Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24155 del 25/10/2013


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Civile Ord. Sez. U Num. 24155 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: MACIOCE LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso 21732-2012 proposto da:
BAJRAMI ASLLAN, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE ANGELICO 78, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO FERRARA, rappresentato e difeso
2013

dall’avvocato FERRARA SILVIO, per delega a margine del

515

ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-

Data pubblicazione: 25/10/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente nonchè contro

– intimati –

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 64517/2008 del TRIBUNALE di ROMA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI
MACIOCE;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore
Generale dott. Ignazio PATRONE, il quale chiede alla
Corte di dichiarare inammissibile il ricorso.

TRIBUNALE DI ROMA, QUESTURA DI ROMA;

RG 21732/2012.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Asllan BAJRAMI cittadino del Kosovo – entrato in Italia nel 1999 – ebbe
dalla Questura di Ragusa permesso di soggiorno per protezione

Avendo l’interessato proposto il 29.11.2000 richiesta di riconoscimento
dello status di rifugiato il Questore di Roma ebbe a dichiarare irricevibile
l’istanza, senza curarne la trasmissione alla Commissione Centrale, a
ragione della pendenza di procedimento penale per furto. Altra istanza
venne successivamente dichiarata irricevibile sino a che, a definizione
della procedura nuovamente intrapresa, la Commissione Territoriale
competente riconobbe lo status e il Questore di Roma provvide al rilascio
del permesso di soggiorno di durata biennale.
Con citazione 18.09.2008, quindi, il Bajrami ha convenuto innanzi al
Tribunale di Roma il Ministero dell’Interno ed il Questore di Roma per
ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali patiti a cagione della colpevole ritardata concessione dello
status richiesto.
Sull’assunto che la giurisdizione sulla domanda come proposta non
vedesse precedenti specifici delle Sezioni Unite ed avendo riguardo alla
giustificazione addotta dall’Amministrazione a ragione della mancata
trasmissione della istanza originaria alla competente Commissione
Centrale, il Bajrami ha quindi proposto regolamento in data 24.09.2012,
alla cui ammissibilità ha fatto obiezione l’Amministrazione nel
controricorso 2.11.2012 sull’assunto che mai era stata contestata perché in alcun modo contestabile – la giurisdizione del G.O. a conoscere
della domanda risarcitoria.
Il requirente P.G. nella richiesta 5.2.2013 ha prospettato la conclusione
di inammissibilità del ricorso per regolamento, posto che nessun dubbio
sarebbe sussistito sulla giurisdizione del giudice adìto dato che nulla era
stato obiettato dal convenuto Ministero né perplessità si riferiva essere
scaturite dall’Ufficio giudicante, tampoco la questione essendo
controvertibile dato che si verteva in tema di diritti soggettivi. Ove

temporanea di durata di mesi sei, rinnovata per un ulteriore semestre.

esaminabile – poi – la questione ad avviso del requirente doveva essere
risolta con l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.
Il ricorrente ha depositato memoria finale nella quale, criticando le
conclusioni del requirente, ha articolato ed esposto le ragioni per le quali,
pur in assenza di contestazioni sulla adìta giurisdizione, nondimeno
sussistesse oggettiva incertezza idonea a giustificare la richiesta alle
Sezioni Unite di regolare la giurisdizione.

