Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24157 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/10/2017, (ud. 10/05/2017, dep.13/10/2017),  n. 24157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15321/2012 proposto da:

Sogedico Italia S.r.l. in Concordato Preventivo (c.f./p.i.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

F.M.G. (c.f. (OMISSIS)), P.L. (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in Roma, Via Postumia n.1, presso

l’avvocato Giancaspro Nicola, rappresentati e difesi dall’avvocato

Angioni Antonello, giusta procura a margine del controricorso;

– ricorrenti –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a. (per fusione per incorporazione del Sanpaolo

IMI S.p.a. in Banca Intesa S.p.a.), unitamente alla Banca di Credito

Sardo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via L. Bissolati n.76, presso

l’avvocato Spinelli Giordano Tommaso, rappresentata e difesa

dall’avvocato Mereu Giancarlo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

SO.GE.DI.CO. S.p.a.,

– intimata –

nonchè

SO.GE.DI.CO. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Germanico n.168,

presso l’avvocato D’Aloe Giovanni, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso successivo;

– ricorrente successivo –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., (per fusione per incorporazione del Sanpaolo

IMI S.p.a. in Banca Intesa S.p.a.), unitamente alla Banca di Credito

Sardo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via L. Bissolati n.76, presso

l’avvocato Spinelli Giordano Tommaso, rappresentata e difesa

dall’avvocato Mereu Giancarlo, giusta procura a margine del

controricorso successivo;

– controricorrente successivo –

contro

Sogedico Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Postumia n.1, presso

l’avvocato Giancaspro Nicola, rappresentata e difesa dall’avvocato

Angioni Antonello, giusta procura a margine del controricorso

successivo;

– controricorrente successivo –

e contro

F.M.G., P.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 182/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 05/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/05/2017 dal cons. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – SOGEDICO Italia S.r.l. ed i suoi fideiussori P.L., F.M.G. e SO.GE.DI.CO. S.p.A. hanno proposto opposizione al decreto con cui il Tribunale di Cagliari aveva loro ingiunto di pagare a San Paolo Imi S.p.A., poi Intesa Sanpaolo S.p.A., gli importi di Euro 66.640,92, Euro 131.126,89, Euro 74.652,15 e Euro 84.750,62 a titolo di saldo passivo su altrettanti conti correnti, oltre interessi e spese.

A sostegno dell’opposizione, per quanto rileva:

-) gli opponenti hanno sostenuto che la banca aveva illegittimamente computato interessi ultralegali ed anatocistici, oltre alla commissione di massimo scoperto;

-) SOGEDICO Italia S.r.l. ha sostenuto di aver intrattenuto ulteriori rapporti con istituti bancari poi confluiti in Intesa Sanpaolo S.p.A. nell’ambito dei quali erano stati parimenti conteggiati ed addebitati interessi non dovuti;

-) i fideiussori P. e F. hanno eccepito l’estinzione della garanzia ai sensi dell’art. 1957 c.c.;

-) SO.GE.DI.CO. S.p.A. ha sostenuto che la fideiussione, e comunque la clausola solve et repete in essa contenuta, fosse invalida.

2. – Nel contraddittorio con Intesa Sanpaolo S.p.A., il Tribunale adito ha respinto l’opposizione e le domande degli opponenti SOGEDICO Italia S.r.l. e SO.GE.DI.CO. S.p.A..

3. – Contro la sentenza hanno proposto distinti appelli SO.GE.DI.CO. S.p.A., da un lato, e SOGEDICO Italia S.r.I., P.L. e F.M.G., dall’altro.

Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca di Credito Sardo S.p.A. hanno resistito alle impugnazioni.

4. – Con sentenza del 5 maggio 2011 la Corte d’appello di Cagliari ha

rigettato gli appelli e regolato le spese di lite.

