Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24172 del 25/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 24172 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VAN EDIL s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore
pro tempore,

e FIORENTINO Francesca, rappresentata e difesa,

in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.
Mario Ciancio e Ferdinando Barucco, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, piazza Cavour, n. 17;
– ricorrenti contro
PENZA Annamaria, PENZA Emilia e PENZA Biagio, rappresentati e
difesi, in forza di procura speciale a margine del controricorso le prime due e di procura speciale autenticata dal notaio Paolo Nappi il terzo, dall’Avv. Francesco Chirico, con do-

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Data pubblicazione: 25/10/2013

micilio eletto presso lo studio dell’Avv. Luigi Manzi in Roma,
via Confalonieri, n. 5;

controricorrenti

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1003

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 settembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
uditi gli Avv. Mario Ciancio e Emanuele Coglitore,
quest’ultimo per delega dell’Avv. Francesco Chirico;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Costantino Pucci, il quale ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. – Con atto notificato il 20 dicembre 1991, Gennaro Penza convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vallo della
Lucania, la s.r.l. Van Edil, esponendo: che egli, con atto per
notar Maddalena del 14 ottobre 1975, aveva dato in permuta alla società convenuta un appezzamento di terreno sito in Marina
di Casalvelino, al lungomare Pietro Speranza, contro il trasferimento in suo favore, da parte della Van Edil, di due
A quartini, ad uso di abitazione, nel fabbricato che la società
avrebbe edificato sul terreno, di cui uno al piano rialzato ed
uno, in verticale, al primo piano, di circa mq 85 ciascuno;
che non avendo avuto seguito il progetto di questo fabbricato,

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depositata il 13 novembre 2008.

come redatto dall’arch. Mauro Seri, la società convenuta aveva
predisposto altro progetto, redatto dall’arch. Daniele Bellardi, e le parti avevano stipulato, con scrittura privata del 21
novembre 1986, un nuovo accordo, parzialmente novativo del

consegnare – in luogo dei due appartamenti, con annessi garage, di cui al rogito precedente – due appartamenti, facenti
parte della costruzione da realizzarsi come da progettazione
dell’arch. Bellardi, di cui uno al piano primo, dotato di
giardino, esteso mq. 60, e l’altro al secondo piano, entrambi
sulla verticale lato mare del fabbricato; che la società costruttrice, pur avendo realizzato il fabbricato sin dal 12 luglio 1988, non aveva provveduto a consegnare i predetti due
appartamenti. Su questa base, l’attore chiese che il Tribunale
condannasse la società convenuta a consegnare gli appartamenti, con la relativa area di parcheggio, ed al risarcimento dei
danni per ritardata consegna.
Si costituì la società Van Edil, resistendo e mettendo in
evidenza come gli appartamenti dovuti al Penza fossero esclusivamente quelli offerti di mq. 60 ciascuno, così ridotti a
seguito dell’accordo del 21 novembre 1986, novativo del contratto Maddalena del 1975 e resosi necessario per ridisciplinare i rapporti tra le parti una volta verificatasi
l’impossibilità (par disposizioni urbanistiche e distanze tra
le costruzioni) di realizzare l’originario progetto dell’arch.

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precedente, in virtù del quale la società si era obbligata a

Seri, ed una volta resosi necessario l’acquisto di ulteriori
suoli da parte della Van Edil per la realizzazione della palazzina. La Van Edil spiegò domanda riconvenzionale per il pagamento della somma di lire 15.000.000 quale importo di lavori

1.600.000 per oneri di accatastamento e redazione del regolamento di condominio con tabelle millesimali nonché per il pagamento dei maggiori oneri sopportati a causa del mancato trasferimento degli Immobili così come offerti e del protrarsi
della liquidazione della società.
Deceduto l’attore Gennero Penza, intervennero volontariamente in giudizio, al fine di evitarne l’interruzione, i figli
ed eredi Annamaria Penza, Biagio Penza ed Emilia Penza.
Poiché la porzione immobiliare oggetto di contestazione
era stata trasferita in corso di causa dalla Van Edil a Francesca Fiorentino con atto per notar Giuliani del 20 luglio
1992, i suddetti eredi, con atto notificato il 15 gennaio
1994, convennero in giudizio, innanzi allo stesso Tribunale,
la Van Edil e la Fiorentino, per far valere anche nei confronti di quest’ultima il loro diritto di proprietà sulla porzione
di immobile distaccata dai due appartamenti a suo tempo permutati dal loro dante causa.
In questo nuovo giudizio si costituirono la Van Edil, ribadendo quanto dedotto nella prima causa, e la Fiorentino, resistendo e precisando che l’unità immobiliare a lei venduta

