Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24127 del 24/10/2013
Civile Sent. Sez. 2 Num. 24127 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE
SENTENZA
sul ricorso 24708-2007 proposto da:
BRULLO GIOVANNA TERESA BRLGNN36C64C612M, domiciliata
ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIULIANI ROBERTO;
– ricorrente 2013
1691
contro
TIDONA VINCENZO TDNVCN38L18H163F,
LEONE ROSARIA
LNERSR59E65H574C, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA GAVORRANO 12, presso lo studio dell’avvocato
GIANNARINI MARIO, rappresentati e difesi dall’avvocato
Data pubblicazione: 24/10/2013
PADUA SALVATORE;
– controricorrenti avverso la sentenza n. 1236/2006 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 02/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato ROBERTO GIULIANI difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento delle proprie
difese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine per il rigetto del
ricorso.
dig
Svolgimento del processo
1)L’8 novembre 1999 gli odierni resistenti Vincenzo Tidona e
Rosaria Leone chiedevano al tribunale di Ragusa provvedimento di
urgenza per eliminare immissioni di rumore provenienti
dall’autoclave dell’appartamento di una loro vicina, Giovanna
Il provvedimento veniva concesso e il tribunale, accolta la
domanda e dato atto dell’adempimento, condannava la Brullo alla
refusione delle spese di lite.
La sentenza veniva confermata dalla Corte di appello di Catania
con sentenza del 2 dicembre 2006.
Brullo ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 22
settembre 2007, articolato su 11 motivi e illustrato da memoria.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione
2)11 ricorso riprende in gran parte censure svolte in sede di
appello e motivatamente respinte dalla Corte territoriale.
Primo, secondo, quinto e nono motivo ripropongono la tesi secondo
cui il giudizio di merito sarebbe inficiato da litispendenza con
altra causa avente identico oggetto e dal giudicato ivi formatosi.
In particolare il primo, riferendosi alla sentenza 605r/96 trib
Ragusa e alla sentenza n. 703/97 Corte di appello Catania.
I giudici di merito hanno negato la litispendenza sul rilievo che
le parti del primo giudizio erano diverse, poiché non vi avevano
preso parte né il Tidona né la Leone, per la quale era irrilevante
il rapporto di coniugio con altro soggetto. Parte ricorrente
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Teresa Brullo.
espone che il Tidona era stato parte in causa nel giudizio citato
e che gli effetti dello stesso si estendevano alla comproprietaria
convivente, avente una comunione “familiare ed economica” con
Rosario Terranova.
2.1)La tesi non ha alcun pregio. Invocando inappropriatamente i
consentono a ciascuno di essi di agire a tutela del bene comune,
la Brullo pretende di azzerare la diversa soggettività della
Leone, che le consentiva, come è accaduto, di avviare separato
giudizio avente analogo petitum, ove non chiamata in causa nel
primo.
Ciò vale ad escludere sia la sussistenza di identità soggettiva
tra i due giudizi, necessaria per giustificare la litispendenza,
sia che il primo giudizio fosse stato instaurato anche nel suo
interesse, constando in atti una diversa volontà della Leone, che
avviato autonoma iniziativa giudiziaria.
3) Ne risultano respinti anche il
secondo motivo,
che fa valere
l’eccezione di giudicato sulla base della litispendenza che è
stata qui negata e il quinto, che ripropone le due questioni senza
nulla aggiungere.
4) Litispendenza e giudicato non sono eccezioni pertinenti neppure
con riguardo al Tidona, per quanto viene in evidenza al
nono
motivo.
Qui la ricorrente lamenta insufficiente e contraddittoria
motivazione con riguardo all’affermazione, costituente seconda
ratio decidendi
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resa dalla Corte di Catania, secondo cui
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pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, che
litispendenza e giudicato rispetto al citato giudizio e a sentenze
precedenti erano esclusi anche dal fatto che le immissioni cui si
riferiva la prima causa erano quelle prodotte dall’autoclave
“diversi anni prima, in una situazione soggetta ad evoluzione”.
La doglianza, che presenta seri dubbi di inammissibilità per la
c.p.c. (SU 20603/07), è comunque infondata.
Risponde a regola comune dei giudizi in tema di immissioni che
essi si riferiscono ai
etc.)
fenomeni
di
disturbo
(da rumore, odore,
cagionati secondo una certa tipologia mutevole nel tempo in
relazione molteplicità di fattori (frequenza d’uso della fonte,
sua manutenzione, intensità volumetrica, additivi di ogni tipo,
modifica del rumore di fondo, etc.).