Ha in particolare ritenuto la Corte territoriale:

-) che l’appello di SOGEDICO Italia S.r.l., P.L. e F.M.G. poteva essere dichiarato inammissibile per mancanza di motivi specifici ai sensi dell’art. 342 c.p.c.;

-) che, in ogni caso, i contratti di apertura di credito posti a base del decreto opposto erano stati stipulati nel mese di ottobre 2002, sicchè, tenuto conto della normativa applicabile ratione temporis, era legittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi;

-) che, quanto a tutte le altre questioni concernenti gli interessi anatocistici, oltre a confermarsi la motivazione svolta dal Tribunale, occorreva osservare come le doglianze degli appellanti si fossero tradotte della mera elencazione di poste numeriche senza alcuna indicazione dei tassi applicati, con conseguente impossibilità per il giudice d’appello di vagliarne la fondatezza, non essendo di alcun aiuto la consulenza di parte prodotta nel primo grado del giudizio, nè potendosi disporre una ulteriore consulenza tecnica d’ufficio che avrebbe avuto carattere esplorativo;

-) che le altre questioni dovevano essere ritenute superate tenuto conto del disposto degli artt. 1939 e 1957 c.c., secondo quanto già ritenuto dal Tribunale con riferimento, da un lato, alla validità delle fideiussioni rilasciate e, dall’altro, alla deroga in proposito sottoscritta espressamente dagli stessi fideiussori;

-) che per l’appello proposto da SO.GE.DI.CO. S.p.A. potevano richiamarsi in tema di interessi anatocistici le stesse argomentazioni esposte in precedenza;

-) che discorso analogo andava fatto per le somme relative ad altri conti correnti indicati anche dall’appellante SO.GE.DI.CO. S.p.A. in relazione ai quali era del tutto mancata la prova della loro origine, non essendo sufficiente la consulenza tecnica di parte già menzionata, dalla quale non era dato comprendere da quali dati numerici fosse partito il consulente e quali tassi avesse applicato, senza considerare che detta consulenza non era altro che un atto di parte;

-) che il divieto di opporre eccezioni debitamente sottoscritto dall’appellante faceva ritenere inammissibile l’eccezione di compensazione proposta in quanto SO.GE.DI.CO. S.p.A. era stata chiamata a rispondere a titolo di fideiussione e non come debitore principale;

-) che infine, quanto alla chiamata in garanzia nei confronti del P., era stato fatto riferimento ad un documento sottoscritto da quest’ultimo, peraltro non rinvenuto in atti, dovendosi richiamare le conclusioni sul punto contenute nella sentenza appellata, per nulla contraddette con l’atto d’appello.

5. – Contro la sentenza SOGEDICO Italia S.r.l. in concordato preventivo, P.L. e F.M.G. hanno proposto ricorso per tre motivi illustrati da memoria.

SO.GE.DI.CO. S.p.A. ha a propria volta proposto ricorso per cinque motivi.

Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca di Credito Sardo S.p.A. hanno resistito con controricorsi.

SOGEDICO Italia S.r.l. in concordato preventivo, P.L. e F.M.G. hanno resistito con controricorso al ricorso di SO.GE.DI.CO. S.p.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso di SOGEDICO Italia S.r.l. in concordato preventivo,

P.L. e F.M.G. contiene tre motivi.

1.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “A) Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al principio dell’onere della prova posto dall’art. 2697 c.c., sia al principio posto dall’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove, sia all’art. 1362 c.c. che stabilisce i canoni ermeneutici sia dei contratti che della volontà delle parti. B) Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. C) Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 con conseguente nullità della sentenza per l’adozione di una motivazione apparente, violatrice dei canoni della logica”.

