Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24142 del 08/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/09/2021, (ud. 26/11/2019, dep. 08/09/2021), n.24142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26360/2012 R.G. proposto da:

Tecno Imbottiti s.r.l. in persona del legale rappresentante

pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Raffaele Padrone,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Alfredo Placidi

in Roma, via Cosseria n. 2, giusta procura speciale in calce al

ricorso:

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 25/6/2012, depositata il 5 aprile 2012.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Dinapoli nella camera

di consiglio del 26 novembre 2019.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Tecno Imbottiti s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle entrate per indebita detrazione Iva (Euro 73.457,25) per l’anno di imposta 2004 su fatture soggettivamente inesistenti emesse nei confronti di due ditte ritenute fittiziamente interposte (c.d. “cartiere”) e che comunque non avevano versato l’Iva (s.a.s. Pastacaldi & C. e ditta L.G.).

La Commissione tributaria provinciale dii Bari ha accolto il ricorso, ed annullato l’accertamento (sent. n. 239/10/10 dep. il 25.11.2010).

L’Ufficio ha proposto appello, che è stato accolto dalla Commissione tributaria regionale della Puglia con la sentenza indicata in epigrafe. Il giudice di appello ha valutato gli elementi di fatto su cui si fonda l’accertamento ritenendo provato che la s.a.s. Pastacastaldi, che aveva omesso di tenere le scritture contabili, di presentare le dichiarazioni fiscali e di versare l’Iva, fosse priva di consistenza economica ed operasse come mero soggetto interposto, che effettuava acquisti intra-comunitari di materie prime che rivendeva poi solo cartolarmente ad operatori nazionali (fra cui la Tecnoimbottiti) applicando l’Iva che poi non versava. Si tratta quindi di operazioni soggettivamente inesistenti, onde l’indetraibilità da parte del cessionario dell’Iva non versata né contabilizzata dal cedente, in conformità anche alla VI Dir. Cee n. 77/388. Verrebbe meno inoltre il requisito dell’inerenza dei costi rappresentati dalle fatture, gravando sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria. Quanto alla ditta L., che aveva omesso di registrare e contabilizzare le fatture, nonché di presentare le dichiarazioni fiscali e di versare l’Iva, riteneva la Commissione tributaria regionale che il diritto alla detrazione dell’Iva da parte del cessionario fosse subordinato al rispetto delle prescrizioni contabili da parte del cedente, richiamando in tal senso Cass. n. 1592/2006.

Ricorre per cassazione la società contribuente con due motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata e condannarsi la resistente amministrazione al pagamento delle spese e competenze di giudizio.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e chiede rigettarsi il ricorso avverso perché infondato, con vittoria di spese, onorari e competenze.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Per quanto riguarda la detrazione dell’Iva sugli acquisti dalla s.a.s. Pastacaldi la società denunzia “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,21,23 e 24, nonché per omessa, illogica o contraddittoria motivazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, n. 4 “, in quanto la sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare il comportamento tenuto dalla contribuente circa la sua partecipazione quanto meno colposa alla frode, tanto più che il legale rappresentante della Tecno Imbottiti è stato assolto in sede penale dal reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente denunzia i medesimi vizi, oltre la violazione dell’art. 17 Dir. Ce n. 77/378 con riferimento alle fatture emesse nei confronti della ditta L.G., perché la sentenza impugnata avrebbe ritenuto l’indetraibilità dell’Iva per il solo fatto che l’imposta non è stata versata dal L., a titolo quindi di responsabilità oggettiva per fatto altrui.

3.- L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e richiama, quanto al primo motivo di ricorso, la giurisprudenza unionale e nazionale in base alla quale in caso di omesso pagamento dell’Iva da parte del cedente il cessionario non può effettuarne la detrazione, a meno che dalle circostanze del caso risulti che non sapeva né poteva saper di partecipare ad un’operazione fraudolenta; quanto al secondo motivo richiama Cass. n. 1592/2006 per cui la detrazione dell’Iva da parte dell’acquirente di beni o servizi trova titolo nell’esatto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registrazione da parte sia del cedente che del cessionario.

4.1 – Il ricorso è inammissibile. Le censure proposte dalla ricorrente, infatti, sono riconducibili a diversi possibili vizi, con mancanza assoluta di specificità delle argomentazioni riferibili a ciascuno di essi, in violazione del principio secondo cui il giudizio di cassazione è “a critica vincolata” dai motivi di ricorso, che lo delimitano, individuando, con la loro formulazione tecnica, in quale delle ipotesi essi rientrino fra quelle tassativamente indicate dalla legge; per questo “e’ inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito.” (ex multis Cass. n. 11603/2018).

4.2- Il ricorso, inoltre, è inammissibile anche perché, sotto l’apparenza delle censure mosse, contrasta in realtà la valutazione di merito della sentenza impugnata, e mira ad una rivisitazione del materiale probatorio acquisito nel corso del processo, inammissibile in sede di legittimità.

5.- In conclusione il ricorso, per i motivi indicati, deve essere dichiarato inammissibile; segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, come appresso liquidate.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4.100,00 (quattromilacento) complessivi.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021

 

 

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