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extracontrattuali, per il pagamento della somma di lire

non sorgeva immediatamente sul suolo ceduto dal Penza alla società costruttrice, ma anche su altri appezzamenti acquistati
dalla società con separati atti del 28 agosto 1987 e del 9
maggio 1988, appezzamenti che erano stati accorparti al precedente al fine di ottenere la concessione edilizia.
Con ulteriore atto di citazione, notificato il 12 giugno
1995, i Penza domandarono la nullità per simulazione assoluta
o la dichiarazione di inefficacia ai sensi dell’art. 2901 cod.
civ. della vendita per notar Giuliani effettuata dalla Van Edil alla Fiorentino.
I convenuti si costituirono, resistendo, anche in questo
terzo giudizio.
Riunite tutte le cause, il Tribunale adito, con sentenza
depositata il 28 giugno 2004, rigettò tutte le domande attoree, dichiarò dovuto il trasferimento da parte della Van Edil
del diritto di proprietà degli appartamenti, estesi rispettivamente mq. 61,23 e 60,68, di vani 3,5 ciascuno, con annesso
giardino, facenti parte del più vasto fabbricato condominiale,
come descritti e catastalmente individuati nella relazione del
c.t.u. arch. Alfredo Barretta, rigettò la domanda riconvenzionale della Van Edil e condannò gli attori alla rifusione delle
spese processuali e di c.t.u.
A tale conclusione il primo giudice pervenne rilevando
che:

.

- i beni venuti ad esistenza all’esito del processo costruttivo messo in essere in virtù della concessione edilizia
ottenuta dalla Van Edil in data 25 agosto 1988 non erano
quelli di cui al contratto per notar Maddalena del 1975;

l’estensione di mq. 1.458 e a sua volta la società si era
impegnata a trasferire in favore del Penza due appartamenti da realizzare su progetto dell’arch. Seri, ma, a
distanza di circa dieci anni, non essendo stato possibile
realizzare il fabbricato sulla scorta del progetto Seri
per ragioni urbanistiche, le parti, attesa la possibilità
per la Van Edil di acquistare altri terreni per la realizzazione del fabbricato, avevano concluso una nuova
convenzione, come da scrittura privata del 21 novembre
1986, con cui la società si era impegnata a cedere al
Penza, in luogo di due appartamenti di mq. 85 ciascuno,
altri due appartamenti, sempre facenti parte
dell’edificando fabbricato, però di estensione pari a mq.
60 ciascuno, oltre a mq. 60 di giardino ad uso di parcheggio;
– il Penza, quando si era rifiutato di ricevere gli immobili
offerti dalla Van Edil, non aveva tenuto un comportamento
conforme al patto, non potendo egli invocare l’accordo
del 1975, il quale aveva previsto una maggiore consistenza non confermata dalla successiva scrittura;

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– con questo atto infatti il Penza aveva ceduto alla società

- l’atto del 1975, prevedendo un corrispettivo costituito da
cosa non ancora venuta ad esistenza, non era giuridicamente qualificabile come permuta, ma costituiva un contratto preliminare di vendita di cosa futura, con effetti

– a riprova del fatto che le parti avessero inteso novare il
rapporto, andava richiamato l’art. 6 della scrittura del
1986, con cui le parti avevano concordato che la scrittura privata conclusa il 14 ottobre 1975 non aveva più alcun valore e doveva intendersi completamente annullata;
– era infondata la domanda proposta nei confronti della Fiorentino, in quanto la minore estensione offerta era quella che spettava al Penza.
2. – La Corte di Salerno, con sentenza non definitiva in
data 13 novembre 2008, ha accolto per quanto di ragione
l’appello principale dei Penza e l’appello incidentale della
Van Edil, e, per l’effetto, in corrispondente parziale riforma
della pronuncia di primo grado, ha così provveduto: (a) ha dichiarato trasferita dalla Van Edil a Gennaro Penza e, per lo
stesso, ai suoi eredi Annamaria Penza, Biagio Penza ed Emilia
Penza, in virtù dell’atto di permuta per notar Maddalena del
14 ottobre 1975, come modificato ed integrato dalla scrittura
privata del 21 novembre 1986, la proprietà dei due appartamenti siti in Marina di Casalvelino, al lungomare Pietro Speranza, situati nell’ambito del fabbricato realizzato dalla Van