Si sostiene:

-) che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato il principio che disciplina l’onere della prova, ponendo a loro carico l’onere di dimostrare che il saldo dei conti correnti oggetto di lite fosse il frutto di interessi anatocistici, ultralegali ed ultraconvenzionali, di commissione di massimo scoperto legittimamente, incombendo invece il relativo onere probatorio sulla controparte;

-) che la Corte d’appello avrebbe erroneamente interpretato gli atti e documenti di causa laddove aveva affermato che con l’atto d’appello, attraverso il richiamo ad una perizia di parte, sarebbero state indicate solo delle cifre, non essendosi avveduta che nei contratti di conto corrente stipulati tra le parti erano previste clausole anatocistiche riguardanti i soli interessi a debito del correntista;

-) che il giudice di merito avrebbe malamente motivato sul punto, non avendo fatto riferimento agli estratti conto ritualmente prodotti;

-) che la Corte territoriale avrebbe errato ancora nel ritenere superflua la consulenza tecnica d’ufficio dichiarandola esplorativa, giacchè era già agli atti la prova del calcolo degli interessi anatocistici effettuato non dagli opponenti ma dalla banca;

-) che la motivazione adottata nella sentenza impugnata sarebbe nulla perchè apparente e manifestamente illogica.

1.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Erronea motivazione del Tribunale di Cagliari e conseguente erroneità della decisione della Corte d’appello di condivisione di tale motivazione in ordine: A) alla dichiarata validità della convenzione delle clausole di massimo scoperto e la legittima applicazione degli interessi in modo conforme a quelli convenuti per iscritto, riguardanti sia i contratti oggetto di decreto ingiuntivo che quelli oggetto di domande riconvenzionali; B) al dichiarato difetto di legittimazione di SOGEDICO Italia S.r.l. a richiedere alla banca gli indebiti derivanti dall’applicazione delle commissioni di massimo scoperto, dall’applicazione della capitalizzazione trimestrale e al conseguente dichiarato difetto di prova della successione in tutti i contratti bancari tra SOGEDICO Italia S.r.l. e SO. GE. DI. CO. S.p.A.; C) al dichiarato difetto di prova dell’esistenza di una mera ridenominazione dei conti correnti numero (OMISSIS) a nome di SO.GE.DI.CO. S.p.A. con esposizione assorbita rispettivamente nei conti correnti ordinari intestati a SOGEDICO Italia S.r.l. n. (OMISSIS)”.

La doglianza è volta a censurare:

-) la motivazione con cui il Tribunale aveva ritenuto valida la stipulazione della commissione di massimo scoperto;

-) la motivazione con cui Tribunale aveva rilevato che i contratti stipulati in data anteriore al 15 ottobre 2002 erano tutti intestati a SO.GE.DI.CO. S.p.A. e non a SOGEDICO Italia S.r.l., dal momento che la lettura di taluni documenti indicati dai ricorrenti avrebbe consentito al Tribunale ed alla Corte d’appello di pervenire ad una decisione opposta a quella assunta.

1.3. – Il terzo motivo è rubricato: “Conseguente erronea statuizione in ordine alla dichiarata validità delle fideiussioni di F.M.G. e P.L. anche per obbligazioni del debitore principale affetta da nullità”.

Si dice che il Tribunale di Cagliari aveva implicitamente escluso l’eccepita invalidità delle fideiussioni come conseguenza della declaratoria di rigetto dei motivi di opposizione a decreto ingiuntivo da parte del debitore principale.

2. – Il ricorso in esame è inammissibile.

2.1. – L’inammissibilità discende dal rilievo che la Corte d’appello ha disatteso l’impugnazione osservando in primo luogo, quanto all’impugnazione proposta da SOGEDICO Italia S.r.l., P.L. e F.M.G., che i motivi di appello non erano altro che la ripetizione delle ragioni poste a sostegno dell’opposizione a decreto ingiuntivo, mentre nessuno specifico motivo di doglianza era stato proposto contro la motivazione resa in proposito dal Tribunale, con la conseguenza che l’appello poteva – per vero la sentenza impugnata usa il condizionale “potrebbe”, ma il senso dell’affermazione non cambia – essere dichiarato inammissibile tenuto conto del disposto dell’art. 342 c.p.c..

