Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24166 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/10/2017, (ud. 22/06/2017, dep.13/10/2017),  n. 24166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30007/2011 proposto da:

Banca Popolare di Bari S.c.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre

n.3, presso lo studio dell’avvocato Rappazzo Antonio, rappresentata

e difesa dall’avvocato Rocco Di Torrepadula Nicola, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in persona del Curatore

avv. D.M.M.L., domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Bruno Piscitelli, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 15/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2017 dal cons. DI VIRGILIO ROSA MARIA.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto depositato il 15/11/2011, il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di (OMISSIS) spa proposta dalla Banca Popolare di Bari (la banca era stata ammessa al passivo per Euro 44.713,94 in chirografo per il saldo passivo del c/c ordinario e non anche per l’ulteriore somma richiesta quale saldo debitore al 31/12/2010 del conto corrente tecnico n. (OMISSIS), sul quale operava apertura di credito per anticipo su fatture, documenti e cessioni di credito sino a Euro 130.000,00), rilevando che i documenti affoliati ai nn. 4,5 e 6 del fascicolo di parte concernenti la pretesa apertura di credito per anticipi su fatture, documenti e cessioni su conto corrente n.(OMISSIS) fino a Euro 1.450.000,00 datata 11/5/09 ed asseritamente rinnovata il 30/3/2010 e il 20/7/2010, erano privi di data certa opponibile al Fallimento, per riportare solo sul retro,ove non v’è alcuna clausola contrattuale, rispetto al fronte ove sono trascritte, le date dell’11/5/2009, del 20/4/2010 e del 20/7/2010, apposte anche con timbro postale; che l’apposizione del timbro in auto prestazione era inidonea a dare certezza della data per essere il timbro impresso su di un solo foglio e non sulla scrittura, non provando pertanto che su tutti gli altri fogli vi fossero contenute le scritture invocate, nè di alcuna utilità erano gli estratti notarili essendosi limitato il notaio ad attestare la conformità dell’estratto contabile alle scritture contabili ma non ha certificato che queste erano periodicamente e preventivamente vidimate da pubblico ufficiale e che la data della vidimazione era anteriore alla dichiarazione di fallimento; anche a ritenere la data certa valorizzando le recenti disposizioni di servizio delle Poste italiane del 6/9/07, v’era da rilevare la mancanza di prova adeguata dei singoli crediti verso i terzi ceduti dalla Industrie Granarie, non potendosi utilizzare gli estratti conto e le distinte per non costituire prova delle singole operazioni di cessioni di crediti commerciali, essendo documenti di formazione unilaterale provenienti dallo stresso creditore, nè era possibile riversare sulla Curatela, quale terzo, gli effetti dell’approvazione tacita del conto e la decadenza del correntista dalle impugnazioni ex art. 1832 cod. civ., nè la Banca avrebbe potuto invocare l’art. 2710 cod. civ..

Ricorre la Banca Popolare di Bari scpa, sulla base di otto motivi.

Si difende il Fallimento con controricorso.

La Banca ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo, col quale la ricorrente denuncia nella sostanza, al di là del richiamo al vizio di motivazione frammisto peraltro a norme costituzionali, la violazione del diritto di difesa, per avere il curatore espresso parere positivo, il G.D. negato l’ammissione per l’assenza del contratto di conto corrente ed il Tribunale respinto per la ritenuta assenza di data certa del contratto, presenta profili di inammissibilità e di manifesta infondatezza.

E’ infatti formulato in modo del tutto generico, senza indicare quale lesione concreta la parte abbia subito; è manifestamente infondato, atteso che il G.D. può provvedere diversamente, nei limiti delle conclusioni delle parti, sulla domanda, tenuto conto delle eccezioni del curatore, di quelle rilevabili d’ufficio e di quelle formulate dalle altre parti ex art. 95, comma 3, legge fall., ed il giudizio di opposizione ha una sua disciplina propria, ex art. 99, nè si pone quale giudizio d’appello rispetto alla decisione del G.D., atteso che, come tra le ultime affermato nella pronuncia 1342 del 2016, l’opposizione allo stato passivo, regolata dagli artt. 98 e 99 l. fall., non è equiparabile al giudizio d’appello, ancorchè abbia natura impugnatoria, sicchè non si applicano le norme dettate per il procedimento di gravame e la mancata comparizione della parte opponente, tempestivamente costituitasi, in un’udienza successiva alla prima, non può dar luogo a pronuncia di improcedibilità dell’opposizione.