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non reali, ma obbligatori;

Edil in conseguenza dei citati contratti, con le pertinenze
ivi previste, come circoscritte nella scrittura del 21 novembre 1986, in particolare senza garage e con mq. 60 circa di
giardino, appartamenti – situati rispettivamente in primo e

77,13 e mq. 76,58 dalla relazione di c.t.u. depositata
dall’arch. Alfredo Barretta; (b) ha dichiarato la simulazione
assoluta e la conseguente inefficacia nei confronti dei Penza
della compravendita stipulata tra la Van Edil in liquidazione
e la Fiorentino con atto per notar Giuliani del 20 luglio
1992; (c) ha dichiarato il diritto della Van Edil a conseguire
da Gennaro Penza e, per lo stesso, dai suoi eredi, il pagamento del supplemento di prezzo del contratto.
La Corte d’appello ha anzitutto escluso che nella convenzione del 1975 sia individuabile “un mero contratto preliminare di alienare gli appartamenti quando gli stessi sarebbero
stati realizzati”. Difatti, con l’atto per notar Maddalena del
14 ottobre 1975 il Penza e la Van Edil stipularono un contratto di permuta di cosa presente, ossia il suolo ceduto dal primo alla seconda, con cosa futura, ossia gli appartamenti da
realizzare da parte della società e da consegnare al Penza
(“due quartini ad uso abitazione, di cui uno al piano rialzato
dell’erigendo fabbricato e uno, in verticale, al primo piano
del fabbricato stesso, composti ciascuno di vano soggiorno con
entrostante cucinino, di due camerette e di bagno con servizi

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secondo piano – della superficie riscontrata in rispettivi mq.

igienici ed ognuno con vano garage al pianterreno del fabbricato”), sicché “la venuta ad esistenza degli appartamenti avrebbe costituito, per ciò solo, proprietario degli stessi il
Penza”.

bre 1986, la Corte di Salerno ha rilevato che questa scrittura
ha un valore modificativo ed integrativo, e non totalmente novativo: con essa le parti, rimodulando l’oggetto della consistenza immobiliare spettante al permutante, pattuirono che la
società, in luogo dei due appartamenti con annessi garage, avrebbe consegnato al Penza due degli appartamenti facenti parte della realizzanda costruzione, appartamenti che sarebbero
stati ubicati al di sopra dei locali a piano terra, al primo
ed al secondo piano, con la specificazione che ciascuno di
questi appartamenti avrebbe avuto una superficie di mq. 60
circa, che quello di cui al primo piano sarebbe stato dotato
di giardino dell’estensione di mq. 60 circa, a cui si sarebbe
acceduti tramite una scala a chiocciola, e che, secondo il
nuovo progetto, non sarebbe stato realizzato alcun garage.
Secondo la Corte territoriale, “il problema interpretativo

si interseca .

. con il profilo esecutivo”, tanto più che,

nella premessa della citata scrittura del 21 novembre 1986, le
parti si diedero concordemente atto del fatto che la Van Edil
aveva predisposto a mezzo dell’arch. Bellardi nuovo progetto
per la costruzione di un fabbricato con una volumetria minore,

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Quanto ai rapporti con la scrittura privata del 21 novem-

nel rispetto delle disposizioni urbanistiche vigenti.
L’alienazione delle cose future “si è coordinata, per un verso, alla fissazione della superficie [sopra] indicata e, per
l’altro, al progetto dell’arch. Bellardi, il quale, presentato

