Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24139 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 27/09/2019, (ud. 26/09/2018, dep. 27/09/2019), n.24139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20018-2014 proposto da:

M.A.C., N.Z., domiciliate in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentate e difese dagli avvocati ANDREA BORDONE, FERDINANDO

PERONE, PAOLO PERUCCO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MERIDIANA FLY S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA UBERTI, PAOLO TOSI

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 967/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2014 r.g.n. 3141/2010 + 1.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 28.1.2014, in parziale accoglimento del gravame interposto da Meridiana Fly S.p.A., nei confronti di N.Z. ed M.A.C., avverso le sentenze n. 361/2009 e 362/2009 rese dal Tribunale di Busto Arsizio, riunite le cause, ha condannato la società appellante “al risarcimento del danno in favore delle appellate determinato L. 183 del 2010, ex art. 32 in misura pari a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto nella misura di Euro 1.007,18 mensili per N. ed Euro 1.007,18 mensili per M. oltre accessori di legge dal dovuto al saldo” ed ha condannato, altresì, “le appellate alla restituzione delle maggiori somme eventualmente percepite in esecuzione della sentenza impugnata”;

che per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso N.Z. ed M.A.C. sulla base di due motivi contenenti più censure, cui ha resistito con controricorso la Meridiana Fly S.p.A.;

che, nelle more, la M. ha rinunziato al ricorso ed ha ritualmente notificato la rinunzia alla società;

che, pertanto, il Presidente della VI Sezione civile di questa Corte, in data 7.7.2015, ha emesso decreto di estinzione del relativo giudizio, disponendo la trasmissione degli atti alla IV Sezione civile per la prosecuzione del giudizio tra la N. e la Meridiana Fly S.p.A., “poichè la controversia non presenta elementi per la decisione in sesta sezione”; che sono state comunicate memorie nell’interesse della società; che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione in relazione ad un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla determinazione dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, nonchè, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 183 del 2010, artt. 32, comma 5, e della L. n. 604 del 1966, art. 8” e si lamenta che la Corte di merito abbia “contenuto” l’indennità risarcitoria, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, nella misura di cinque mensilità, senza tenere conto del disposto del comma 6 medesimo articolo, ai sensi del quale “Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento stabilendo una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8” ed altresì che non abbia motivato in ordine al diniego di concedere le dodici mensilità richieste dalla ricorrente, “in violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, in riferimento alla L. n. 604 del 1966, art. 8”, nonostante “le circostanze dedotte e documentate dalla lavoratrice e non contestate da controparte”; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “l’omesso esame in relazione ad un fatto decisivo per il giudizio con riferimento alla determinazione delle voci retributive utili alla determinazione della retribuzione globale di fatto ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5; erroneità e contraddittorietà della motivazione; violazione di legge con riferimento alla valutazione delle prove ai sensi dell’art. 115 c.p.c.” per avere la Corte di merito erroneamente affermato che “la retribuzione va determinata tenendo conto della retribuzione totale nell’ammontare complessivo di Euro 863,30 che, tenuto conto delle mensilità supplementari (x 14), porta alla somma di Euro 1.007,18 mensili, al lordo delle ritenute di legge”, poichè “era onere dell’appellata specificare quali ulteriori voci avrebbero dovute essere incluse in aggiunta a quanto sopra indicato, ai fini della retribuzione globale di fatto” (pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), senza tenere conto che, nel ricorso in appello, la società non ha analiticamente contestato i prospetti paga;

che il primo motivo, teso, nella sostanza, ad ottenere un nuovo esame del merito – non consentito in questa sede – in relazione all’ammontare dell’indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32 è inammissibile in ordine alla prima censura, in cui si lamenta il “vizio di motivazione”, in quanto, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 29.1.2014, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015), che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue poste a fondamento della decisione impugnata e dei criteri adottati per stabilire l’entità dell’indennità ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32;

che quanto sin qui osservato vale anche a dimostrare la non fondatezza della seconda censura articolata con il primo mezzo di impugnazione, formulata in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, posto che, come già messo innanzi in rilievo, la Corte territoriale ha operato una corretta sussunzione dei fatti nelle norme da applicare, sicuramente scevra dagli errores in iudicando che la parte ricorrente lamenta (si vedano, in particolare, le analitiche argomentazioni poste a base della decisione oggetto del giudizio di legittimità per la determinazione del quantum dell’indennità di cui tratta, alle pagg. 3 e 4 della pronunzia);

che neppure il secondo motivo può essere accolto; in ordine al dedotto “vizio di motivazione”, valgano le considerazioni innanzi svolte; riguardo alle ulteriori voci che, a parere della N., avrebbero dovuto essere incluse in aggiunta al quantum dell’indennità, ai fini della determinazione globale di fatto, la Corte distrettuale ha precisato che, in sede di gravame, in cui il thema decidendum era appunto circoscritto all’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 alla fattispecie, la N. non ha specificato nulla in merito (v. pag. 4 della sentenza impugnata); peraltro, la stessa non ha specificamente censurato, in sede di legittimità, questo punto della sentenza, limitandosi a sostenere che la Meridiana Fly S.p.A. non aveva puntualmente contestato i prospetti paga versati in atti dalla lavoratrice, senza neppure produrre (nè trascrivere, nè indicare tra i documenti offerti in comunicazione unitamente al ricorso, in violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il ricorso proposto della società in sede di gravame;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso di N.Z.; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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