Nè, come rilevato nella pronuncia del 6/8/2015, n. 16554, in tema di verificazione del passivo, il principio di non contestazione, che pure ha rilievo rispetto alla disciplina previgente quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo solo perchè non sia stato contestato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove.

Il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che, come ritenuto nella pronuncia Sez. U. 4213/2013, la mancanza di data certa nelle scritture prodotte dal creditore, che proponga istanza di ammissione al passivo fallimentare, si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda ed oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice, e la rilevazione d’ufficio dell’eccezione determina la necessità di disporre la relativa comunicazione alle parti per eventuali osservazioni e richieste e subordina la decisione nel merito all’effettuazione di detto adempimento.

Il terzo motivo si appunta alla statuizione del Tribunale relativa alla mancanza di data certa dei contratti di apertura di credito per anticipo fatture per recare sul retro dell’ultimo foglio le date apposte anche con timbro postale.

Col quarto mezzo, la ricorrente fa valere, ai fini della prova della data certa, l’esibizione del libro inventari della Banca antecedente al fallimento nel quale era riportato il credito nei confronti della società allora in bonis.

Col quinto motivo, la ricorrente sostiene che la produzione della copia degli estratti del conto corrente tecnico su cui operava l’apertura di credito per anticipo fatture, documenti e cessioni di credito, era sufficiente a provare il credito.

Col sesto motivo, la ricorrente sostiene che avere ammesso al passivo il saldo del conto corrente ordinario, al netto delle operazioni attive e passive, imponeva l’ammissione anche delle operazioni attive riportate in detto conto e le relative date, costituendo dette annotazioni le somme concretamente anticipate dalla Banca e non restituite, e che si sarebbe pertanto formato il giudicato sul punto.

Col settimo motivo, la ricorrente si duole della pronuncia del Tribunale che si è appuntata sull’art. 2710 cod. civ. mentre avrebbe dovuto considerare che la prova del credito è data dall’iscrizione in bilancio delle anticipazioni ricevute, delle fatture emesse.

Con l’ottavo mezzo, la Banca si duole della mancata ammissione della prova testimoniale, che il Tribunale ha motivato sul rilievo che si trattava di circostanze da provarsi per tabulas, sostenendo che la prova riguardava invece fatti antecedenti al fallimento che erano idonei a provare l’anteriorità del credito della Banca.

Con il nono motivo, la ricorrente si duole della condanna alle spese, essendosi stata costretta a proporre opposizione allo stato passivo a fronte dell’errato provvedimento del G.D.

Il terzo motivo è fondato, da cui l’assorbimento di tutti gli ulteriori motivi.

Il Tribunale ha consapevolmente disatteso il principio reiteratamente espresso da questa Corte e tra le ultime ribadito nell’ordinanza del 2/3/2017, n. 5346, secondo cui, in tema di efficacia della scrittura privata nei confronti dei terzi, se la scrittura privata non autenticata forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro, la data risultante da quest’ultimo deve ritenersi data certa della scrittura, perchè la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita, e grava sulla parte (nella specie, il curatore del fallimento) che contesti la certezza della data di provare la redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso, bastando a tal fine la prova contraria e non occorrendo il ricorso alla querela di falso (ed in senso conforme, tra le altre, le pronunce del 14/6/2007, n. 13912 e del 19/3/2004, n.5561).

Il Tribunale ha ritenuto non convincente detto orientamento facendo riferimento a rilievi del tutto disancorati dalla fattispecie del cd. timbro in autoprestazione di cui al D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 8 che ha sostituito la “corrispondenza in corso particolare” di cui al D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 41, lett. b) rilevando che l’ufficiale postale non partecipa all’atto, non lo conserva, non ha obblighi di verifica, e nel resto ha argomentato ricorrendo ad una speciosa distinzione tra il foglio e la scrittura, al rilievo perfettamente pacifico della estraneità del timbro rispetto alla scrittura, in totale dissonanza col principio di diritto sopra riportato, che è di contro basato proprio sul ragionevole collegamento tra foglio e scrittura, e dal quale non v’è ragione di discostarsi.

Va pertanto cassata la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche a statuire sulle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinge i primi due motivi, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione,anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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