Ritiene il Collegio che siano affatto condivisibili tanto i rilievi della
controricorrente Amministrazione dell’Interno quanto le richieste del P.G.
presso questa Corte, le une e le altre dirette ad evidenziare che nel caso
sottoposto nulla autorizzasse dubitare della giurisdizione del già investito
Tribunale e che pertanto nessun interesse tutelabile potesse riscontrarsi
alla base della decisione di proporre il regolamento preventivo.
Deve invero richiamarsi il principio da ultimo ribadito da queste
Sezioni Unite nell’ordinanza 17776 del 2008 per il quale il giudizio per
regolamento preventivo di giurisdizione presuppone pur sempre
l’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) consistente in un dubbio insorto in
ordine alla giurisdizione del Giudice adito, quale di norma insito nella
contestazione della giurisdizione tra le parti. Ma se la parte convenuta o
resistente aderisce esplicitamente o implicitamente all’assunto della parte
attrice o ricorrente che ha ritenuto essere il giudice adito fornito di
giurisdizione e non sussiste alcun elemento di fatto – dedotto in ricorso che possa far dubitare di ciò, la parte attrice o ricorrente non ha interesse
a vedere coonestato anticipatamente il suo assunto con una pronuncia di
questa Corte sulla giurisdizione che, resa in sede di regolamento
preventivo, vincoli il Giudice adito.
Ebbene, nessuna contestazione si afferma essere stata mossa, al
radicamento della domanda risarcitoria innanzi al Tribunale ordinario di
Roma, dall’Amministrazione convenuta: del resto, il controricorso
ribadisce che la giurisdizione del G.O. mai sarebbe stata contestata. E
nulla si obietta al proposito in memoria finale. D’altro canto, nessun
provvedimento anche solo ordinatorio del giudice investito della domanda
è stato dedotto aver autorizzato l’ipotesi che dubbi di sorta si fossero
generati nel giudice adìto.
Il dubbio, che legittimerebbe la richiesta di pronunzia a questa

MOTIVI DELLA DECISIONE

Corte regolatrice sarebbe, a criterio del ricorrente, insito nella oggettiva
controvertibilità della questione la quale, a suo avviso, vedrebbe da un
canto una assenza di pronunziati di questa Corte e dall’altro il sospetto di
una attraibilità – della pretesa risarcitoria da

malgoverno della

discrezionalità da parte del Questore – nella giurisdizione del giudice
amministrativo.
Ebbene, tale dubbio non poteva avere consistenza alcuna neanche

temporale della condotta imputata (dalla data della dichiarata irricevibilità
della domanda, 1’8/8/2001, alla data della concessione del permesso per
concessione dello status, 1’1/8/2007).
E’ noto che queste Sezioni Unite hanno negli ultimi anni affermato
che l’intera materia dei diritti alla protezione internazionale è
riconducibile – per la appartenenza delle posizioni controverse alla sfera
dei diritti, stante la assenza di discrezionalità dell’Amministrazione
nell’attuare le scelte legislative al proposito – alla cognizione del Giudice
ordinario. Si ricordano S.U. 7933 del 2008 , 11535 e 19393 del 2009,
3898 del 2011 e, da ultimo, SU 14502 e 15115 del 2013 che hanno
precisato spettare al giudice ordinario la cognizione anche delle ragioni di
opposizione al provvedimento del Questore di immediato “respingimento”
dell’immigrato.
Ma già all’epoca della realizzazione della condotta prospettata come
illecita e quindi ben prima della introduzione della domanda risarcitoria
sussisteva, come evidentemente non considerato dal ricorrente, una
chiarissima statuizione di questa Corte regolatrice, essendo stato chiarito,
con l’ordinanza 907 del 1999, che, per effetto della abrogazione dell’art.
5 D.L. 416 del 1989 convertito nella legge 39 del 1990 operata dall’art.
47 del T.U. sull’immigrazione dell’anno 1998, tutti i provvedimenti
assunti dall’Amministrazione nella materia del riconoscimento dello status
di rifugiato politico avevano ed hanno natura dichiarativa, priva di
connotati di discrezionalità, sì chè le relative controversie non potevano
appartenere che al giudice ordinario. E se, su tali premesse, il diniego di
riconoscimento della protezione era sottoposto al sindacato del giudice
ordinario, non si scorge come potesse ritenersi oggetto di dubbi sulla
identica sottoposizione il comportamento (ritenuto) dilatorio
dell’Amministrazione nella fase della istruzione preliminare o quello volto

alla data della domanda (18.09.2008) e con riguardo alla collocazione

a realizzare una (in tesi)

non consentita delibazione preventiva di

condizione ostativa alla stessa decisione della Commissione Centrale.
E

pertanto si dichiara inammissibile il ricorso per difetto di

interesse e si dispone la refusione delle spese da parte del ricorrente in
favore della contro ricorrente Amministrazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione

C 2.000 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso nella c.d.c. dell’8 Ottobre 2013.

delle spese in favore della Amministrazione dell’Interno, che determina in

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