari e, dunque, non era estensibile agli attuali ricorrenti.

Il motivo è inammissibile.

Vale ricordare che la interpretazione degli accordi aziendali è riservata al giudice di merito in ragione della loro efficacia limitata, diversa da quella propria degli accordi collettivi nazionali oggetto di esegesi diretta da parte di questa Corte ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici (cfr. Cass. 4 febbraio 2010 n. 2625, cui sono conformi Cass. 8 febbraio 2010 n. 2742 e Cass. 15 febbraio 2010 n. 3459).

Orbene, le osservazioni critiche svolte in ricorso sono indirizzate, sostanzialmente, a sostenere un diverso risultato interpretativo dell’accordo in questione, considerato preferibile a quello accolto nella sentenza censurata senza individuare in quale parte la stessa abbia violato i criteri di cui agli art. 1362 e ss. c.p.c., nonostante quanto formalmente enunciato nella rubrica del motivo.

Le censure si fondano, infatti, su tre precedenti di questa Corte (Cass. n. 15061 del 22 giugno 2010; Cass. n. 1718 del 23 gennaio 2009 e Cass. n. 7949 del 29 luglio 1998) concernenti il riconoscimento del premio di anzianità e che non inficiano la decisione impugnata nella parte in cui – sulla scorta di una esegesi letterale del contenuto della riportata disposizione contrattuale – esclude che l’accordo integrativo aziendale in questione preveda un premio di anzianità ma, piuttosto, un premio di fedeltà (e, quindi, solo a coloro che potevano vantare 25 anni di anzianità sempre al servizio della Banca Popolare di Bari). La Corte di appello, infatti, sottolinea come il primo valorizzi il servizio effettivo e l’esperienza maturata ed il secondo la continuità del servizio effettivo presso lo stesso datore di lavoro.

Alla luce di quanto esposto si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico dei ricorrenti e vengono liquidate come da dispositivo in favore della Banca Popolare di Bari s.p.a..

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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