cessione in data 10 agosto 1987, è stato oggetto della chiesta
concessione, emessa il 2 agosto 1988”, ed è stato eseguito
“con la realizzazione dei due appartamenti che, in conformità
del progetto Bellardi e secondo le indicazioni ricavate dalle
schede planimetriche, avevano una superficie complessiva (residenziale e non residenziale) di mq. 77,13, quello al primo
piano, e di mq. 76,58, quello al secondo piano”.
La Corte d’appello ha rilevato che soltanto in epoca successiva alla ultimazione dei lavori del fabbricato in data 8
giugno 1990 e, quindi, alla ultimazione del progetto costruttivo, la società costruttrice, “proprio in virtù del contenzioso che si prospettava con il Penza”, ha dato luogo, previa
predisposizione del corrispondente progetto in variante
dell’arch. Bellardi, alla modificazione delle entità sopra indicate, con l’elisione di una parte della superficie e la
creazione di un altro appartamento formato, su due livelli tra
– loro comunicanti, dalle due parti sottratte alle prime. Secondo la Corte di Salerno, “i dati probatori acquisiti imponevano
ed impongono di concludere nel senso che i due appartamenti
oggetto di causa furono realizzati nelle loro strutture essen-

poi al Comune di Casalvelino unitamente alla domanda di con-

ziali secondo le prescrizioni del progetto dell’arch. Bellardi
assentito con la concessione del 1988 e soltanto successivamente essi sono stati deprivati di parte della loro consistenza, in conformità della variante pure assentita nel 1992 dal

“Nonostante [r] eccedenza di superficie connotante i due
appartamenti, con la loro venuta ad esistenza – ha proseguito
la Corte d’appello – si è realizzato l’acquisto della loro
proprietà, per l’intero, in capo al permutante, ai sensi
dell’art. 1472 cod. civ., senza che peraltro il sinallagma dovesse e debba restarne definitivamente alterato, sussistendo
la possibilità giuridica di applicazione dell’art. 1538 cod.
civ., ossia di farsi luogo a supplemento di prezzo, trattandosi di misura differente dal contratto in frazione superiore ad
un ventesimo”, non potendosi considerare “giuridicamente rilevante l’attività di destrutturazione degli appartamenti compiuta dalla Van Edil s.r.l. dopo che le strutture essenziali
dei medesimi erano già state realizzate”.
La Corte territoriale ha quindi rilevato che il trasferimento stipulato con il rogito per notar Giuliani in data 20
luglio 1992, con cui la Van Edil ha alienato alla Fiorentino
la proprietà delle porzioni distaccate dai due appartamenti
sopra considerati, porzioni unificate in diversa ed ulteriore
unità immobiliare, non avrebbe potuto essere effettuato dalla
Van Edil, trattandosi di cosa di proprietà altrui, fino a cor-

Comune di Casalvelino”.

rispondenza dell’estensione necessaria a ricomporre i due appartamenti di proprietà del Penza, rispettivamente di mq.
77,13 e mq. 76,58. Ma, considerando la permuta come modificata
nella scrittura privata del 1986, in relazione alla maggiore

bile alla Fiorentino,

ex art. 2644 cod. civ., in quanto “non

ricollegabile a dati obiettivi riscontrati nel rogito, trascritto, del 1975, ma soltanto alla scrittura, non trascritta,
del 1986”, la Corte distrettuale ha esaminato, e giudicato
fondata, la domanda di simulazione, attesa la configurazione
diacronica della fattispecie (essendo stato l’atto compiuto
quando ormai da un anno ferveva il contenzioso giudiziale con
il Penza, il quale aveva formulato istanza di sequestro giudiziario dell’intera consistenza in controversia), la sua concreta realizzazione attraverso l’atto in questione (non essendo neppure documentato il tempo ed il modo attraverso cui la
Fiorentino avrebbe concretamente mosso dal suo patrimonio e
corrisposto alla società il prezzo concordato di lire 40 milioni) ed i legami sussistenti tra le parti (essendo la Fiorentino coniuge di Antonio Varriale, amministratore unico e
legale rappresentante della Van Edil, e socia, anch’essa, della Van Edil). Da questi elementi presuntivi la Corte d’appello
ha fatto discendere la conclusione che i contraenti, in realtà, non hanno voluto alcun negozio avente ad oggetto il trasferimento della proprietà apparentemente dedotta in compra-

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consistenza dell’acquisto fatto da parte del Penza, inopponi-

vendita, bensì hanno inteso sottrarre in modo apparente dal
novero dei beni immobili da destinarsi al Penza la parte di
consistenza immobiliare distaccata a seguito della suppletiva
opera realizzativa sopra indicata.

