Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2414 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 03/02/2021), n.2414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12

presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la

rappresentata e difende.

– ricorrente –

contro

LILIEN MODE di B.L. & C. s.a.s., in persona del legale

rappresentante pro tempore, B.L. e V.S., tutti

elettivamente domiciliati in Roma, via G.P. da Palestrina n. 48

presso lo studio dell’Avv. Silvia Tortorella che li rappresenta e

difende per procura speciale in Notaio Z.F. in San Lazzaro

di Savena, del 27.1.2014, rep.n. 46.

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza n. 79/04/12 della Commissione

tributaria regionale della Emilia-Romagna, depositata il 5 novembre

2012.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

novembre 2020 dal relatore Consigliere Dott.ssa Crucitti Roberta.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate accertò in capo alla Lilien Mode di B.L. & C. s.a.s., esercente l’attività di commercio al minuto di abbigliamento, attraverso la metodologia di applicazione al costo del venduto di una percentuale media di ricarico del 99,66/0, l’omessa contabilizzazione di ricavi, per l’anno 2003, ai fini dell’Irap e dell’Iva.

I redditi accertati in capo alla società venivano, poi, imputati,

ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 1, con distinti avvisi di accertamento e in ragione delle quote di partecipazione possedute, ai fini dell’Irpef, ai due soci B.L. e V.S..

I ricorsi proposti dalla società e dai soci vennero, previa riunione, accolti dall’adita C.T.P. la quale rilevò che il metodo usato dall’Ufficio, in presenza di contabilità formalmente regolare, non era corretto e che la percentuale di ricarico era stata calcolata in modo incompleto.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe.

Il Giudice di appello, pur ritenendo corretta la percentuale di ricarico applicata, ha ritenuto che, nella specie, pur se in linea di principio sia consentito procedere alla ricostruzione dei ricavi in via analitica-induttiva in presenza di contabilità formalmente regolare, l’inattendibilità della contabilità era stata desunta semplicemente dal suo contrasto con i risultati dell’applicazione della percentuale di ricarico, attraverso un procedimento circolare che finisce per vanificare ogni valenza della regolarità formale della contabilità. Inoltre, sempre per il Giudice di appello, erano stati considerati solo alcuni prodotti, in percentuale assai modesta, invece della totalità degli acquisti.

Avverso la sentenza ricorre, su due motivi, l’Agenzia delle entrate.

La Società e i soci resistono con controricorso, ulteriormente illustrato con il successivo deposito di memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, laddove la C.T.R., pur avendo affermato la possibilità di procedere ad accertamento analitico-induttivo anche in presenza di apparente regolarità delle scritture contabili, avevo, però, ritenuto illegittimo, nella specie, l’utilizzo di tale metodo poichè l’inattendibilità della contabilità era stata desunta semplicemente dal suo contrasto con i risultati dell’applicazione della percentuale di ricarico.

2 Con il secondo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, si deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la C.T.R. aveva ritenuto di non potere condividere il metodo di procedere al calcolo, individuando solo alcuni prodotti, invece della totalità degli acquisti, peraltro in percentuale assai modesta. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R., non solo non aveva esplicitato le ragioni sulla base dei quali era pervenuta a ritenere che la percentuale degli articoli fosse modesta, ma non aveva tenuto conto del fatto che gli accertatori si erano premurati di prendere in considerazione tutti gli articoli presenti al momento dell’accesso nonchè di esaminare la totalità delle fatture di acquisto relative al periodo 1/1/2006 al 30/5/2006 ricevute dai fornitori, come precisato nel processo verbale di constatazione e negli avvisi di accertamento emessi.

3 I motivi, per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente e sono, innanzitutto, ammissibili. Il primo, in quanto l’Agenzia delle entrate, con il mezzo, ha correttamente e sufficientemente prospettato una violazione di legge senza che venga richiesta, come eccepito in controricorso, un’inammissibile rivisitazione in fatto.

