Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24165 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 27/09/2019), n.24165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18475-2018 proposto da:

N.D.H., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CAVA AURELIA 199, presso lo studio dell’avvocato ORESTE NATOLI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO LUIGI

MANISCALCO BASILE;

– ricorrente –

contro

L.F.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONINA FUNDARO’;

– controricorrente –

contro

C.G., CI.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2383/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUBINO

LINA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. N.D.H. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi ed illustrato da memoria, contro L.F.A.M., C.G. e Ci.Gi., avverso la sentenza n. 2383/2017, emessa dalla Corte d’Appello di Palermo il 13.12.2017, con la quale si rigettava l’appello proposto dalla N. e da Ci.Gi. avverso la sentenza del Tribunale di Marsala che aveva accolto l’azione revocatoria proposta da L.F.A.M. ne; loro confronti.

2. La L.F. resiste con controricorso.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria della ricorrente, condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso del rigetto del ricorso.

Questa la vicenda: la prima moglie del C. proponeva azione revocatoria in relazione a tre atti di disposizione compiuti da questi in favore della seconda moglie, deducendo che essi fossero stati posti in essere in pregiudizio della possibilità di percepire la regolare corresponsione dell’assegno divorzile dovutole. La domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado. In particolare, la corte d’appello osservava che non fosse sufficiente, ad integrare la mancanza dell’eventus damni la titolarità in capo al disponente di altri beni, essendo necessario anche che egli fornisse la prova della suscettibilità dei beni di essere agevolmente appresi in sede esecutiva e di essere prontamente ed efficacemente liquidati.

Con il primo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di apposita censura ed in particolare di documenti ed istanze istruttorie, nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3 (rectius n. 4).

Il motivo è infondato, ai limiti dell’inammissibilità, nè ad esso aggiunge solidità argomentativa la memoria: nonostante la rubrica in cui si denunciano le sopra riportate violazioni, la ricorrente sembra in effetti lamentare che non sia stata ammessa in appello la produzione di un documento, ovvero di una nota riepilogativi formata dal difensore della parte dei crediti vantati dalla L.F., che sarebbe stata prova indispensabile. Non lamenta però la violazione dell’art. 345 c.p.c..

Quanto alla denuncia come vizio di motivazione, in base all’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ciò che rileva è l’omessa considerazione di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti. Si può denunciare come omessa considerazione di un “fatto” decisivo l’omessa valutazione di un documento qualora il ricorrente alleghi con la dovuta specificità che da quel documento emerga la consistenza di un fatto, decisivo e non considerato. Non è invece ben chiaro quale fosse “il fatto” che nella ricostruzione della ricorrente emergeva da quel documento e che la corte territoriale avrebbe omesso di valutare negando l’ingresso in giudizio al documento stesso. L’unico fatto che sembra emergere con una certa chiarezza è che il C. avesse per lungo tempo omesso di pagare l’assegno di mantenimento alla moglie, tant’è che quella aveva dovuto procedere nei confronti del marito nelle forme del pignoramento presso terzi per ottenere una ordinanza di assegnazione – non si sa se in relazione allo stesso periodo in relazione al quale, per non perdere la propria garanzia patrimoniale, aveva ritenuto di agire con l’azione revocatoria, nè se avesse ottenuto dal terzo il pagamento. Il “fatto” che in sede di pignoramento presso terzi la creditrice abbia trovato un cespite da pignorare e sul quale soddisfarsi non è certo circostanza atta a documentare la solidità della consistenza patrimoniale del C., che avrebbe potuto rilevare in sede di esclusione dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria, perchè al contrario ne emerge che solo con la procedura esecutiva l’ex moglie era riuscita ad acquisire uno strumento per la soddisfazione del suo credito (si ripete, non si sa neppure se per lo stesso o altro precedente periodo).

Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. è meramente assertivo e teso ad ottenere in realtà una riconsiderazione delle emergenze probatorie sulla esistenza della garanzia patrimoniale.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè della L. n. 898 del 1970, art. 9 bis e dell’art. 2901 c.c., oltre all’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio.

Con esso si lamenta che sarebbe stata utilizzata la tutela del credito fornita dall’azione revocatoria nei confronti di un credito diverso da quello relativo all’assegno di mantenimento, che l’attrice avrebbe potuto vantare in futuro contro soggetti diversi dall’ex marito (il credito relativo a una quota del t.f.r. o della pensione di reversibilità, spettante in caso di morte dell’ex coniuge ed esercitabile nei confronti degli eredi). Il motivo è eccentrico, perchè la L.F. ha agito non per ottenere il pagamento di eventuali futuri crediti da chi non ne era (Debitore, ma per reintegrare la garanzia patrimoniale alla quale aveva diritto in relazione al suo credito, attuale, alla corresponsione dell’assegno di divorzio, minata dalla donazione da parte dell’ex marito, in favore della seconda moglie, di una cospicua serie di beni immobili (come risulta peraltro dai passi dell’atto di citazione riportati dalla stessa ricorrente). Il passo della motivazione riportato fiala ricorrente è un mero inciso nel testo complessivo della decisione.

Con il quarto motivo si lamenta che non si sia tenuto conto, come fatto decisivo oggetto di discussione nel processo, dell’età elevata del coniuge Galla quale discenderebbe un azzeramento delle prospettive di credito della attrice: si tratta non di considerazioni giuridiche ma di mere illazioni sfornite di alcuna rilevanza giuridica. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 27 settembre 2019

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