Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2418 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. un., 02/02/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 02/02/2011), n.2418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente agg. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 23524 del Ruolo Generale degli affari

civili del 2009, proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via L.

Mantegazza n. 24 presso il cav. Gardin Luigi, rappresentato e difeso,

per procura a margine del ricorso, dall’avv. Lorenzo Durano del foro

di Brindisi.

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BRINDISI, in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare

in giudizio da Delib. G.M. 19 novembre 2009, n. 460 ed elettivamente

domiciliato in Roma alla Via G.P. da Palestrina n. 19, presso lo

studio dell’avv. Cialdini Cristina, unitamente all’avv. Stefanelli

Livio da Brindisi, che lo rappresenta e difende, per procura a

margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 492 del 21

giugno – 3 settembre 2008.

Udita, alla pubblica udienza del 18 gennaio 2011, la relazione del

Cons. dr. Fabrizio Forte.

Udito il P.M. Dr. Ceniccola Raffaele, che ha concluso per il rigetto

del secondo motivo di ricorso, con assorbimento dell’altro motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 23 ottobre 1996, C.R. titolare della ditta “Pubblipuglia”, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brindisi il locale Comune e, premesso che per effetto della Delib. G.M. n. 3060 del 1980 e del contratto del 2 settembre 1982, era sorto il suo diritto in esclusiva per quindici anni di costruire in tutto il territorio comunale transenne delimatrici degli spazi riservati ai pedoni con pannelli pubblicitari e che, in data 30 giugno 1988 era stato invitato dal sindaco a rimuovere provvisoriamente le esistenti transenne da un cavalcavia della città per l’esecuzione di lavori di manutenzione di questo, deduceva che nella sua inerzia la rimozione dei manufatti era stata disposta dall’ente locale. Chiedeva quindi la condanna del convenuto a risarcire i danni da inadempimento del suo obbligo nato dal contratto del 1982, danni liquidati in L. 1.109.266.666, previo accertamento che l’ente locale aveva violato l’esclusiva, concedendo a terzi il diritto di apporre le transenne con la pubblicità, senza avere ripristinato i manufatti da essa rimossi dell’attore, a cui aveva impedito altre installazioni delle transenne.

Il Comune di Brindisi, nel costituirsi, ha eccepito la litispendenza dalla causa con altra iniziata con citazione del 12 marzo 1990 e pendente dinanzi alla Corte d’appello di Lecce, nella quale il Tribunale aveva dichiarato inammissibile identica domanda risarcitoria del C., e chiedendo comunque il rigetto nel merito di essa. In corso di causa il convenuto esibiva la sentenza n. 174 del 1999 della Corte d’appello di Lecce, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. sulla domanda sopra indicata come proposta nel marzo del 1990. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza del 7 dicembre 2004, sulle domande del 1996 d’accertamento dell’inadempimento contrattuale dell’ente locale per arbitraria interruzione della esecuzione del contratto sottoscritto con l’attore e di affermazione della violazione del diritto di esclusiva, come in ordine al risarcimento del danno maturato fino al 12 marzo 1990, dichiarava la litispendenza con il giudizio sulla domanda proposta in tale data, definito dalla citata sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 174 del 1999 con declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, da affermare rilevante con effetto di giudicato nella presente causa per i danni maturati fino alla data di pubblicazione della decisione, ritenendo improseguibile l’azione per i danni successivi per la stessa ragione. Il Tribunale riteneva esservi litispendenza per i giudizi sulle domande identiche proposte nel 1990 e nel 1996 almeno in ordine ai danni prodotti fino al 12 marzo 1990 data della prima domanda, affermando che, per i danni successivi, valeva la declaratoria di difetto di giurisdizione di cui alla sentenza della Corte d’appello di Lecce del 1999. Con l’appello del C. era stata dedotta l’assenza della litispendenza, perchè alla data della sentenza di primo grado del 2004, era già divenuta definitiva la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce nel 1999, affermandosi che questa era inidonea a divenire giudicato perchè relativa solo alla giurisdizione e non attinente al merito, per cui non poteva incidere nella presente causa. In ordine poi alla giurisdizione, il C. affermava che nel caso non vi era concessione ma solo un contratto di appalto per la costruzione delle transenne, il cui corrispettivo era costituito dal guadagno che egli avrebbe ricevuto dalla pubblicità apposta con pannelli sui manufatti da lui realizzati, integrando la concessione solo la successiva autorizzazione del comune ad installare su suolo pubblico le indicate transenne, che comportava l’obbligo di pagare al Comune di Brindisi il canone di L. 10.000 per l’occupazione delle aree comunali.

