Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24160 del 28/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 28/11/2016), n.24160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28930/2014 proposto da:

D.T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA,

20, presso lo studio dell’avvocato PAGLIARO STUDIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMANUELE PAGLIARO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LUCIA PUGLISI, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 527/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa e depositata il 29/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 29 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 29 maggio 2014 la Corte di appello di L’Aquila confermava la decisione con la quale il Tribunale di Pescara, in parziale accoglimento della domanda proposta da D.T.D. nei confronti dell’INAIL, aveva riconosciuto al ricorrente la rendita D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, ex art. 13, comma 2, in riferimento al danno biologico quantificato nella misura del 17% conseguito all’infortunio sul lavoro verificatosi il 30 luglio 2007.

La Corte territoriale riteneva che le censure mosse nel gravame alla consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado non ne scalfivano le conclusioni, risultate anche confermate dalla consulenza nuovamente disposta in appello e dai successivi chiarimenti resi a seguito di osservazioni della difesa dell’assicurato.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il D.T. affidato ad un unico motivo.

Resiste l’INAIL con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 e del D.M. 12 luglio 2000, per non avere la consulenza tecnica disposta in appello in alcun modo valutato gli esiti cicatriziali nonchè il notevole incremento ponderale residuati dopo il grave infortunio sul lavoro.

Il motivo è inammissibile in quanto finisce con l’integrare un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1472 del 22 gennaio 2013, Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; Cass. n. 22707 del 08/11/2010; Cass. n. 9988 del 29/04/2009).

Ed infatti la Corte di merito ha, sia pur sinteticamente, evidenziato le ragioni per le quali ha ritenuto di condividere il contenuto e le conclusioni della consulenza tecnica nuovamente disposta e confermativa di quella espletata in primo grado.

Peraltro, come di evince dal contenuto del ricorso stesso, gli esiti cicatriziali non erano stati valutati in quanto non visibili perchè interessanti la regione del cuoio capelluto e, quindi, non apprezzabili in termini di danno biologico. In proposito è il caso di evidenziare che per gli esiti cicatriziali le tabelle di cui al D.M. 12 luglio 2000, non stabiliscono un minimo (prevedono infatti una valutazione in termini di danno biologico “fino al 5%” – voce 36, “Cicatrici cutanee, non interessanti il volto ed il collo, distrofiche, discromiche”; fino al 12% voce 37 “Cicatrici cutanee deturpanti, non interessanti il volto ed il collo”; fino al 30% – voce 38 “Cicatrici cutanee, interessanti il volto ed il collo, a seconda della natura, della estensione e del complessivo pregiudizio fisionomico o fisiognomico; fino alla deturpazione”) lasciando intendere che possano anche essere irrilevanti in termini percentuali.

Quanto alla pretermissione da parte della Corte di merito del notevole incremento ponderale va rilevata la mancanza di autosufficienza del motivo sul punto in quanto non viene riportato il contenuto della consulenza tecnica espletata in appello (e dei relativi chiarimenti) facendosi riferimento in modo generico a “puntuali osservazioni alla perizia del CTU di appello” sollevate dal consulente di parte.

Pertanto si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, pertanto, dichiara inammissibile il ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno dichiarate non ripetibili ricorrendo le condizioni per disporre, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito nella L. n. 326 del 2003, l’esonero del ricorrente dal pagamento delle spese di lite.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2016

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