che, “ove pure non si fosse raggiunta la prova della simulazione dell’analizzato negozio e dunque si fosse concluso per
l’effettività della corrispondente operazione economicogiuridica, sarebbe stato inevitabile, valutando gli elementi
già citati, nella prospettiva dell’azione revocatoria pure ed
in subordine articolata dai Penza, pervenire alla declaratoria
di inefficacia nei confronti di questi ultimi del contratto
stesso”.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello, notificata il 21 gennaio 2009, la società Van Edil
e la Fiorentino hanno proposto ricorso, con atto notificato il
2 marzo 2009, sulla base di quattro motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato una memoria in prossimità
dell’udienza.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 1552, 1555 e 1472 cod. civ. ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio) ci si duole
che la Corte d’appello non abbia considerato che con l’atto

Infine, e per completezza, la Corte d’appello ha rilevato

del 21 novembre 1986 venne espressamente chiarito che non era
possibile realizzare quanto previsto nel precedente accordo
del 14 ottobre 1975 per non essere il suolo del Penza idoneo a
tanto e rendendosi possibile la realizzazione della programma-

ti direttamente dalla Van Edil. Avrebbe errato la sentenza impugnata a ritenere l’atto per notar Maddalena del 14 ottobre
1975 quale principale strumento della disciplina dei rapporti
tra il Penza e la Van Edil e a considerare la scrittura del 21
novembre 1986 di mera integrazione dell’atto per notar Maddalena, laddove i due atti sarebbero unitariamente ed inscindibilmente legati, dando luogo ad un unico accordo dal contenuto
misto con il quale le parti, seppure partendo da una visione
di originaria sostanziale permuta, pervenivano a definire il
loro rapporto proprio di vendita ormai realizzatasi (quello
del trasferimento del suolo dal Penza alla Van Edil s.r.1.) e
di promessa di vendita di cosa futura (quello avente ad oggetto il trasferimento degli appartamenti dalla Van Edil s.r.l.
al Penza). Di qui quesito “se possa affermarsi l’esistenza di
un contratto di permuta ai sensi degli artt. 1552 e ss. cod.
civ. allorché, come nel caso in esame, non vi sia corrispondenza tra il suolo offerto in permuta e quello sul quale sia
stata realizzata la costruzione ed in particolare quello sul
quale incidono gli appartamenti facenti parte della detta costruzione, promessi in corrispettivo” e, “seppure intravedibi-

ta palazzina solo grazie all’apporto dei nuovi suoli acquista-

le una reale permuta, se nell’ipotesi di cui innanzi sia applicabile il disposto dell’art. 1472 cod. civ.”.
1.1. – Il motivo – da scrutinare nei limiti del quesito di
diritto che conclude la censura – è infondato.

Sez. I, 12 ottobre 1970, n. 1944; Sez. I, 17 maggio 1979, n.
2823; Sez. I, 23 ottobre 1980, n. 5695; Sez. Il, 12 giugno
1987, n. 5147; Sez. I, 21 novembre 1997, n. 11643; Sez. V, 22
novembre 2001, n. 14779; Sez. I, 22 dicembre 2005, n. 28479)
ha riconosciuto che integra gli estremi della permuta di cosa
presente con una cosa futura il contratto avente ad oggetto il
trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte
in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente
nell’attribuzione di una determinata opera, ad essere assunto
come oggetto del contratto e come termine di scambio, mentre
l’obbligo di erigere il fabbricato sia destinato a collocarsi
su di un piano accessorio e strumentale, configurandosi, appunto, l’obbligo del permutante costruttore non come prestazione del risultato di un’opera, ma come trasferimento della
proprietà di cose future.
Lo schema della scambio tra la proprietà dell’area fabbricabile (cosa presente) e una porzione della proprietà della
erigenda costruzione (cosa futura), dove il sinallagma con-

Più volte questa Corte (Sez. I, 17 marzo 1967, n. 606;

trattuale si realizza tra due prestazioni di dare, ricorre anche quando le parti abbiano previsto (come avvenuto nella specie nella convenzione modificativa del 21 novembre 1986) che
gli appartamenti da costruire insistano non solo sull’area