L’attore insisteva quindi nella domanda di risarcimento anche con il gravame, del quale la Corte d’appello di Lecce rilevava l’inammissibilità in ordine alla declaratoria di litispendenza, impugnabile solo con regolamento di competenza, in mancanza di statuizioni di merito sulle domande sulle quali era stata rilevata la sussistenza dell’altra lite pendente.

Escluso che la statuizione negatoria della giurisdizione potesse costituire giudicato all’esterno della causa, non potendo spiegare i suoi effetti in una causa diversa come la presente, la Corte ha ritenuto però sussistere il difetto di giurisdizione sulle domande proposte in questo processo. Ha rilevato infatti la Corte di merito che, anche dalla sentenza del 1995 sulla domanda del marzo 1990 del Tribunale di Brindisi, appare certo che i rapporti tra le parti in causa traggono origine dalla Delib. G.M. Comune di Brindisi 1 ottobre 1980, n. 3060, che, ravvisata la necessità della installazione delle transenne e della concessione in esclusiva alla ditta Pubblipuglia della relativa facoltà di realizzarle, ha poi previsto il contratto del 1982 per la regolamentazione della concessione dell’ente locale, fermi restando gli accordi preventivi e le singole autorizzazioni per la esecuzione di ogni transenna. La Corte di appello ha qualificato la fattispecie come di concessione contratto, con attribuzione all’amministrazione concedente e al privato di diritti e obblighi reciproci tutti basati sulla originaria delibera di concessione, rappresentando le successive autorizzazioni mera attuazione del primo provvedimento concessorio del 1980. Avendo la causa ad oggetto violazione di obblighi assunti dalla concedente con l’atto di concessione, la giurisdizione sulla domanda, ai sensi della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, si è ritenuta del giudice amministrativo, per cui la Corte di merito ha dichiarato il suo difetto di giurisdizione.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso di due motivi il C., cui ha resistito con controricorso il Comune di Brindisi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo del ricorso denuncia violazione degli artt. 39, 42 e 43 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2, 3 e 5, anche per omessa e/o insufficiente motivazione sul fatto controverso della denunciata litispendenza con altro giudizio, concluso dalla sentenza n. 144 del 1999 della Corte d’appello di Lecce.

Tale Corte, nella sentenza oggetto di ricorso, afferma che il Tribunale di Brindisi, nel dichiarare la litispendenza in ordine all’azione risarcitoria per i danni subiti dal C. fino al 12 marzo 1990, data della prima domanda di risarcimento, non ha emesso pronunce di merito, per cui la statuizione doveva impugnarsi solo con il regolamento di competenza e il gravame era da qualificare inammissibile.

Deduce il ricorrente che per pronuncia di merito deve intendersi ogni decisione su questioni diverse da quella sulla competenza, anche se di natura solo processuale (il ricorrente cita Cass. n. 9799 del 21.5.2004 e 6523 del 7.5.2002), purchè integri una statuizione sull’oggetto della controversia, di carattere non incidentale o solo strumentale rispetto a quella sulla competenza.

Nella fattispecie la sentenza del Tribunale non si era limitata a dichiarare la litispendenza ma aveva sancito la improseguibilità della domanda del 1996 per i danni successivi al marzo 1990, affermando l’effetto preclusivo del giudicato sulla giurisdizione da essa stessa erroneamente rilevato e tale considerazione, contenuta nell’appello, non era stata neppure presa in esame dalla Corte di merito con la sentenza impugnata in questa sede.

Erroneamente pertanto si è dichiarato inammissibile l’appello sul presupposto che la sentenza di primo grado aveva valutato separatamente le varie domande del C., pronunciando la litispendenza solo sulla domanda di risarcimento dei danni prodotti fino al 1 marzo 1990, senza considerare che, nella citazione e nelle conclusioni, l’attore aveva chiesto una somma a titolo risarcitorio, senza distinguere in ordine ai tempi degli eventi dannosi. Il Tribunale di Brindisi aveva invece distinto nel tempo i danni cagionati, separando le domande unitariamente proposte dal C. in ordine alle perdite e mancati guadagni maturati prima e dopo il 12 marzo 1990, per cui era corretta la impugnazione con appello ordinario della sua pronuncia. Il quesito conclusivo ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. chiede di accertare “se costituisca decisione di merito, con ogni effetto ai fini della impugnazione da proporre, la sentenza che, nel pronunciarsi sull’unica domanda di inadempimento contrattuale e risarcimento del danno, abbia rilevato la litispendenza con riferimento all’azione risarcitoria per i danni maturati fino ad una certa data, pronunciandosi contestualmente, sia pure con declaratoria di improseguibilità dell’azione per preclusione da giudicato sulla domanda di risarcimento dei danni maturati successivamente a tale data”.

