Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2418 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 607-2018 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

IGNAZIO DE MAURO;

– ricorrente –

contro

CREDITO VALTELLINESE SPA quale società incorporante MEDIOCREVALE SPA

già CASSA SAN GIACOMO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCO

MARIA MERLINO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1692/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 15/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 13 luglio 2006 M.V. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Catania la Cassa San Giacomo deducendo di aver intrattenuto con il predetto istituto di credito un rapporto di conto corrente a far data dal 1990; lamentava che per tutta la durata del rapporto la banca avesse proceduto all’addebito di interessi ultralegali e anatocistici e domandava accertarsi l’invalidità delle impugnate clausole negoziali, determinarsi il saldo del conto corrente e condannarsi la banca al rimborso delle somme illegittimamente percepite.

La banca si costituiva in giudizio ed eccepiva, in via preliminare, la prescrizione del diritto azionato da controparte.

Nel corso del rapporto era disposta l’esibizione degli estratti conto relativi al periodo intercorrente tra il 1 gennaio 1995 e il 30 settembre 2000 e disposta una consulenza tecnica contabile. Quindi il Tribunale pronunciava sentenza con cui era respinta l’eccezione di prescrizione, accertata la nullità delle clausole relative agli interessi (con riferimento alla mancata determinazione per iscritto del tasso debitore e alla convenuta capitalizzazione), rideterminato il saldo del conto, a debito del correntista, nell’importo di Euro 96.854,68 e rigettata la domanda di ripetizione dell’indebito.

2. – Proponevano appello sia M. che Mediocreval, già Cassa San Giacomo.

Con sentenza del 15 novembre 2016 la Corte di appello di Catania rigettava entrambi i gravami e compensava per l’intero le spese del grado. Per quanto qui rileva, essa riteneva che l’eccezione di prescrizione della banca non potesse trovare accoglimento, dal momento che la stessa non aveva neppure allegato quali fossero le rimesse solutorie. Con riferimento all’impugnazione del correntista, il quale aveva lamentato che il Tribunale avesse mancato di disporre l’esibizione della documentazione relativa all’ultimo estratto conto, da lui poi prodotto all’udienza di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di primo grado, osservava che incombeva allo stesso M. dimostrare i fatti posti a fondamento della propria domanda e che, in sostanza, tale onere non poteva ritenersi soddisfatto attraverso una non tempestiva produzione documentale; il giudice distrettuale rilevava, inoltre, essere inammissibile la produzione del nominato estratto conto in appello, non ricorrendo le condizioni di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3: infatti, secondo la Corte di merito, l’indispensabilità della prova, come tale ammissibile in appello, andava esclusa nei casi in cui la formazione della decisione fosse avvenuta in una situazione nella quale lo sviluppo del contraddittorio e delle deduzioni probatorie avesse consentito alla parte di valersi del mezzo di prova, perchè funzionale alle ragioni di essa.

3. – Contro tale sentenza M. svolge due motivi di ricorso per cassazione; resiste con controricorso Mediocreval che, a sua volta, spiega una impugnazione incidentale condizionata basata su di un unico motivo.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo di ricorso principale oppone la violazione dell’art. 1832 c.c. e dell’art. 210 c.p.c.. Deduce il ricorrente di aver depositato in primo grado gli estratti conto relativi al periodo ricompreso tra il 1 gennaio 1995 il 30 settembre 2000 e che il Tribunale avrebbe dovuto ordinare alla banca la produzione degli estratti anteriori alla prima delle date indicate, ma anche la produzione di quello successivo alla seconda. Esso istante, all’udienza successiva al deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, aveva richiesto di integrare il contenuto dell’ordinanza di esibizione con riferimento al periodo ricompreso tra il 30 settembre 2000 e il 5 ottobre dello stesso anno, allorquando il conto era stato chiuso con il versamento di Lire 275.000.000: il giudice di primo grado, nondimeno, aveva ritenuto di fissare l’udienza di precisazione delle conclusioni, in occasione della quale era stato prodotto l’estratto conto mancante. Ad avviso del ricorrente avevano errato i giudici di merito a ritenere tardiva la produzione documentale, dal momento che incombeva alla banca l’onere di documentare l’andamento del rapporto attraverso gli estratti conto.

Col secondo mezzo viene denunciata la violazione degli artt. 1832 c.c. e 345 c.p.c.. L’istante deduce come la Corte di merito avesse posto a fondamento della decisione circa l’inammissibilità della produzione documentale in appello un principio errato e richiama in proposito l’arresto di Cass. Sez. U. 4 maggio 2017, n. 10790. Sostiene, in particolare, che l’ingresso del documento nel giudizio di appello troverebbe fondamento nel giudizio circa la sua indispensabilità, indipendentemente dal fatto che la produzione dello stesso in primo grado fosse o non fosse imputabile ad esso istante.

