Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24125 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/10/2017, (ud. 04/07/2017, dep.13/10/2017),  n. 24125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 632/2011 R.G. proposta da:

BA.CO. GAS. S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. PELLEGRINO

ROCCO, con domicilio eletto in Roma, presso Benedetta Pellegrino

Cocchi, via dei Faggella 4/d;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 201/17/09, depositata il 13 novembre 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2017

dal Consigliere Tedesco Giuseppe.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Ba.Co.Gas s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr), che ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta rigettato il ricorso della contribuente contro avviso di accertamento di maggiori ricavi per l’anno di imposta 2003;

che la Ctr ha ritenuto corretto, nel metodo e nel risultato, la ricostruzione induttiva del reddito operata nel caso di specie dall’Amministrazione finanziaria;

che il ricorso, cui l’Agenzia delle entrate ha reagito con controricorso, è proposto sulla base di un unico motivo, con il quale la ricorrente censura la sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sotto il seguente profilo: nel giudizio di appello, la contribuente, odierna ricorrente, aveva dedotto il difetto di motivazione della sentenza di primo grado; ciò posto i giudici d’appello avrebbero dovuto motivare su questo punto, mentre hanno ripercorso i punti salienti della vicenda, giungendo per questa via a confermare la sentenza di primo grado;

che il motivo è palesemente inammissibile;

che costituisce principio cardine in tema di impugnazione che la sentenza d’appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado: il che significa che il giudice di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, può, senza violare il principio del contraddittorio, anche d’ufficio sostituirne la motivazione che ritenga scorretta, con la conseguenza che, salva l’ipotesi che su taluni punti della controversia la sua indagine sia preclusa per essersi formata la cosa giudicata, egli può non soltanto pervenire a diverse conclusioni in base ad un diverso apprezzamento dei fatti, ma anche giungere alla medesima soluzione in forza di motivi e di considerazioni che il primo giudice aveva trascurato e cosi sostituire totalmente la propria motivazione a quella della sentenza di primo grado, pur confermandone il contenuto decisorio (Cass. n. 1583/1970);

che è stato anche chiarito che la congruità della motivazione della sentenza del giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni che sono state sottoposte al medesimo, e dallo stesso risolte per decidere la controversia (Cass. n. 2078/1998);

che a tali principi si associa quello che le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, “con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello. (Nella specie la nullità sarebbe derivata dalla totale mancanza di motivazione in diritto nella sentenza di primo grado) (Cass. n. 11537/1996)”.

che sempre in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, ne deriva ancorai” non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado non rilevato dal giudice di appello (Cass. n. 17027/2007);

che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida nell’importo di Euro 2.300,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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