Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24149 del 28/11/2016

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2016, (ud. 26/09/2016, dep. 28/11/2016), n.24149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1411/2014 proposto da:

G.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA NOMENTANA 224, presso lo studio dell’avvocato SILVIA CAPANNI,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A., B.C., BA.FR., D.Z.S.,

D.Z.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2906/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 13/03/2013 e depositata il 21/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 1411 del 2014.

“Nel 2009 i Signori S.A., B.C., Ba.Fr., D.Z.A. e D.Z.S. si rivolgevano al Tribunale Civile di Roma al fine di ottenere la pronuncia di interdizione ex art. 712 c.p.c. o in subordine l’inabilitazione della Sig.ra C.R.. I ricorrenti deducevano in giudizio che la Sig.ra C., essendo affetta dal morbo di Alzheimer, versasse in condizione di totale incapacità di gestire il proprio cospicuo patrimonio mobiliare ed immobiliare – con il rischio di un progressivo depauperamento, dispersione e di indebito arricchimento da parte di terzi. Si costituiva in giudizio la sig.ra C. contestando la domanda avanzata. Il Tribunale, accogliendo la domanda dei ricorrenti, dichiarava l’interdizione della Sig.ra C..

In sede di Corte d’Appello di Roma la Sig.ra C. e la cugina di quest’ultima, la sig.ra Sa.An.Ma., contestavano la violazione degli artt. 712 e 713 c.p.c. e l’art. 417 c.c.. Nelle more del giudizio d’appello veniva accertato il decesso della Sig.ra C. avvenuto in data (OMISSIS) e il procedimento veniva interrotto. Successivamente il giudizio veniva riassunto dalla Sig.ra G.D. in qualità di erede universale della Sig.ra C.. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile l’impugnazione, rigettando il ricorso, dal momento che riteneva essere sopravvenuto.

Il difetto di interesse delle parti ad una pronuncia sul merito dell’appello e dal momento che, in ordine alla preliminare eccezione concernente la non completezza del contraddittorio, rilevava che la Sig.ra Sa. deduceva ma non provava la propria qualità contestata di soggetto legittimato a partecipare al giudizio di primo grado.

Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione dalla G. affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la ricorrente afferma che la pronuncia del Giudice d’Appello è totalmente arbitraria e lesiva del diritto vantato dalla Sig.ra G., dal momento che il giudizio riassunto dalla stessa non e finalizzato alla soluzione di una questione di diritto, ma rappresenta l’unico strumento per rimuovere la dichiarazione d’interdizione che ritiene ingiusta e dagli gretti devastanti;

2) Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 100 c.p.c., in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.: la ricorrente contesta la pronuncia sulla compensazione delle spese;

3) Omesso esame circa un ratto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli artt. 100, 712 e 713 c.p.c. e all’art. 417 c.c.: la ricorrente pone in evidenza la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della Sa., dal momento che il ricorso introduttivo del procedimento di interdizione impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei parenti entro il quarto grado e degli affini entro il secondo dell’interdicendo ed a tali soggetti deve essere notificato il provvedimento di fissazione dell’udienza dovendosi in mancanza pronunciare la nullità dell’atto introduttivo dell’intero procedimento.

Il ricorso è manifestamente infondato. La morte della parte interdetta in primo grado, che si verifica in grado d’appello, determina la cessazione della materia del contendere, venendo meno la necessità di giungere ad una pronuncia di accertamento dello stato del soggetto sottoposto ad interdizione. Ne consegue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso per sopraggiunta carenza d’interesse (cfr. Cass. Civ. n. 12737 del 2011). Peraltro la dedotta mancanza di interesse delle parti determina la cessazione della materia del contendere (Cass. 17256 del 2003) che, in tale peculiare fattispecie travolge anche la sentenza di primo grado (cfr. Cass. Civ. n. 3570 del 2006).

In merito alla pronuncia sulla condanna alle spese, a parte la radicale genericità della censura la Corte d’Appello ha espressamente motivato la compensazione adottata.

Il terzo motivo è assorbito dal rigetto del primo”.

Osserva il Collegio che la morte dell’interdetto, secondo il costante orientamento di questa Corte (Cass. 3570 del 2006) determina la cessazione della materia del contendere ed il travolgimento della pronuncia d’interdizione.

In ordine alle spese processuali, la natura della controversia e imprevedibilità dell’evento morte inducono alla compensazione integrale delle stese per i gradi di merito, con conferma della statuizione di merito in ordine alle spese della consulenza tecnica d’ufficio. In mancanza di parti contro ricorrenti non vi è luogo a decisione relative alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Dichiara cessata la materia del contendere e travolta la pronuncia d’interdizione. Compensa le spese processuali per i gradi di merito. Conferma la statuizione della Corte d’Appello in ordine alle spese di consulenza tecnica d’ufficio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2016

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