quistato da terzi dallo stesso permutante costruttore (acquisto resosi necessario per ottenere dalla competente autorità
il permesso di costruire nel rispetto degli standard urbanistici), non incidendo tale clausola sulla causa tipica del negozio di permuta.
E poiché, in forza dell’espresso richiamo contenuto
nell’art. 1555 cod. civ., alla permuta si applicano, in quanto
con questa compatibili, le norme stabilite per la vendita, in
caso di permuta tra la proprietà di area fabbricabile (cosa
presente) e porzione della proprietà di erigenda costruzione
(cosa futura) l’acquisto di quest’ultima si verifica, senza
necessità di altre dichiarazioni di volontà (Cass., Sez. I, 20
luglio 1991, n. 8118), non appena la cosa viene ad esistenza,
ai sensi dell’art. 1472, primo comma, cod. civ. (disposizione,
questa, compatibile con la permuta in quanto fondata genericamente sulla funzione di scambio del contratto: cfr. Cass.,
Sez. Il, 30 novembre 2011, n. 25603).
2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1555 e 1472 cod. civ. ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo) i ricorrenti so-

fabbricabile trasferita dal cedente ma anche su un terreno ac-

stengono che, anche volendo considerare applicabile il disposto dell’art. 1472 cod. civ., nel caso in esame la cosa sarebbe venuta ad esistenza quando sono stati completati i due appartamenti di 60 mq. in quanto solo questi sono stati realmen-

mente utilizzabili (mentre quelli di maggiore ampiezza non sarebbero mai stati in condizione di essere utilizzati) e solo
questi erano quelli promessi al Penza e non quelli di maggiore
estensione. Ad avviso dei ricorrenti, il venire ad esistenza
di un bene diverso dal promesso non potrebbe far ravvisare
l’evento acquisitivo di cui all’art. 1472 cod. civ. Il motivo
è accompagnato, conclusivamente, dal seguente quesito: “dica
la Corte se l’evento acquisitivo di cui al primo comma
dell’art. 1472 cod. civ. possa considerarsi verificato anche
con la venuta ad esistenza di un bene difforme, seppure quantitativamente, da quello promesso e dica la Corte se per venuta ad esistenza della cosa possa intendersi anche un bene che
seppure realizzato non abbia tutti i requisiti necessari perché possa essere utilizzato in funzione della sua natura e se,
infine, nel caso in esame, facendo applicazione dei principi
di diritto di cui si chiede l’enunciazione, la realizzazione
al rustico degli appartamenti di cui è causa ed in misura più
ampia di quella promessa, possa far ravvisare quelle caratteristiche di sussistenza e di completezza a cui fa riferimento

te portati a termine in ogni loro parte tanto da essere piena-

l’art. 1472 cod. civ. per il verificarsi dell’evento acquisitivo della proprietà”.
2.1. – Il motivo è infondato.
Quando la cosa futura è rappresentata dalla porzione

lizzare in cambio del trasferimento della proprietà di un’area
fabbricabile, ai fini del trasferimento di proprietà l’evento
della venuta ad esistenza del bene va individuato nel perfezionamento del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali: non si richiede, pertanto, che il bene sia perfetto
in ogni suo aspetto, ma è sufficiente che sia realizzato nelle
sue strutture fondamentali, essendo irrilevante che manchi di
alcune rifiniture o di qualche accessorio.
Tale principio – che questa Corte ha già avuto occasione
di enunciare (con la ricordata sentenza n. 8118 del 1991) sulla base dell’analisi degli artt. 1472, 1552 e 1555 cod. civ. rinviene ora un suggello, ed una conferma sistematica,
nell’art. 2645-bis cod. civ. (aggiunto ad opera dell’art. 3
del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30), ai sensi del quale “si intende
esistente l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico,
comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia
stata completata la copertura”.
Di questo principio ha fatto corretta applicazione la Corte territoriale, dopo avere, con congruo apprezzamento delle

dell’edificio che il permutante costruttore si impegna a rea-

risultanze di causa, rilevato: (a) che i due appartamenti oggetto di permuta erano effettivamente realizzati e compiutamente portati a termine, nelle loro strutture essenziali e
nella loro destinazione funzionale, versando in uno stadio ta-

