Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24130 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 07/09/2021), n.24130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32365-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ di CARTOLARIZZAZIONE dei CREDITI INPS (SCCI)

SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dagli avvocati LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DIEGO APRILE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 353/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERNIO,

depositata il 23/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello dell’INPS, confermando la pronuncia di primo grado con cui era stato dichiarato prescritto il credito contributivo e, comunque, insussistente l’obbligo di C.A. di iscriversi alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e di versare i contributi, in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2009 quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo e di quello contributivo conseguente;

la Corte d’appello ha confermato la statuizione relativa alla prescrizione dei crediti contributivi vantati dall’INPS, individuando come dies a quo del decorso del termine quinquennale la scadenza del termine per il pagamento dei contributi, ritenendo tardiva, e quindi inidonea ad interrompere il termine prescrizionale, la richiesta di pagamento dell’Istituto; nel merito e in consapevole dissenso rispetto alle sentenze di legittimità, ha ritenuto insussistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata;

avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha opposto difese, con controricorso, C.A.;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

l’INPS ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’INPS ha dedotto violazione e/o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 -31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, (conv. con mod. nella L. n. 111 del 2011), della L. n. 247 del 2010, art. 21, comma 10, per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non abbia l’obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (nel caso di specie, per mancato raggiungimento del limite di reddito);

con il secondo motivo, formulato sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 e ss. e del D.L. 6 luglio 2011, n. 111, art. 18, comma 12, (conv. con mod. nella L. n. 111 del 2011), per avere la Corte territoriale omesso di considerare che, nella dichiarazione dei redditi, il controricorrente non aveva compilato il quadro RR, necessario per la determinazione dei contributi, come allegato nel giudizio di primo grado, con la produzione della suddetta dichiarazione, dall’Istituto. In tal modo, la Corte territoriale era incorsa in errore di diritto, per non aver ritenuto sussistente una ipotesi di sospensione del termine di prescrizione, come, invece, affermato dalla Corte di legittimità negli arresti n. 6677 del 2019 e n.16986 del 2019;

va esaminato, in via prioritaria, il secondo motivo di ricorso che si arresta ad un rilievo di inammissibilità, per difetto di specificità;

se è vero, infatti, che la questione della sospensione della prescrizione configura una questio iuris, come tale, rilevabile d’ufficio (Cass. n. 21929 del 2009; Cass. n. 19567 del 2016), nondimeno il generale potere-dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni, facente capo al Giudice (che si traduce nell’attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti) richiede pur sempre che detti fatti, modificativi, impeditivi o estintivi, risultino legittimamente acquisiti al processo e provati (v. Cass. n. 20317 del 2019; Cass. n. 27405 del 2018);

nella sentenza impugnata, non è affrontata la questione relativa alla sospensione della prescrizione e l’INPS, che pure deduce la circostanza, non dimostra la produzione, agli atti del giudizio di merito, della dichiarazione dei redditi del professionista. In ogni caso, nel ricorso in cassazione, l’Istituto non trascrive il documento (in relazione agli oneri di specificazione e deduzione richiesti in analoghe fattispecie, v. Cass. nn. 8450, 10631, 10632 del 2021);

giova ribadire, in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

sotto diverso profilo, l’INPS formula le censure in termini di violazione di legge; l’accertamento di un comportamento occulto configura, invece, una questione di fatto, come affermato dalla stessa ordinanza n. 6677 del 2019, “dovendosi escludere che possa stabilirsi un automatismo, come sembra pretendere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo” (in motivazione, Cass. n. 7254 del 2021);

conseguentemente, diviene inammissibile anche il primo motivo, per carenza di interesse;

la sentenza impugnata è sorretta da due rationes decidendi, distinte ed autonome (l’insussistenza dell’obbligo di contribuzione e, comunque, l’intervenuta prescrizione dei crediti), ciascuna giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata; pertanto divenuta definitiva quella relativa alla intervenuta prescrizione del credito, le censure relative all’altra non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (ex plurimis: Cass. n. 3386 del 2011; Cass. n. 24540 del 2009; Cass. n. 389 del 2007);

sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso dell’INPS va dichiarato inammissibile;

le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 600,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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