Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24172 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. I, 27/09/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 27/09/2019), n.24172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 19542-2018 r.g. proposto da:

Y.L., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Francesco Verrastro, elettivamente domiciliata in Roma, Via Merulana

n. 272, presso lo studio dell’Avvocato Andrea Dini Modigliani.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso, ex lege, dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12, è elettivamente domiciliato.

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Roma, depositato in data

20.4.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

9/9/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Roma – decidendo sulle domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate da Y.L., cittadina della Repubblica popolare cinese, dopo il diniego della commissione territoriale di Roma – ha rigettato tutte le domande così proposte dalla richiedente.

Il tribunale ha ritenuto non credibile il racconto della ricorrente in ordine alle ragioni sottese alla decisione di espatriare dalla Cina: la richiedente aveva infatti raccontato di appartenere al culto della Chiesa del “Dio onnipotente” dal 2011, di essere stata arrestata e perseguitata dalla polizia politica cinese e di essere riuscita a partire per l’Italia grazie ad un visto turistico. Il tribunale capitolino – pur non negando che il culto religioso (cui aveva dichiarato di appartenere la ricorrente) è oggetto di persecuzione da parte delle autorità cinesi – ha evidenziato molteplici profili di criticità e inverosimiglianza del racconto della cittadina cinese: a) non credibile era la riferita mancata identificazione di quest’ultima da parte delle autorità di polizia, nonostante fosse stata fermata in possesso di materiale per il proselitismo religioso del culto vietato dalle autorità; b) non verosimile doveva ritenersi anche la circostanza del rilascio del visto, nonostante la sicura identificazione della ricorrente come soggetto pericoloso per l’ordine pubblico interno, sempre qualora fosse ritenuta vera l’appartenenza della richiedente al predetto culto; c) contraddittorie dovevano inoltre ritenersi una serie di circostanze riferite per descrivere la fuga dalla Cina; d) la documentazione rilasciata dalla Chiesa Onnipotente di Dio a (OMISSIS) in data 28.10.2017 doveva ritenersi non probante, in quanto non testimoniava la professione di quella fede anche prima della partenza per l’Italia. Il tribunale ha infine evidenziato che non ricorrevano neanche i presupposti per il riconoscimento della reclamata protezione sussidiaria e di quella umanitaria perchè, da un lato, non vi è una situazione di conflitto interno nel paese di provenienza della richiedente e perchè, dall’altro, non erano emerse condizioni particolari di vulnerabilità della ricorrente.

2. Il decreto, pubblicato il 20.4.2018, è stato impugnato da Y.L. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione apparente e omesso esame di fatti decisivi in relazione alla valutazione di credibilità del ricorrente.

2. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione: del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione al dovere di cooperazione istruttoria sul profilo di non credibilità della ricorrente; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione alla conduzione dell’audizione e alla mancata richiesta di chiarimenti sugli aspetti ritenuti non verosimile della vicenda narrata.

3. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2 e art. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a e b e comma 5, lett. c, e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione apparente in relazione al profilo dell’espatrio della ricorrente. Si evidenzia che al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stata allegata ampia documentazione per dimostrare, da un lato, che le forme di persecuzione religiosa erano attuate con modalità ed intensità diverse a seconda delle diverse aree geografiche interne alla Cina e che il rilascio del visto per l’espatrio poteva essere negato solo a chi avesse pendenze e precedenti penali ovvero per chi fosse ritenuto una minaccia per la sicurezza nazionale (sotto quest’ultimo profilo era stata anche allegato un parere pro veritate del Prof. Z.). Si denuncia pertanto la mancata valutazione da parte del tribunale di tutta la documentazione attestante la legislazione attualmente in vigore in Cina per la verifica della possibilità di espatrio della ricorrente, circostanza quest’ultima posta a sostegno dello scrutinio di non credibilità della richiedente.

4. Con il quarto motivo si censura il provvedimento impugnato per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del principio di non refoulement in relazione al profilo della professione di fede della richiedente. Si evidenzia che la dichiarazione di irrilevanza probatoria della documentazione relativa all’appartenenza della ricorrente alla chiesa sopra citata contrasta apertamente con quanto disposto dall’art. 4 da ultimo citato, posto che la domanda di protezione internazionale può essere motivata anche sulla base di avvenimenti verificatesi dopo la partenza e che non è possibile il rimpatrio verso un paese dove lo straniero può essere perseguitato per ragioni religiose, circostanza quest’ultima che è stata positivamente accertata anche nel provvedimento impugnato proprio in relazione al culto di appartenenza.

5. Ritiene il Collegio che le questioni dedotte dalla ricorrente nel terzo e quarto motivo meritino la trattazione e discussione in pubblica udienza, in ragione della rilevanza delle questioni trattate.

P.Q.M.

rinvia la causa a nuovo ruolo per l’assegnazione della stessa alla discussione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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