1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 1034 del 1971, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3.

La Corte di merito ha esattamente negato il rilievo di giudicato della declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario contenuta nella sentenza n. 144/1999 da essa emessa sulla domanda proposta dal C. nel marzo 1990, negando tale rilievo definitivo della pronuncia, in assenza di una decisione anche di merito del giudice, riconoscendosi effetti panprocessuali solo alle pronunce sulla giurisdizione delle Sezioni unite della Corte suprema, per ritenere poi corretta la qualifica di concessione-contratto riconosciuta dal Tribunale di Brindisi al rapporto controverso, con conseguente declaratoria del difetto dei poteri cogiti tori del giudice ordinario, pur riservando la legge al giudice amministrativo i soli “ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a concessioni di beni pubblici” e avendo la giurisprudenza di legittimità evidenziato la irrilevanza del nomen juris utilizzato dalle parti e dell’esistenza di atti o provvedimenti richiamati nelle norme, allorchè il rapporto attenga a potestà pubbliche o riguardi la concessione al privato di beni pubblici.

Tale rilevanza dell’esercizio di poteri pubblici si è confermata dalla sentenza della C. Cost. 6 luglio 2004 n. 204, che ha negato rilievo ai meri comportamenti materiali della P.A., ritenendo che di essi possa conoscere il giudice amministrativo con giurisdizione esclusiva, solo se collegabili all’esercizio di poteri autoritativi.

Solo in caso di esercizio di potestà pubbliche, sì può affermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e nella fattispecie, poichè nel rapporto tra ricorrente e comune non hanno rilievo i poteri autoritativi di quest’ultimo, che si esprimono solo con le autorizzazioni di volta in volta emesse dall’ente locale per l’infissione delle transenne sui marciapiedi e quindi dei pannelli pubblicitari sulle stesse.

Ad avviso del ricorrente, la Delib. G.M. 1 ottobre 1980, n. 3060, costituirebbe mero atto presupposto autorizzatorio del successivo contratto stipulato nel 1982 dalle parti, da qualificare appalto, che aveva posto a carico del privato i costi di installazione e manutenzione delle transenne, sancendo il diritto dell’appaltatore di conservarne la proprietà per quindici anni, in corrispettivo degli utili che avrebbe percepito dalla pubblicità da lui esercitata in esclusiva su tali manufatti.

La realizzazione delle transenne era condizionata per contratto alle specifiche autorizzazioni di volta in volta emesse dal Comune di Brindisi, le quali davano luogo a concessione, rimanendo nel resto il rapporto interamente disciplinato in via contrattuale.

Nella fattispecie, sussisteva solo un contratto di appalto con l’esclusiva concessa al ricorrente per la installazione delle transenne, autorizzata di volta in volta anche per la pubblicità da apporre su di esse, essendo contrattualmente sancito il diritto di installare su suolo pubblico le delimitazioni dei passaggi pedonali nel territorio comunale “nella sua interezza e globalità”, in numero non inferiore a 150, dovendosi negare quindi la esistenza dei presupposti stessi della concessione che è a base della declaratoria della giurisdizione del giudice amministrativo.

Il ricorso, citata giurisprudenza del Consiglio di Stato che farebbe dubitare della giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto nega che la pubblicità stradale sia un servizio da rendere dall’ente locale o per suo conto, trattandosi di mera attività economica e d’impresa che non è servizio pubblico, deduce anche la inapplicabilità della recente S.U. 3 aprile 2009 n. 8115, che ha rilevato come la giurisdizione amministrativa vada affermata solo quando la controversia richieda in via principale “una decisione sul contenuto e la disciplina del rapporto di concessione”, come non accade nella fattispecie, nella quale non si controverte sul potere autoritativo dell’ente locale, ma sull’inadempimento da questo dell’obbligo assunto contrattualmente di non concedere a terzi di apporre in territorio cittadino transenne del tipo di quelle di cui al citato contratto del 1982.

Il comune di Brindisi, con la sua condotta, ha impedito a Pubblipuglia di svolgere la sua attività per quindici anni e in via esclusiva nel territorio cittadino, in tal modo non adempiendo ad obblighi assunti contrattualmente nei confronti del C..

Il quesito conclusivo del secondo motivo di ricorso chiede alla Corte “se vi sia giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, nel caso in cui un contraente privato chieda il risarcimento dei danni causati da inadempimento dell’ente locale del suo obbligo di consentire al privato la realizzazione in esclusiva di impianti di transenne nel territorio comunale, con annessi pannelli pubblicitari in un numero concordato e per un tempo sancito in un contratto, nel quale erano previste future autorizzazioni o concessioni per l’occupazione del suolo pubblico con le indicate transenne, con un canone predeterminato per la occupazione di suolo pubblico da corrispondere al Comune”.

