Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24178 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/11/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 29/11/2016), n.24178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14066-2015 proposto da:

R.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato CLAUDIO COMO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ((OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1691/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

13/11/2014, depositata il 18/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

9/6/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato EMANUELA CAPANNOLO, difensore del controricorrente,

che si riporta agli scritti.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1 – La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., che ha concluso per la declaratoria di improcedibilità del ricorso, condivisa dal Collegio.

2 – Con sentenza n. 1681/2014, depositata in data 18 dicembre 2014, la Corte di appello di Messina respingeva l’appello proposto dall’I.N.P.S. nei confronti di R.G. e confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva (parzialmente) accolto la domanda del R. e riconosciuto il suo diritto all’indennità di accompagnamento a far data dall’1/6/2011. Seguiva la compensazione delle spese processuali tra le parti, fatta eccezione per le spese di c.t.u. che venivano poste a carico dell’I.N.P.S..

Avverso detta sentenza R.G. ricorre per cassazione con un motivo.

L’I.N.P.S. resiste con controricorso.

3 – Il ricorso è improcedibile.

Nella fattispecie deve, infatti, aversi riguardo – ai fini del decorso del termine, ex art. 369 c.p.c., comma 1, per il deposito del ricorso notificato a mezzo posta – al momento dell’avvenuta ricezione del plico da parte del destinatario, intervenuto, nell’ipotesi in questione, in data 27/7/2015 (acquisizione al prot. n. (OMISSIS) del plico contenente il ricorso notificato), essendo l’atto pervenuto alla cancelleria in data 22 maggio 2015 una mera copia non notificata “velina”- si vedano le risultanze del modulo dell’ufficio depositi in data 22 maggio 2015 -), donde l’intempestività dello stesso per il decorso del termine di venti giorni decorrenti dalla notifica (avvenuta il 12 maggio 2015).

Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. di parte ricorrente si contesta la proposta formulata nella Relazione e si evidenzia che il deposito di copia del ricorso deve essere valutato alla stregua di una mera irregolarità formale dalla quale non deriva alcun pregiudizio ai diritti di parte resistente nè tantomeno una insanabile violazione delle norme del codice di rito. Si richiama, al riguardo, la pronuncia di questa Corte del 10 febbraio 2014, n. 2875.

In realtà, avuto riguardo alla formulazione e alla ratio dell’art. 369 c.p.c., comma 1, questa norma deve essere interpretata nel senso che, entro il termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso, occorre depositare l’originale di tale atto, restando escluso che il deposito dell’originale, oltre detto termine, possa consentire di evitare l’improcedibilità.

La violazione del termine è rilevabile d’ufficio e non può neppure ritenersi sanata dalla circostanza che la parte resistente abbia notificato controricorso senza eccepire l’improcedibilità (in riferimento al caso di violazione del termine di cui all’art. 369 c.p.c. cfr. Cass. 30 luglio 2004, n. 14569; Cass. 4 giugno 2004, n. 10699; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1635; Cass. 8 ottobre 2013, n. 22914).

Nella specie è indubbio che, essendo l’ultima notifica avvenuta in data 12/5/2015, era da tale data che andava verificata la tempestività del deposito dell’originale del ricorso notificato irrilevante essendo il precedente invio a mezzo posta di una semplice “velina” del ricorso – priva di ogni riferimento anche solo all’avvio del procedimento notificatorio in data anteriore all’invio suddetto – e tardivo il successivo deposito dell’originale notificato avvenuto in data 27/7/2015.

E,’ da escludere, infatti, la possibilità di recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso – ventesimo giorno dal 12 maggio 2015 – (cfr. Cass., n. 4248 del 2005, sia pure con riferimento all’altro onere, sanzionato da improcedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., n. 2, introducendo nel sistema elementi di alea ed imprevedibilità che sarebbero gravemente pregiudizievoli del principio della certezza del diritto, finendo con il far dipendere il giudizio sull’osservanza delle forme e dei termini, e l’esito stesso del giudizio, da circostanze casuali ed imponderabili).

Nè risulta appropriato il richiamo al precedente di questa Corte del 10 febbraio 2014, n. 2875 sia perchè la fattispecie esaminata riguardava l’iscrizione a ruolo di un atto di appello (ritenuta possibile, sulla base di quanto previsto dall’art. 165 c.p.c., comma 2, e dalla L. 20 novembre 1982, n. 89, art. 5, comma 3, anche con il deposito di copia informale dell’atto di appello “in corso di notificazione”) sia perchè nel caso in esame – diversamente da quello di cui alla citata decisione – alla “velina” inviata a mezzo posta era solo allegata una copia della procura ad litem e nessun altro atto da cui si evincesse quantomeno l’avvio del procedimento notificatorio.

4 – In conclusione il ricorso va dichiarato improcedibile.

5 – Infine, non vi è luogo a condanna della parte soccombente alle spese, avendo il ricorrente depositato formale dichiarazione ai fini dell’esonero ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. – con modificazioni – nella L. 24 novembre 2003, n. 326, ratione temporis applicabile, trattandosi di procedimento avviato successivamente al 2 ottobre 2003.

6 – La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte dichiara il ricorso improcedibile; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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