Contrariamente a quanto espone il ricorso, è quindi normale
ritenere, come ha fatto la Corte d’appello, con apprezzamento di
fatto logico e congruo, che a distanza di alcuni anni (il giudizio
odierno è sorto, per la fase di merito, nel 2000, il principale
giudicato invocato risale a sentenza di primo grado del 1996) vi
sia un aggravio delle immissioni denunciate.
Non è vero infatti che normalmente un apparecchio autoclave
funziona sempre con lo stesso rumore; questa massima d’esperienza,
invocata apoditticamente, non è riscontrabile nella osservazione
comune, che registra invece, con il tempo, il deteriorarsi di
meccanismi, impianti, cuscinetti e guarnizioni, che assicurano nei
macchinari la riduzione del rumore metallico.
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tecnica di formulazione del momento di sintesi ex art. 366 bis
Ne discende che ben poteva anche il Tidona proporre nuovo giudizio
fondato su nuova causa petendl e non identico al precedente.
5)11
terzo motivo
denuncia violazione dell’art. 654 c.p.p. in
relazione a sentenza penale di assoluzione resa a seguito di
querela a carico della Brullo da parte dei signori Tidona -Leone,
Trattasi di tesi infondata, che non attacca nemmeno la
ratio sulla
base della quale la Corte d’appello ha disatteso il corrispondente
motivo di gravame.
La Corte aveva infatti rilevato che in sede penale non erano state
escluse le immissioni moleste, poichè l’assoluzione era stata
causata dall’assenza di offesa a una collettività indeterminata di
persone, cioè da altro elemento essenziale del reato, non
riscontrato nella specie.
6) Il
quarto motivo
espone insufficiente e contraddittoria
motivazione e si conclude con un quesito ex art. 366 bis c.p.c.
del tutto inidoneo a costituire la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa
o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione.
La censura non contiene infatti un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. 5858/13;
27680/09).
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,
1./
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sentenza che avrebbe dovuto fra stato tra le parti.
La ricorrente scrive:<>.
Per quanto intuibile dalla lettura del motivo, la inammissibilità
che
vengono agitate questioni
relative alla fase cautelare, della cui rilevanza nella sentenza
di merito qui impugnata nulla è detto.
9)
Infondato
è
l’ottavo motivo,
che denuncia violazione degli
artt. 1105 e 1130 c.c..
Esso mira a sostenere che la controversia era di natura
condominiale e non poteva essere intrapresa “con azione
unilaterale”, perché “l’uso e il godimento di un bene condominiale
è disciplinato dalle regole condominiali e nell’ambito della
normativa condominiale”.
La manifesta infondatezza della censura, che sfida la temerarietà,
deriva dalla ovvia considerazione, già esposta dai giudici di
merito, che l’autoclave di cui si discute non era bene
condominiale, ma apparteneva alla Brullo (lo dice lo stesso
ricorso a pag. 16), ed era stato da lei installato (sentenza
appello pag. 4).
10) Anche il decimo motivo
è
manifestamente infondato.
Sempre evocando i temi della identità con altro giudizio, già
respinti nei paragrafi da 2 a 4 di questa sentenza, la Brullo
lamenta che il procedimento cautelare non sia stato inserito in
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è determinata anche dal fatto
quella sede.
Giova richiamare, senza necessità di altre parole, quanto sopra
esposto al paragrafo 7 sui rapporti tra cautela e merito nelle
fasi di gravame.
omessa motivazione. Concerne la pretesa nullità della c.t.u. per
la mancanza di iscrizione del consulente all’albo speciale dei
rilevatori acustici, che sarebbe previsto dalla normativa
regionale.
Un vizio siffatto non è previsto quale motivo di nullità della
sentenza, ma ridonda tutt’al più quale vizio della motivazione,
ove si dimostri che abbia avuto influenza decisiva nella sentenza.
Il ricorso però non riesce a indicare alcun vizio intrinseco della
consulenza, né a dimostrare che il consulente abbia omesso o
trascurato risultanze che avrebbero potuto portare a contrarie
conclusioni o che il giudice comunque ne sia stato influenzato.
Non ha quindi i requisiti indispensabili per affermare che la
Corte di appello è incorsa in vizio motivazionale.
Discende da quanto esposto
il rigetto
del ricorso e la
condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in
dispositivo, in relazione al valore della controversia.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
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11) L’ultimo motivo denuncia violazione dell’art. 157 c.p.c. e
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite liquidate in euro 3.500 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione tenuta
il 19 giugno 2013