Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2417 del 02/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/02/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 02/02/2010), n.2417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BARRIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25163/2008 proposto da:

R.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. ZANARDELLI

36, presso lo studio dell’avvocato ROMEO GIUSEPPE GIULIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FIRRIOLO Francesco, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati RICCIO

Alessandro, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, PULLI CLEMENTINA, giusta

procura speciale in calce al ricorso notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 457/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

18/04/08, depositata il 30/06/2008;

è presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..

R.B. vedeva accolta dal Tribunale di Chiavari la domanda da lui proposta contro l’Inps, diretta all’accertamento del suo diritto alla rivalutazione del periodo contributivo L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8, per esposizione all’amianto.

L’Inps proponeva appello, sostenendo che il R. doveva ritenersi decaduto dal diritto L. n. 326 del 2003, ex art. 47, comma 5, per avere presentato la domanda all’Inail oltre il termine del 15.6.2005.

La Corte d’appello di Genova riteneva non fondata tale doglianza, essendo documentato che la domanda all’Inail era stata presentata in data 12.4.2005.

Il giudice di appello tuttavia rilevava che nella specie il beneficio in questione non poteva trovare applicazione dato che l’interessato era andato in pensione con decorrenza da data – 1.1.1993 – collocata nell’ambito del periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della L. n. 257 del 1992 (28.4.1992) e l’entrata in vigore del D.L. n. 169 del 1994 (5.6.1993) che aveva modificato il testo dell’art. 13, comma 8, che nel testo originario riconosceva il diritto in questione solo “ai lavoratori occupati in imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva”.

Il R. propone ricorso per cassazione. L’Inps depositato procura difensiva.

E’ manifestamente fondato l’assorbente primo motivo con cui, denunciandosi la violazione degli artt. 112 e 343 c.p.c., si lamenta che il giudice di appello abbia riformato la sentenza per una ragione non riconducibile ai motivi di appello. In effetti anche il giudizio di appello non investe il giudice di secondo grado della controversia, così come si presentava al momento della decisione da parte del giudice di primo grado, nella sua integrità, ma è condizionato dai motivi di appello, che delimitano sia i capi della sentenza di primo grado che siano effettivamente posti in discussione, sia le ragioni per cui la decisione è posta in discussione. Riguardo ai capi oggetto di impugnazione, il giudice di appello può dare rilievo a vizi non dedotti con i motivi di appello solo relativamente alle limitate questioni rilevabili anche d’ufficio in ogni grado del giudizio. Tra questo limitato numero di questioni, di ambito processuale o sostanziale, non è certo compresa quella rilevata nella specie dal giudice di appello.

Il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 12, nel senso della conferma della sentenza di primo grado. Quanto alle spese del giudizio, si ritiene per il primo a grado di confermare quanto disposto dalla relativa sentenza, di compensare le spese del giudizio di appello (in relazione alla particolarità della vicenda) e di condannare l’Inps alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, conferma la sentenza di primo grado anche per la statuizione sulle relative spese; compensa le spese del giudizio di appello e condanna l’Inps a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di cassazione, in Euro 30,00 oltre Euro millecinquecento per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010

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