Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24127 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/10/2017, (ud. 04/07/2017, dep.13/10/2017),  n. 24127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 866/2011 R.G. proposto da:

Mack s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Accardo, con

domicilio eletto in Roma, via Monte Zebio 32, presso lo studio del

difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 65/34/07, depositata il 21 febbraio 2007.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2017

dal Consigliere Tedesco Giuseppe.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Mack 3 s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (Ctr), che ha accolto l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria contro sentenza di primo grado interamente favorevole per la contribuente in relazione a tre avvisi di accertamento che avevano applicato la presunzione legale di cessione di beni il D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 53;

che la contribuente precisa di avere proposto il ricorso oltre il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., in quanto aveva avuto conoscenza della sentenza emessa in grado d’appello solo a seguito di notificazione di cartella di pagamento, non avendo avuto conoscenza del giudizio a causa della nullità della notificazione, eseguita ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992 mediante deposito nella segreteria della Commissione tributaria regionale del Lazio in carenza dei presupposti;

che il ricorso, cui l’agenzia delle entrate ha reagito con controricorso, è fondato su due motivi ambedue dedotti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

che il primo motivo deduce la nullità della sentenza per la tardività dell’appello dell’Amministrazione finanziaria, siccome proposto, mediante deposito nella segreteria della Commissione regionale adita ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, dopo il decorso del termine lungo di impugnazione; il secondo deduce la nullità della notificazione eseguita secondo quelle modalità;

che all’esame dei motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, occorre premettere che l’appello definito con la sentenza impugnata fu proposto dall’Amministrazione finanziaria mediante deposito nella segreteria della Commissione tributaria regionale del Lazio in data 1 luglio 2005, laddove il termine scadeva in data precedente;

che il deposito seguiva a un primo tentativo di notificazione a mezzo del servizio postale al difensore procuratore domiciliatario avvenuto il 3 giugno 2005;

che la notificazione non andò a buon fine, perchè il difensore aveva trasferito altrove il proprio domicilio;

che è stato quindi eseguito un nuovo tentativo di notificazione presso il nuovo domicilio il 28 giugno 2005;

che nella relazione di tale notificazione è riportata la seguente dichiarazione del messo notificatore: “(…) non ho potuto notificare perchè da informazione avute in luogo (risultanti sul citofono all’interno 2) presso lo “Studio Marconi”, una signora mi dichiara che il sig. M.S. è momentaneamente assente e che la comunicazione di variazione di variazione di domicilio per il presente ricorso in appello e comunque in assoluto per tutta la presente procedura, anche precedente, nonchè per la società destinataria non è stata fatta ad oggi (all’ora suddetta per lo meno) comunque mi conferma che ora lo studio è lì”;

che, a questo punto, l’impugnazione è stata depositata presso la segretaria della Commissione tributaria regionale del Lazio;

che, ciò posto, deve innanzitutto ricordarsi che, secondo l’orientamento prevalente, le modalità di notificazione previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, possono essere adottate soltanto qualora non sia stata notificata la variazione del domicilio eletto autonomamente dalla parte e non invece nell’ipotesi di variazione del domicilio eletto dalla parte presso lo studio del proprio difensore;

che in questo caso “l’elezione di domicilio operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione d’indicare la sede dello studio di quest’ultimo, sicchè il difensore domiciliatario non ha, a sua volta, l’onere di comunicare il cambiamento d’indirizzo del proprio studio, spettando, invece, al notificante effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, salva la legittimità della notifica o comunicazione dell’atto presso la segreteria della commissione tributaria ai sensi del medesimo art. 17, comma 3, in caso di esito negativo di tali indagini (Cass. n. 13238/2016)”;

che nel caso di specie non solo le indagini erano state eseguite con esito positivo, ma la notificazione presso la segreteria della Ctr è stata operata in una situazione di oggettiva conoscenza del nuovo indirizzo del domiciliatario persino confermata dall’agente notificatore nella relazione di notificazione;

che senza che sia necessario dilungarsi ulteriormente sull’ambito di applicazione della norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, in esame, è certo che non può farsi ricorso alla notificazione mediante deposito presso la segreteria della Commissione tributaria in una situazione di certezza del nuovo indirizzo del difensore domiciliatario, essendo in tal caso irrilevante l’eventuale rifiuto del domiciliatario di ricevere l’atto (cfr. Cass. n. 7938/2016);

che all’inopinata scelta dell’Agente notificatore di non portare a compimento la notificazione nel nuovo indirizzo del difensore domiciliatario l’Amministrazione ha creduto di poter ovviare depositando il ricorso in appello presso la segreteria della Commissione tributaria regionale ai sensi dell’art. 17, comma 3, cit.;

che in questo senso la notificazione mediante deposito dell’atto presso la segreteria della Ctr è certamente affetta da nullità, in quanto eseguita in assenza delle condizioni che consentivano il ricorso a tale particolare modalità della stessa notificazione;

che ne consegue da ciò l’ammissibilità del presente ricorso, potendosi certamente presumere che la nullità della notificazione, in rapporto alla ragione che l’ha determinata, abbia nella specie impedito al contumace la conoscenza del processo (è stato chiarito che anche con riferimento al ricorso per cassazione oltre il termine ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, la prova della mancata conoscenza del processo, che spetta al contumace, fornire può essere data anche tramite presunzioni: Cass. n. 19225/2007);

che si rileva che il presente ricorso per cassazione è stato proposto nel rispetto del termine lungo di un anno (ex art. 327 c.p.c. applicabile ratione temporis) decorrente dalla conoscenza della sentenza d’appello, che si è avuta in coincidenza con notificazione della cartella di pagamento, che la parte indica come avvenuta il 12 novembre 2009 (il ricorso è stato spedito il 14 dicembre 2010) (Cass. n S.U., n. 4196/1990; n. 17236/2013);

che, nello stesso tempo, la ritenuta nullità della notifica dell’atto d’appello comporta la nullità del relativo procedimento e della sentenza che lo concluse, a causa del mancato rispetto del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.);

che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ai sensi del combinato disposto del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 62c.p.c., comma 2, e art. 382c.p.c., comma 3, secondo periodo, in quanto il processo non poteva essere proseguito in appello, per inammissibilità dell’atto introduttivo del gravame (Cass. n. 7608/2000), con compensazione delle spese del giudizio di merito.

PQM

 

accoglie il ricorso; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna la controricorrente, al pagamento, in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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