come dimostrato documentalmente sia dall’ultimazione dei lavori asseverata dalla stessa società Van Edil con dichiarazione
in data 8 giugno 1990, con cui essa richiedeva al Comune anche
il permesso di agibilità ed abitabilità allegando copia
dell’atto di collaudo strutturale, sia dall’accatastamento
delle due unità immobiliari secondo la precisa conformazione
prevista dal progetto dell’arch. Bellardi, in data 19 giugno
1990, come da schede redatte dal perito Attilio Leoni; e (b)
che soltanto successivamente tali unità immobiliari sono state
deprivate di parte della loro consistenza, e – in conformità
della variante assentita il 20 giugno 1992 dal Comune di Casalvelino a seguito dell’istanza di concessione presentata
dalla Van Edil il 26 agosto 1991 dopo l’apertura del contenzioso stragiudiziale con il Penza – la società ha creato un
altro appartamento, su due livelli tra loro comunicanti, utilizzando le parti di superficie sottratte ai due appartamenti
in questione.
Né rileva il fatto che le due unità immobiliari siano venute ad esistenza (bensì secondo il dimensionamento effettivamente previsto dal progetto dell’arch. Bellardi dell’agosto

le da consentire già il rilascio del certificato di agibilità,

1987 e nella concessione edilizia rilasciata nell’agosto 1988,
ma) con una consistenza (mq. 77,13, quella al primo piano, e
mq. 76,58, quella al secondo piano) maggiore rispetto a quella
prevista nella scrittura privata integrativa del novembre

dell’uno e dell’altro appartamento. Diversamente da quanto sostengono le ricorrenti, il permutante ha sì costruito due appartamenti aventi una superficie maggiore di quella prestabilita, e tuttavia – secondo il compiuto apprezzamento del giudice del merito – non differenti funzionalmente o strutturalmente: correttamente, pertanto, la sentenza impugnata, essendo
la misura reale del bene venuto ad esistenza superiore di un
ventesimo rispetto a quella indicata nella scrittura privata
del novembre 1986, ha, in applicazione dell’art. 1538 cod.
civ., rettificato il contratto, determinando, a carico
dell’altra parte, la corresponsione di un conguaglio in danaro, avuto riguardo, tra l’altro, alla concordata indicazione
del prezzo, nello stesso contratto di permuta, ai fini del valore da attribuire alle consistenze immobiliari oggetto dello
scambio. Invero, il supplemento di prezzo, previsto dal’art.
1538 cod. civ. in tema di vendita a corpo, è applicabile, a
norma dell’art. 1555 cod. civ., anche al contratto di permuta,
dal momento che devono ritenersi compatibili, con quest’ultimo
contratto, tutte quelle norme in materia di vendita che, pur
facendo riferimento al prezzo, non si riferiscono al suo ca-

1986, la quale aveva fissato in 60 mq. circa l’ampiezza

rattere pecuniario, ma considerano il prezzo come corrispettivo della prestazione e quindi si fondano genericamente sulla
funzione di scambio del contratto (Case., Sez. XI, 12 aprile
1979, n. 2167; Cass., Sez. n, 29 marzo 1982, n. 1932, cit.).

dell’art. 2058 cod. civ. e omessa motivazione circa un fatto
controverso) pone il quesito “se ai sensi del primo comma
dell’art. 2058 cod. civ. possa affermarsi l’impossibilità giuridica di reintegrazione in forma specifica allorché la reintegrazione riguardi solo una parte del bene, essendo stata una
porzione di essa già consegnata, autonomamente fruibile ed autonomamente venduta a terzi, e se una volta riconosciuta
l’impossibilità questa possa essere riferita alla condanna
comminata alla Vari Edil s.r.l. in liquidazione a rilasciare in
favore dei Penza la maggiore consistenza immobiliare”.
Il quarto mezzo (violazione e falsa applicazione degli
artt. 1414, 1415 e 1417 cod. civ. nonché dell’art. 2901 cod.
civ.) è affidato all’interrogativo “se ai sensi dell’art. 1417
cod. civ., o dell’art. 2901 cod. civ., la prova della simulazione o dei presupposti della revocatoria
ed eventus damni)

(consilium fraudis

possa essere fornita anche attraverso pre-

sunzioni semplici, ed ove ritenga di dare risposta affermativa, se in relazione a tali presunzioni, per rivestire, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., i caratteri della gravità, precisione e concordanza, sia sufficiente la loro semplice enuncia-