Orbene, tale affermazione esprime una ratio decidendi di per sè sola sufficiente a sostenere la decisione adottata dalla Corte d’appello di complessiva reiezione delle impugnazioni proposte, ratio decidendi alla quale la Corte d’appello ha ritenuto di aggiungere le considerazioni prima sintetizzate, il che rende inammissibile il ricorso per cassazione in esame, avuto riguardo al noto principio secondo cui qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (da ultimo tra le tantissime Cass. 4 marzo 2016, n. 4293).

3. – Il ricorso di SO.GE.DI.CO. S.p.A. contiene cinque motivi.

3.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui la Corte territoriale afferma che i contratti di apertura di credito, posti a base del decreto ingiuntivo, sono stati stipulati nel mese di ottobre 2002 e che nessuna rideterminazione delle somme dovute va pertanto operata”.

Si sostiene che i contratti di apertura di credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto non erano altro che una ridenominazione di conti precedentemente aperti da SO.GE.DI.CO. S.p.A. come si desumerebbe dai contratti oggetto dell’ingiunzione opposta e dai relativi estratti conto prodotti in causa, ridenominazione da porsi in collegamento con la scissione di SOGEDICO Italia S.r.l. da SO.GE.DI.CO. S.p.A..

3.2. – Il secondo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli artt 1283 e 1284 c.c. e art. 113 c.p.c., relativo al divieto di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi da parte della banca convenuta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo è collegato al precedente, giacchè si desume l’illegittimità dell’applicazione dell’anatocismo dalla circostanza che i rapporti oggetto del ricorso per decreto ingiuntivo non erano sorti dopo il 2002, ma costituivano prosecuzione di rapporti preesistenti, che erano stati semplicemente ridenominati.

3.3. – Il terzo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Secondo la ricorrente la consulenza di parte depositata da SOGEDICO Italia S.r.l. risultava “per tabulas completa e corretta nella determinazione degli importi relativi agli interessi anatocistici” ammontanti al complessivo importo di Euro 1.270.661,00, il che avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a disporre consulenza tecnica d’ufficio.

3.4. – Il quarto motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui agli artt. 1939,1815,1418,1421,1343 e 1346 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la corte d’appello, prima il giudice di prime cure, ha rilevato erroneamente la validità della fideiussione rilasciata”.

Secondo la ricorrente i giudici di merito avrebbero dovuto rilevare la nullità dei rapporti oggetto della pretesa azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo, in ragione dell’addebito di interessi illegittimamente capitalizzati e conseguentemente la nullità della fideiussione, essendo a propria volta nulla la clausola del contratto di fideiussione con cui essa si era impegnata a pagare senza opporre eccezioni anche in caso di invalidità dell’obbligazione principale.

3.5. – Il quinto motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1461 e 1956 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento alla tutela del fideiussore inconsapevole”.

Secondo la ricorrente il Tribunale prima la Corte d’appello poi avrebbero dovuto interpretare secondo buona fede la clausola del documento numero 9 da cui risultava il trasferimento a SOGEDICO Italia S.r.l. dei debiti verso istituti bancari nazionali, previsione da cui dipendeva l’annullabilità della clausola solve et repete contenuta nel contratto di fideiussione, nulla rilevando l’affermazione della Corte d’appello di non aver rinvenuto in atti il documento numero 9 pur regolarmente depositato in prime cure, giacchè, in ipotesi di mancato rinvenimento il giudice avrebbe dovuto rimettere la causa sul ruolo.

4. – Il ricorso di SO.GE.DI.CO. S.p.A. è inammissibile.

4.1. – Il primo motivo è inammissibile.

La tesi della ricorrente si riassume in ciò, che i rapporti di conto corrente sui quali era maturato il passivo fatto oggetto del ricorso per decreto ingiuntivo non sarebbero sorti nel 2002 in capo a SOGEDICO Italia S.r.l., ma sarebbero in buona sostanza la prosecuzione di precedenti rapporti di cui era titolare SO.GE.DI.CO. S.p.A., sorti ben prima del 2002 (e riguardo ai quali non era consentita la capitalizzazione trimestrale), nei quali era subentrata SOGEDICO Italia S.r.l. in forza della scissione di quest’ultima dalla prima società e del trasferimento alla stessa SOGEDICO Italia S.r.l. della totalità dei debiti verso istituti bancari nazionali.

