Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24156 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 30/10/2020), n.24156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15634/2019 proposto da:

F.C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, V.

GREGORIANA 54, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA CALCERANO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ROMANO COLARUSSO e OLIMPIA

COLARUSSO, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato PAOLA PETRELLA TIRONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO TAGARIELLO, con procura

speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 495/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 21/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

F.C.L. appellò la sentenza emessa dal Tribunale di Taranto il 9.2.2018 che dichiarò la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il (OMISSIS) con C.M.R., riconoscendo a favore di quest’ultima un assegno divorzile di Euro 700,00 mensile; al riguardo, l’appellante si doleva che il Tribunale non avesse disposto a carico dell’ex-coniuge indagini patrimoniali e reddituali dalle quali sarebbero emerse proprietà immobiliari e redditi da lavoro dipendente.

Con sentenza emessa il 21.11.18, la Corte d’appello di Lecce rigettò l’impugnazione, osservando che non ricorrevano i presupposti per indagini patrimoniali o reddituali in quanto l’appellata aveva sin dal 2002 rinunciato all’eredità paterna, mentre dalla documentazione acquisita e dalle dichiarazioni delle parti si evinceva che l’appellata svolgeva solo lavori sporadici.

F.C.L. ricorre in cassazione con unico motivo, illustrato con memoria.

Resiste C.M.R. con controricorso.

Il giudice designato ha formulato la proposta ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

CHE:

L’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in quanto il giudice di merito ha fondato la decisione sull’assegno divorzile solo sul criterio dell’autosufficienza economica, omettendo di accertare l’esistenza e l’entità dello squilibrio determinato dal divorzio e attribuendo all’assegno una natura esclusivamente assistenziale, senza peraltro considerare che la rinuncia all’eredità da parte dell’ex-moglie costituiva una condotta che dimostrava la possibilità di procurarsi mezzi adeguati.

Il ricorso è inammissibile. Anzitutto, l’unico motivo è generico sulla capacità della controricorrente di dissimularsi impossidente, in quanto nulla riferisce su specifiche deduzioni in sede di merito circa rapporti stabili di lavoro.

Invero, il ricorrente lamenta genericamente il mancato utilizzo del criterio compensativo senza al riguardo precisare quali deduzioni fossero state espresse sul punto in sede di merito.

Inoltre, la doglianza è diretta al riesame dei fatti di causa inerenti all’assegno divorzile a favore della C., e ai criteri di liquidazione; al riguardo, il ricorrente, nel dolersi del mancato svolgimento di indagini patrimoniali sulla ex-moglie, non ha allegato fatti specifici che avrebbero potuto giustificare tali indagini, limitandosi ad una generica contestazione della pronuncia d’appello. Pertanto, deve ritenersi che il motivo non attinge la ratio decidendi fondata sull’insussistenza di motivi per disporre ulteriori indagini reddituali sull’ex moglie.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 2300,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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