2.1. Pregiudiziale, sul piano logico e giuridico, è il secondo motivo di ricorso per la parte in cui denuncia l’erronea affermazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, dovendosi negare, ad avviso del ricorrente, che oggetto della presente causa sia una controversia in materia di concessione, essendo il rapporto controverso configurabile come di mero appalto, a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza di merito, che afferma essersi avuta una concessione-contratto, facendo quindi rientrare la causa tra quelle riservate dalla L. n. 1034 del 1971, art. 5, alla data della domanda introduttiva, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La controversia attiene al diritto in esclusiva del C. di occupare suolo pubblico e di esercitare con le transenne infisse su questo, delimitando i marciapiedi dell’intero territorio cittadino per rendere più sicura e agevole la circolazione pedonale con tali manufatti, realizzati a cura e spese del ricorrente nel numero concordato con il comune, utilizzando poi tali transenne come supporto di pubblicità sia di servizi pubblici che in favore dei privati con un corrispettivo del godimento di tali spazi pubblici usati per inserirvi le transenne, versato dalla impresa concessionaria al concedente e diritto di Pubblipuglia di ricevere dai terzi che richiedevano le prestazioni pubblicitarie un prezzo per tale attività.

Nessun rilievo ha la circostanza che non siano impugnati atti o provvedimenti della P.A., cui fa testualmente riferimento la L. n. 1034 del 1971, art. 5, perchè “malgrado tale dizione (“ricorsi contro atti e provvedimenti”) la norma va interpretata nel senso che la competenza del Tribunale amministrativo regionale deve essere dichiarata anche se non sia impugnato un atto o provvedimento dell’autorità pubblica, purchè la controversia, promossa per il rifiuto dell’autorità stessa di riconoscere il diritto preteso dal concessionario, coinvolga il contenuto della concessione, cioè i diritti e gli obblighi della P.A. e del concessionario”, come accade nel caso in cui viene dedotta la violazione della esclusiva prevista nell’atto concessorio (la massima citata è di S.U. 18 maggio 2000 n. 364).

Nel caso vi è quindi una controversia in ordine all’esecuzione della concessione per realizzare e utilizzare le transenne che sono strumento di attuazione dell’atto concessorio, rimosse dal Comune concedente, controversia sulla quale non è dubitabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (S.U. 26 novembre 2008 n. 28166), così come si è ritenuto persino in ordine alla rideterminazione dei canoni concessori e in ogni ipotesi in cui si presupponga l’esercizio di poteri autoritativi della P.A. che nella fattispecie risultano sicuramente esercitati dall’ente locale (S.U. 1 luglio 2010 n. 15644). Nella fattispecie, la esclusiva riservata alla impresa del ricorrente, ad avviso dello stesso, è stata violata, con conseguente lesione di un diritto dello stesso nascente dalla concessione e regolato nel relativo disciplinare per cui correttamente si è negata la giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, potendo solo questo conoscere delle posizioni soggettive diverse da quelle connesse al pagamento dei canoni e corrispettivi dovuti all’ente concedente, riservate al giudice ordinario (S.U. 10 dicembre 2001 n. 15603).

L’ente locale ha esercitato i suoi poteri autoritativi di gestione del territorio comunale con lo stabilire i lavori di manutenzione del cavalcavia comunale e la rimozione delle transenne che aveva invano ordinato di togliere, e su tali scelte il giudice ordinario alcun potere cognitivo può avere per accertare la stessa misura dell’eventuale esclusiva concessa al C., la lesione dei diritti connessi a quest’ultima e l’inadempimento costituente causa petendi della domanda a base del presente giudizio. Il secondo motivo del ricorso deve quindi essere rigettato, dichiarandosi la giurisdizione del TAR per la Puglia, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta nei termini di legge.

Il rigetto del secondo motivo di ricorso e la conferma della rilevata giurisdizione della giudice amministrativo assorbono ogni questione proposta con la impugnativa sulla competenza, nessun rilievo potendo avere la considerazione unitaria o separata delle controversie, che il tribunale e la Corte d’appello hanno affermato ai fini della litispendenza, comunque incompatibile con il rilevato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, non potendosi in alcun caso avere il contrasto di giudicati tra due giudici che non hanno poteri cognitivi sulla identica domanda loro proposta e non possono adottare neppure i provvedimenti di cui all’art. 39 c.p.c..

Per la soccombenza, il ricorrente dovrà rimborsare le spese del presente giudizio di cassazione al controricorrente nella misura che si liquida in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del T.a.r.

per la Puglia, dinanzi al quale rimette le parti per l’ulteriore corso del giudizio.

Condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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