3.1 E’ ammissibile anche il secondo motivo. Ed invero, sebbene in rubrica il vizio dedotto è riconducibile alla previgente disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (inapplicabile al ricorso in esame per essere stata la sentenza impugnata depositata il 5 novembre 2012), nell’illustrazione del mezzo le censure mosse alla sentenza impugnata rientrano, così come illustrate, nelle ipotesi, di motivazione apparente e omesso esame di un fatto, riconducibili al n. 4 e al nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come autorevolmente interpretati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 7.4.2014 n. 8053.

4. Le censure sono, anche, fondate.

4.1. Costituisce, invero, jus receptum il principio per cui ” in tema di accertamento, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito del contribuente in via induttiva, pur in presenza di contabilità formalmente regolare, ove quest’ultima sia intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo, purchè preciso e grave, quale l’abnormità della percentuale di ricarico (cfr. nello specifico Cass. n. 27552 del 30/10/2018). In conformità si è statuito (v.Cass. n. 32129 del 12/12/2018) che “l’Ufficio può procedere al metodo analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in presenza di scritture formalmente regolari, ove la contabilità risulti complessivamente inattendibile sulla base di elementi indiziari gravi e precisi, come il sensibile scostamento delle percentuali di ricarico anche in relazione allo stesso periodo di imposta oggetto dell’accertamento”. Nello specifico, ancora, di recente, si è ribadito che “in tema di accertamento del reddito di impresa, anche in presenza di scritture formalmente corrette, ove la contabilità possa considerarsi complessivamente inattendibile, è legittimo il ricorso al metodo analitico-induttivo, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), sulla base di elementi che consentano di accertare, in via presuntiva, maggiori ricavi, che possono essere determinati calcolando la media aritmetica o quella ponderata dei ricarichi sulle vendite (cfr., tra le altre, Cass.n. 8923 del 11/04/2018).

4.2 Nel caso in esame, come premesso dalla ricorrente e incontestato in atti, la ricostruzione dei componenti positivi di reddito era stata effettuata dagli accertatori rideterminando i ricavi caratteristici dell’impresa, attraverso la metodologia che prevedeva l’applicazione al costo del venduto (rimanenze iniziali più acquisti-rimanenze finali) di una percentuale di ricarico medio ponderata pari al 99,66% tenendo conto del raffronto tra i prezzi degli articoli esposti al momento dell’accesso (n. 173), ed i relativi prezzi di acquisto degli stessi articoli rilevati dalle fatture dei fornitori. Le singole percentuali di ricarico erano state, poi, ponderate mettendole in relazione alle singole incidenze sugli acquisti di ogni tipologia di capo rilevato. La percentuale media di ricarico, così ricavata, teneva conto anche della composizione qualitativa degli acquisti oltre che quantitativa, e veniva ulteriormente ridotta considerando gli sconti medi concessi. La percentuale di ricarico così ottenuta durante l’accesso nel 2006 era stata poi applicata al costo del venduto contabile relativo al periodo di imposta 2003, atteso, tra l’altro, che anche la rappresentante della società aveva confermato la sostanziale invarianza della percentuale di ricarico tra il 2003 e 2006.

4.3.Ciò posto, alla luce dei principi sopra illustrati, la Commissione tributaria regionale ha, evidentemente, falsamente applicato la normativa di riferimento, come interpretata da questa Corte, laddove, pur ritenendo, legittimo il ricorso alla procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) ha, affermato che, a integrare la presunzione non fosse sufficiente l’applicazione della percentuale di ricarico. D’altro canto, il ragionamento logico giuridico seguito dalla C.T.R. è, pure, viziato nella parte in cui, pur avendo dato atto della correttezza delle modalità di determinazione della media percentuale ponderata basata sulla verifica del costo e del prezzo di vendita, sull’incidenza sulle vendite dei capi presi in considerazione e sulla riduzione della percentuale in periodi di saldi ha, poi, apoditticamente affermato che era scorretta la metodologia di calcolo, individuando solo alcuni prodotti, invece, della totalità degli acquisti, peraltro in percentuale assai modesta, giacchè emergeva dagli atti dell’accertamento che erano stati considerati tutti i prodotti, presenti al momento dell’accesso, ed erano state considerate tutte le fatture dei fornitori per il periodo 1 gennaio/30 maggio.

5. In conclusione, quindi, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna-Bologna, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

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