Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24132 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. un., 03/10/2018, (ud. 30/01/2018, dep. 03/10/2018), n.24132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7295-2016 proposto da:

G.A.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA

195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA FORMILAN e

VITTORIO ANGIOLINI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE REGIONALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI – SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA LOMBARDIA,

S.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 619/2015 della CORTE DEI CONTI 2^ SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO, depositata il 17/09/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/01/2018 dal Consigliere MAGDA CRISTIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Sergio Vacirca.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Sezione Giurisdizionale Centrale d’appello della Corte dei Conti, in riforma della sentenza di primo grado emessa dalla sezione regionale della Lombardia ed appellata dalla Procura regionale, ha accolto parzialmente la domanda di risarcimento del danno erariale proposta dall’appellante nei confronti di numerosi dirigenti ed amministratori del Comune di Bovisio Masciago, fra i quali, per ciò che nella presente sede ancora interessa, il Direttore Generale dott.ssa G.A.L., che è stata condannata a pagare all’ente locale la somma complessiva Euro 25.411,86.

Il giudice d’appello ha ritenuto G. responsabile di aver corrisposto indebite maggiorazioni retributive all’architetto P.E.E.L., cittadino (OMISSIS), sia per averlo assunto con contratto di lavoro a tempo pieno e con effetti retroattivi – in contrasto con quanto stabilito nella delibere di giunta comunale che prevedevano l’assunzione del professionista per 24 ore settimanali, con retribuzione commisurata al ridotto orario di lavoro – sia per avergli attribuito qualifica dirigenziale nonostante non fosse cittadino italiano, in violazione del divieto posto dalla legge.

Il giudice d’appello ha fondato la propria decisione, quanto al primo profilo, sul rilievo, ritenuto assorbente, che ai sensi dell’art. 110 TUEL e 13, 3 co., del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune, la determinazione del trattamento economico dei dirigenti è di competenza della Giunta e non del Direttore generale, il quale non può agire senza autorizzazione per modificare la delibera assunta dall’organo esecutivo, ancorchè ritenuta non corretta; quanto al secondo, sulla considerazione che l’illegittimità del provvedimento, allorchè derivi dalla violazione di norme che disciplinano limiti o modalità del regolare esercizio dei poteri di spesa e di gestione delle risorse pubbliche, cessa di essere elemento solo sintomatico di un’ipotesi di responsabilità amministrativa, per divenirne elemento costitutivo, rendendo automaticamente dannosa per l’erario la relativa spesa.

2. La sentenza, depositata il 17.9.2015, è stata impugnata da G.A.L. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui la Procura Generale presso la Corte dei Conti ha resistito con controricorso.

Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso G.A.L., denunciando violazione degli artt. 103 e 111 Cost., R.D. n. 1214 del 1934, artt. 13 e 71, L. n. 20 del 1994, art. 1 e art. 362 c.p.c., sostiene che la decisione del giudice contabile è viziata da eccesso di potere giurisdizionale.

Deduce al riguardo che la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità dei pubblici funzionari si basa sul presupposto che sussistano danni arrecati all’erario, che devono essere accertati tenendo conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione, ed assume che la sentenza impugnata l’ha condannata al risarcimento senza verificare l’effettiva ricorrenza del danno, ritenuto erroneamente un’ automatica conseguenza della affermata illegittimità degli atti da lei adottati.

In quest’ipotesi, secondo la ricorrente, non sarebbe ravvisabile un semplice errore nella valutazione dei fatti o nell’applicazione di norme di diritto, quanto, piuttosto, un esercizio del potere giurisdizionale in assenza dei presupposti previsti dalla legge e quindi in assenza di giurisdizione.

2. Il motivo è inammissibile.

Il giudice di primo grado, decidendo la controversia nel merito, ha perciò stesso affermato la propria giurisdizione, con statuizione implicita che non è stata impugnata da G. in via d’appello incidentale: sulla competenza giurisdizionale del giudice contabile a decidere della sussistenza, o meno, di un danno erariale derivato dall’adozione da parte della ricorrente di atti amministrativi illegittimi, si è dunque formato il giudicato interno (cfr. da ultimo, fra moltissime, Cass. S.U. nn. 10265/2018, 10438/018, 28503/017).

La questione di giurisdizione, d’altro canto, non può sorgere secondo l’esito della lite, imputandosi solo al giudice di secondo grado, e non anche a quello di prima istanza, di aver ecceduto i limiti del proprio potere giurisdizionale (cfr. Cass. S.U. n. 10265/018 cit.).

Ciò premesso, è sufficiente ricordare che le Sezioni Unite della Corte di cassazione, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata.

La sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti, facendo discendere il danno dalla mera assunzione di atti illegittimi, senza accertarne l’effettiva sussistenza, non ha ecceduto i limiti della propria giurisdizione interna, avendo svolto un’attività interpretativa, della normativa e dei principi di diritto applicabili, pienamente rientrante nell’ambito del proprio potere giurisdizionale, mentre le censure sollevate dalla ricorrente prospettano eventuali, meri errores in iudicando, sui quali non è consentita alcuna verifica da parte di queste SS.UU. in sede di ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione (Cass. S.U. n. 1409/2018).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue una pronuncia sulle spese, dal momento che la Procura Generale presso la Corte dei Conti è parte solo formale del procedimento e che le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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