Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24127 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. II, 30/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 30/10/2020), n.24127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 350-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VITTORIO VENETO 108, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MALIZIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato C.A.;

– ricorrente –

contro

M.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 544/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 30/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/07/20 dal consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Avv. C. propose innanzi al Tribunale di Perugia domanda di liquidazione dei propri compensi professionali nei confronti di M.L. per l’assistenza prestata in una causa di risarcimento danni innanzi al Giudice di Pace di Todi.

1.2. Il M. si costituì per resistere alla domanda ed eccepì l’inadempimento del professionista; in via riconvenzionale chiese il risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.

2. All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 23.2- 28.5.2012, in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la domanda dell’Avv. C. ed accolse la domanda riconvenzionale.

2.1. La corte di merito osservò che il giudice di primo grado non aveva esaminato l’eccezione di inadempimento proposta dal M. per omessa informazione sul rapporto tra prevedibili benefici e costi della causa, che il convenuto aveva formulato con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5, precisando i termini dell’eccezione di inadempimento. Si trattava della violazione del dovere di informazione sulla possibilità che i compensi professionali potessero eccedere la pretesa creditoria. In ogni caso, secondo la corte distrettuale, su detta eccezione vi era stata accettazione del contraddittorio, non avendo il C. eccepito l’inammissibilità del capitolo dell’interrogatorio formale su tale punto.

3. L’Avv. C. propose istanza di revocazione fondata su due circostanze:

a) la precisazione dell’eccezione di inadempimento per omessa informazione era avvenuta non nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5 ma nella memoria di replica di cui alla seconda parte della medesima disposizione, sicchè l’eccezione era inammissibile per tardività;

b) anche il capitolo 4 dell’interrogatorio formale era stato dedotto nelle memorie di cui all’art. 184 c.p.c. seconda parte, ovvero come prova contraria.

3.1. La corte di merito rilevò l’inammissibilità dell’eccezione di inadempimento in quanto tardivamente proposta nella memoria di replica prevista dall’art. 183 c.p.c., comma 5, seconda parte; accertò che l’interrogatorio formale era stato proposto non con le memorie di cui all’art. 184 c.p.c., prima parte, ovvero come prova diretta ma con le memorie di cui all’art. 184 c.p.c. seconda parte, come prova contraria. Nonostante l’intervenuta decadenza sotto entrambi i profili, la corte di merito confermò la sentenza oggetto di revocazione poichè l’Avv. C. aveva accettato il contraddittorio sull’eccezione tardivamente proposta.

4. L’Avv. C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

4.1. M.L. è rimasto intimato.

4.2. In prossimità dell’udienza l’Avv. C. ha presentato memoria difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 180,183,184 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la corte territoriale ritenuto che sulla prova per interpello, benchè tardiva, vi fosse stato accettazione del contraddittorio. Tale affermazione sarebbe erronea in quanto il termine per articolare le richieste istruttorie, nel vigore del D.L. n. 35 del 2005, non sarebbero nella disponibilità delle parti ma nell’interesse pubblico, sicchè la tardività nelle richiesta di prova, come prova contraria e non come prova diretta, avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio.

1. Il motivo è fondato.

1.1. Ai sensi dell’art. 184 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis – introdotto dalla L. n. 353 del 1990, art. 18 (e anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater convertito con modificazioni dalla L. n. 51 del 2006), il momento in cui scatta per le parti la preclusione in tema di istanze istruttorie è quello della adozione della ordinanza di ammissione delle prove; qualora il giudice, su istanza di parte, abbia rinviato tale adempimento ad altra udienza ed abbia concesso un duplice termine, il primo termine è concesso per la produzione dei nuovi mezzi di prova e l’indicazione dei documenti idonei a dimostrare l’esistenza dei fatti posti a fondamento della domanda attorea e delle eccezioni sollevate dal convenuto, il secondo è previsto, invece, per l’indicazione della (eventuale) “prova contraria”, da identificarsi nella semplice “controprova” rispetto alle richieste probatorie e al deposito di documenti compiuto nel primo termine. Deriva da quanto precede, pertanto, che è già il primo termine di cui alla norma suddetta quello entro cui la parte interessata ha l’onere di richiedere la prova contraria in relazione ai fatti allegati dalla controparte e definitivamente fissati nel thema decidendum, ai sensi dell’art. 183 c.p.c. (Cassazione civile sez. I, 22/06/2018, n. 16562; Cassazione civile sez. II, 09/11/2017, n. 26574; Cass. Civ., sez. 03, del 17/05/2013, n. 12119).

1.2 Le preclusioni processuali non sono nella disponibilità delle parti e vanno rilevate d’ufficio dal giudice, anche in caso di accettazione del contraddittorio della domanda o dell’eccezione della controparte (ex multis Cassazione civile sez. II, 31/05/2017, n. 13769).

1.3. La corte distrettuale non si è conformata a tale principio e, pur avendo rilevato che l’eccezione di inadempimento derivante dall’omessa informazione relativa al rapporto tra prevedibili benefici e costi della causa, era stata tardivamente formulata, aveva ritenuto ammissibile la nuova eccezione sul presupposto che la controparte avesse accettato il contraddittorio.

3. La sentenza impugnata va, pertanto cassata e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione.

4. La seconda doglianza inerente la regolazione delle spese di lite è assorbita.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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