Non costituisce propriamente un motivo quello che il ricorrente rubrica come terzo; la deduzione svolta al riguardo si risolve, infatti, nell’affermazione della necessità di riversare le spese del giudizio di merito sulla controparte in ragione dell’auspicata cassazione della sentenza: viene cioè fatto valere un tema devoluto al giudice del rinvio che è correlato alla caducazione della statuizione sulle spese, in ragione dell’effetto espansivo interno che potrebbe sortire dalla pronuncia di accoglimento del ricorso..

1.1. – La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso avendo riguardo al canone di autosufficienza, per quanto attiene agli atti e ai documenti su cui è fondata l’impugnazione.

L’eccezione va disattesa.

La verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonchè la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887). Ciò posto, i due motivi di ricorso risultano pienamente intellegibili e suscettibili di essere apprezzati, in punto di decisività, avendo riguardo ai richiami formulati nel corpo del ricorso: è infatti evidente il significato e il rilievo che assume, nel quadro delle formulate doglianze, il descritto estratto conto relativo all’ultimo trimestre del 2000, da cui emergeva il versamento, operato il 5 ottobre 2000, di lire 275.000.000 (cfr. pag. 4 del ricorso per cassazione).

1.2. – I due motivi non sono tuttavia fondati.

In tema di ripetizione di indebito opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore il quale, quindi, è tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (Cass. 27 novembre 2018, n. 30713; con specifico riguardo alla ripetizione in materia di conto corrente bancario: Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948). Il principio trova applicazione anche ove si faccia questione dell’obbligazione restitutoria dipendente dalla asserita nullità di singole clausole contrattuali: infatti, chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell’accipiens l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta (Cass. 14 maggio 2012, n. 7501).

Ciò implica che il correntista, agendo in ripetizione, abbia l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute (Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948 cit.).

Il ricorrente non può dunque riversare sulla banca le conseguenze della mancata tempestiva produzione di tutti gli estratti conto che avrebbero dovuto documentare la propria pretesa.

Quanto al tema della possibilità, da parte della Corte di appello, di acquisire il documento a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2, è senz’altro vero che la produzione in questione non dipende dal maturarsi di preclusioni in primo grado: trova infatti applicazione il principio, di recente ribadito dalle Sezioni Unite, per cui nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (Cass. Sez. U. 4 maggio 2017, n. 10790). La giurisprudenza di questa Corte insegna, tuttavia, che il giudizio d’indispensabilità relativo a prove documentali nuove non può riguardare quelle dichiarate inammissibili nel grado precedente (Cass. 15 maggio 2018, n. 11752; Cass. 14 aprile 2016, n. 7410, proprio con riferimento a una produzione avvenuta tardivamente in primo grado; cfr. pure Cass. Sez. U. 10 luglio 2015, n. 14475, in motivazione, ove si precisa che la formula ampia scelta dal legislatore induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all’intero processo, e che ciò significa che non devono essere mai stati prodotti in precedenza). Anche a tale ipotesi – quella della tardiva produzione – parrebbe del resto riferirsi Cass. Sez. U. 4 maggio 2017, n. 10790 allorquando afferma che in nessun caso il potere del giudice d’appello di ammettere la prova indispensabile possa essere esercitato riguardo a “prove giù in prime cure dichiarate inammissibili perchè dedotte in modo difforme dalla legge”.

Nella fattispecie viene proprio in questione un documento versato in atti in primo grado solo all’udienza di precisazione delle conclusioni, di cui il Tribunale aveva conseguentemente ritenuto la non tempestiva produzione. Evidente è, pertanto, che lo stesso non potesse-oggetto di acquisizione da parte del giudice di appello.

3. – Il motivo di ricorso incidentale condizionato prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033,2934,2935 e 2697 c.c.. La censura investe l’affermazione della Corte di appello relativa all’onere di allegazione della banca quanto alle rimesse solutorie oggetto di prescrizione. Assume la ricorrente incidentale che essa non era onerata di fornire specifica indicazione delle dette rimesse.

3.1. – Il motivo, in quanto condizionato, resta assorbito.

4. – In conclusione, va respinto il ricorso principale e dichiarato assorbito quello incidentale.

5. – Per le spese di giudizio opera il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6′ Sezione Civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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