3. – Il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione

zione o sia necessario effettuare e dare conto di una loro analisi coordinata al fine di individuare un concreto riscontro
tra il fatto presunto ed il comportamento tenuto”.
3.1. – Il quarto motivo – che in ordine logico va esamina-

di riferimenti alla fattispecie, e non idoneo a scalfire la
logica e stringente argomentazione che supporta il ragionamento decisorio della sentenza impugnata.
La Corte territoriale è giunta infatti a individuare nella
vendita, dalla Vari Edil alla Fiorentino con rogito del 20 luglio 1992, della nuova unità immobiliare realizzata con le
porzioni distaccate l’esito di un escamotage apparente (apprestato da soggetti effettivamente interessati, all’esclusivo
scopo di mettere in essere una salvaguardia purchessia della
porzione di Immobile richiesta dal Penza come parte della consistenza a lui spettante) sulla base di indici numerosi e convergenti:
– il fatto che soltanto il 20 giugno 1992 la società Van Edil era riuscita ad ottenere la concessione edilizia con
cui era stata approvata la variante che legittimava, sotto il profilo urbanistico, la realizzazione della nuova e
più ristretta configurazione degli appartamenti permutati
con il Penza e la creazione della nuova unità immobiliare
con le porzioni distaccate, mentre intanto ferveva da un
anno il contenzioso giudiziale con il medesimo Penza e lo

to prioritariamente – è affidato ad un quesito astratto, privo

stesso permutante aveva formulato istanza di sequestro
giudiziario dell’intera consistenza in controversia;
– il fatto che la parte acquirente sia stata Francesca Fiorentino, da lungo tempo coniuge di Antonio Varriale, am-

(già titolare di questa funzione nella società fin dalla
stipula dell’atto del 1975, oltre che della scrittura del
1986);
– la circostanza che nell’anno nel corso del quale è stata
stipulata la vendita gli unici due soci fossero il Varriale e la stessa Fiorentino;;
– l’essere stato il rogito di compravendita stipulato senza
la presenza di testimoni e con prezzo, concordato in lire
40 milioni, non versato innanzi al notaio rogante, ma dichiarato ricevuto in precedenza, senza che la Fiorentino,
nel corso del processo, abbia documentato il tempo ed il
modo attraverso cui ella avrebbe concretamente mosso dal
suo patrimonio e corrisposto alla società la somma sopra
indicata.
L’accertamento riposa quindi su elementi presuntivi valutati dal giudice del merito non solo analiticamente, ma anche
nella loro convergenza globale, e ritenuti idonei a fornire la
prova della simulazione assoluta del contratto di compravendita.

ministratore unico e legale rappresentante della Van Edil

Poiché in tema di accertamento della simulazione, in assenza di controdichiarazione, la prova è indiziaria e presuntiva, trovano applicazione i principi da tempo affermati in
materia di presunzioni (semplici), e cioè che: rientra nei

termini di idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id

quod

plerumque accidie; i requisiti della gravità, della precisione
e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una
valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari
indizi, di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale; il
giudizio di idoneità dei fatti posto a fondamento
dell’argomentazione induttiva, traducendosi in un accertamento
relativo a una mera quaeatio voluntatis, è rimesso al potere
discrezionale del giudice di merito; quindi, in ordine a tale
mezzo probatorio, il controllo della cassazione non può riguardare il convincimento del giudice sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari o presuntivi, che costituisce un
giudizio di fatto, ma solo la congruenza sul piano logico e
giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione
adottata (Cass., Sez. I, 26 novembre 2008, n. 28224).

compiti del giudice del merito la ricerca e la valutazione in

Orbene, nella specie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di prova presuntiva,
ritenendo raggiunta la prova della simulazione assoluta del
contratto di vendita stipulato tra la società Van Edil e la

concordanti.
Le critiche formulate dalle ricorrenti sono palesemente
inconferenti ovvero tendono inammissibilmente a sollecitare
una nuova valutazione di elementi fattuali, che non può certamente trovare ingresso in questa sede di legittimità.
3.2. – Il rigetto del quarto motivo rende priva di base la
censura articolata con il terzo motivo, essendo evidente che
la asserita Impossibilità giuridica di reintegrazione in forma
specifica non può farsi derivare dalla avvenuta vendita di
parte del bene a terzi, essendo stato definitivamente accertato che detta vendita è, appunto, assolutamente simulata.
4.

Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute
dai controricorrenti, liquidate in complessivi euro 2.700, di
cui euro 2.500 per compensi, oltre ad accessori di legge.

Fiorentino in base a una serie convergente di indizi precisi e


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 set-

tembre 2013.

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