Orbene il motivo come precedentemente riassunto è totalmente privo del requisito dell’autosufficienza richiesta dall’art. 366 c.p.c., giacchè è del tutto incomprensibile, alla lettura della censura, quali elementi istruttori comproverebbero l’ipotizzato fenomeno di “ridenominazione”, quando sarebbero stati acquisiti al giudizio, quale fosse il loro specifico contenuto e se la mancata considerazione di essi da parte del Tribunale fosse stata sottoposta (il che per vero non risulta dal riassunto dei motivi di appello contenuto alle pagine 10-12 del ricorso SO.GE.DI.CO. S.p.A., con l’ulteriore conseguenza che la questione va considerata qui preclusa) al giudice dell’impugnazione attraverso la formulazione di una apposita censura ai sensi dell’art. 342 c.p.c..

4.2. – E’ conseguentemente inammissibile anche il secondo motivo.

4.3. – E’ parimenti inammissibile perchè non autosufficiente il terzo motivo.

Ed infatti esso si fonda sul richiamo ad una consulenza tecnica di parte, peraltro non depositata da SO.GE.DI.CO. S.p.A., consulenza tecnica sulla quale la Corte d’appello si è espressamente pronunciata, osservando che da essa non era “dato comprendere da quali dati numerici sia partito il consulente e quali dati abbia applicato per giungere alle conclusioni fatte proprie dalla parte appellante principale. A tacere della circostanza che, trattandosi di un atto di parte, sia del tutto mancato il contraddittorio nella formazione del predetto”.

La replica della ricorrente è che la consulenza tecnica di parte “risulta per tabulas completa e corretta nella determinazione degli importi relativi agli interessi anatocistici”, il che equivale a non aver detto assolutamente nulla, dal momento che la frase trascritta è priva di qualunque significato ed omette totalmente di porre in condizioni la Corte di cassazione di scrutinare il rilievo del menzionato documento, anche per i fini della verifica della fondatezza della doglianza concernente il mancato espletamento della chiesta consulenza tecnica d’ufficio.

4.4. – Il quarto motivo è inammissibile.

La ricorrente sostiene che la fideiussione da essa prestata sarebbe rimasta travolta dalla nullità dell’obbligazione garantita, attesa l’illiceità della clausola che imponeva interessi con anatocismo in violazione dell’art. 1283 c.c.: e dunque l’inammissibilità del motivo in esame discende da quella del primo motivo.

4.5. – Il quinto motivo è inammissibile.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, nel fascicolo di parte di alcuni documenti che questa invoca e che risultano esser stati depositati (art. 87 disp. att. c.p.c.), comporta che il giudice o la decide “allo stato degli atti” – stante la disponibilità delle prove (art. 115 c.p.c., comma 1), se non consta l’involontarietà dell’omesso inserimento di essi nel fascicolo di parte al momento della restituzione di questo unitamente alla comparsa conclusionale (art. 169 c.p.c., comma 2) – o – previa, se possibile, valutazione sulla loro rilevanza – se la predetta omissione dipende dallo smarrimento o sottrazione, anche parziale, di tale fascicolo, deve ordinarne alla cancelleria la ricerca, ovvero disporne la ricostruzione; la violazione di questo obbligo può configurare vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), ma la parte ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto di tali documenti e di argomentare sulla possibilità, dal loro esame, di una decisione diversa (Cass. 16 luglio 1997, n. 6521; Cass. 3 luglio 2008, n. 18237).

Nel caso in esame, dunque, è assorbente il rilievo che la censura spiegata in questa sede non precisa come e quando il documento numero 9 invocato sarebbe stato prodotto e perchè la produzione sarebbe stata conforme alla previsione dell’art. 87 disp. att. c.p.c..

5. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale e condanna i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale, in solido, al rimborso, in favore di Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca di Credito Sardo S.p.A., delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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