Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24146 del 13/10/2017
Cassazione civile, sez. un., 13/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.13/10/2017), n. 24146
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Pres. f. f. –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Sezione –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3537-2016 proposto da:
D.G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE SANTA
TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GRIMALDI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIANCARLO GRECO;
– ricorrente –
contro
IMPREPAR – IMPREGILO PARTECIPAZIONI S.P.A., ESA – ENTE PER LO
SVILUPPO AGRICOLO IN SICILIA DI PALERMO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 255/2015 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE
PUBBLICHE, depositata il 12/10/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/09/2017 dal Consigliere Dott. MANNA FELICE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SGROI CARMELO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito l’Avvocato Giancarlo Greco.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 255 del 12.10.2015 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso proposto da C.R., e proseguito dall’erede di lei, D.G.G., contro la delibera del Consiglio d’amministrazione dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Sicilia n. (OMISSIS) del 28.5.2008. Quest’ultimo provvedimento, infatti, era stato revocato e sostituito con successivi altri, il cui esito finale era del pari acquisitivo di beni di proprietà della ricorrente, occorsi per la realizzazione di un’opera pubblica. Benchè non satisfattivi per la posizione di detta parte, osservava il Tribunale Superiore, tali provvedimenti sopravvenuti avevano comunque ridefinito l’assetto degli interessi in gioco, privando di qualsiasi utilità la decisione del ricorso. Quindi, compensava integralmente le spese di giudizio.
Contro tale sentenza D.G.G. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Tutte le altre parti del giudizio, ossia la Imprepar – Impregilo Partecipazioni s.p.a., l’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Sicilia, General Cantieri s.r.l. e l’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana, sono rimaste intimate.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – L’unico motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 39,91,92,100,101 e 112 c.p.c., L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a) art. 111 Cost., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente che il Tribunale Superiore avrebbe erroneamente fatto dipendere la sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso da provvedimenti estranei al giudizio ed oggetto di altro, e tuttora pendente, processo; con la conseguenza di anticiparne l’esito a danno del ricorrente. Detto Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare non l’improcedibilità, ma la cessazione della materia del contendere per effetto dell’annullamento in autotutela della delibera impugnata, a nulla rilevando le successive delibere dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Sicilia. E in applicazione della modifica dell’art. 92 c.p.c., comma 2, di cui alla L. n. 263 del 2005, avrebbe dovuto regolare le spese in base al criterio della soccombenza virtuale e, ad ogni modo, motivare specificamente la disposta compensazione delle spese stesse.
2. – Il motivo è infondato in entrambe le censure che espone.
2.1. – R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 208 (Testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici), sebbene per il procedimento dinanzi ai tribunali regionali ed al tribunale superiore delle acque pubbliche disponga in generale l’applicabilità delle norme del codice di procedura civile, per tutto ciò che non sia regolato dalle disposizioni del titolo quarto del medesimo testo unico, mediante un rinvio di tipo formale (e dunque non recettizio) alla fonte di produzione (cfr. Cass. S.U. nn. 8310/10 e 5693/81), per i ricorsi previsti nell’art. 143 dello stesso R.D. richiama, invece, le norme del Titolo 3, Capo 2 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di Stato, con rinvio da ritenersi, del pari, formale.
Ne deriva che in questi ultimi casi (che contemplano giudizi di tipo impugnatorio e in unico grado di merito) si applica l’art. 35, comma 1, lett. a) del vigente c.p.a., in base al quale il giudice dichiara, anche d’ufficio, l’improcedibilità del ricorso (e non già la cessazione della materia del contendere) quando in pendenza del processo sopravvenga il difetto d’interesse delle parti alla decisione.
2.2. – Quanto al regolamento delle spese ed alla motivazione della loro compensazione, si osserva che il Consiglio di Stato ha ribadito di recente, con sentenza n. 1338/17, che la giurisprudenza amministrativa del tutto maggioritaria – pur dando atto della tendenza legislativa a rendere recessiva l’ipotesi della compensazione – rimane attestata nel senso che anche dopo le modifiche all’art. 92 c.p.c. apportate dalla L. n. 263 del 2005, art. 2 e dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, il giudice – in dipendenza del carattere peculiare del processo amministrativo – mantiene amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla detta compensazione ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare, totalmente o parzialmente, alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio.
Limite, nella specie, rispettato, così come deve ritenersi assolto l’obbligo motivazionale, desumendosi per implicito le ragioni della disposta compensazione proprio in considerazione del fatto che all’improcedibilità del ricorso non si è accompagnata, nel caso di specie, la definizione del rapporto sostanziale tra le parti, essendosi trasferita la lite impregiudicato il suo esito – sull’impugnazione dei successivi provvedimenti di pari segno adottati nei confronti dell’odierna parte ricorrente (sulla possibilità di desumere i giusti motivi di compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., richiamato dall’art. 26 c.p.a., anche se non puntualmente specificati, dal contesto della decisione, cfr. Cons. Stato, nn. 3682/14 e 2508/13).
3. – In conclusione il ricorso va respinto.
4. – Nulla per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.
5. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, a carico della parte ricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 12 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017