Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24121 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. II, 30/10/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 30/10/2020), n.24121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15487 – 2015 R.G. proposto da:

T.M., – c.f. (OMISSIS) – R.N., –

c.f. (OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtù di procura

speciale in calce al ricorso dall’avvocato Salvatore Catalano, ed

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Portuense, n. 104,

presso Antonia De Angelis;

– ricorrenti –

contro

G.P., – c.f. (OMISSIS) -;

– intimata –

e

F.G., – c.f. (OMISSIS) – (in proprio e quale erede di

M.A.M.), FI.FE. – c.f. (OMISSIS) – (quale

erede di M.A.M.), F.A.R. – c.f.

(OMISSIS) – (quale erede di M.A.M.);

– intimati –

e

G.G., – c.f. (OMISSIS) – L.G.A.M. – c.f.

(OMISSIS) – (quale erede di L.G.F.),

L.G.D.L.L. – c.f. (OMISSIS) – (quale erede di L.G.F.),

L.G.C.A. – c.f. (OMISSIS) – (quale erede di

L.G.F.);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 711 –

28.3/30.4.2014;

udita la relazione nella camera di consiglio del 16 luglio 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato in data 17.4.2003 T.M. e R.N. citavano a comparire innanzi al Tribunale di Palermo G.P. nonchè F.G. ed M.A.M..

Premettevano che erano comproprietari dell’appartamento al primo (ed ultimo) piano del fabbricato – antecedentemente costruito da L.G.F. e Ga.Gi. su terreno di loro proprietà – in (OMISSIS); che l’appartamento al piano terra era di proprietà dei coniugi F.G. ed M.A.M.; che il seminterrato era di proprietà di G.P.; che la corte circostante il fabbricato con la strada privata di accesso era di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari.

Premettevano che L.G.F. e Ga.Gi., proprietari altresì del terreno più a valle, vi avevano costruito un identico edificio; che l’appartamento al primo piano di tale edificio, unitamente a quota indivisa della circostante corte, era di proprietà, per acquisto fattone dai costruttori con atto per notar Z. del 27.5.1993, di G.P..

Premettevano che alla corte circostante il fabbricato ubicato a monte, ove era ricompreso il loro appartamento, si accedeva mediante una stradella che si dipartiva dalla pubblica via ed attraversava per un tratto la corte circostante l’edificio ubicato a valle.

Indi esponevano che nel rogito per notar Z. in data 27.5.1993 i venditori L.G.F. e Ga.Gi. avevano dichiarato esistente una servitù di passaggio e di sosta a favore del fondo su cui insisteva l’edificio a valle, ove era ricompreso l’appartamento con lo stesso rogito acquistato dalla G., ed a carico del fondo su cui insisteva l’edificio a monte, ove era ricompreso l’appartamento di proprietà di essi attori, segnatamente su di una striscia di terreno larga tre metri e lunga tredici metri e sulla corte circostante l’edificio a monte.

Esponevano inoltre che nel rogito per notar C. del 20.11.1992, con cui i costruttori, L.G.F. e Ga.Gi., avevano venduto a T.F. ed a Ca.Ma.Au., danti causa di essi attori, l’appartamento al primo (ed ultimo) piano del fabbricato a monte e la quota di comproprietà della corte circostante, i medesimi costruttori – alienanti avevano dichiarato che la corte era libera da vincoli, pesi pregiudizievoli e diritti di terzi.

Chiedevano – tra l’altro – dichiararsi l’inesistenza della servitù di passaggio e di sosta indicata a pagina 4 del rogito Z. in data 27.5.1993; in subordine, dichiarare l’inesistenza della servitù previa declaratoria di nullità della clausola di cui al rogito Z.; il tutto con ogni susseguente ordine al competente conservatore dei registri immobiliari.

1.2. Si costituiva G.P..

1.3. Venivano dichiarati contumaci i coniugi F. – M..

1.4. Si costituivano – chiamati in causa da G.P. – Ga.Gi. nonchè L.G.A.M., L.G.D.L.L. e L.G.C.A., eredi di L.G.F..

2. All’esito dell’istruzione probatoria con sentenza del 5.2.2007 il Tribunale di Palermo dichiarava sussistente la servitù di passaggio e di sosta in favore del fondo (su cui insisteva l’edificio a valle, ove era ubicato l’appartamento) acquistato da G.P. con il rogito Z. ed a carico della corte comune circostante il fabbricato a monte.

3. Proponevano appello T.M. e R.N..

3.1. Resisteva G.P.; esperiva appello incidentale.

3.2. Resisteva Ga.Gi..

3.3. Venivano dichiarati contumaci F.G. e M.A.M., L.G.A.M., L.G.D.L.L. e L.G.C.A..

4. Con sentenza n. 711/2014 la Corte d’Appello di Palermo – per quel che rileva in questa sede – rigettava il secondo motivo del gravame esperito da T.M. e R.N..

Evidenziava la corte che l’immobile oggetto del rogito C. in data 20.11.1992 risultava comunque alienato “con accessione e pertinenza, dipendenza, servitù attive e passive e queste ultime se legalmente costituite o trascritte”.

Evidenziava quindi che la lettura coordinata delle clausole del rogito Z. del 27.5.1993 e del rogito C. del 20.11.1992 induceva a reputare irrilevante la circostanza che in tal ultimo atto non si facesse menzione di alcuna servitù di passaggio e di sosta e rilevante viceversa la circostanza che nell’atto Z. la parte venditrice avesse dichiarato l’esistenza di una servitù attiva di passaggio e di sosta.

5. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso T.M. e R.N.; ne hanno chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

G.P. non ha svolto difese.

Del pari non hanno svolto difese F.G. (in proprio e quale erede di M.A.M.) nonchè F.F. ed F.A.R. (entrambi quali eredi di M.A.M.).

Parimenti non hanno svolto difese Ga.Gi. nonchè L.G.A.M., L.G.D.L.L. e L.G.C.A. (questi ultimi quali eredi di L.G.F.).

6. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1027 c.c., comma 2, art. 1346 c.c., comma 3, art. 1418 c.c., comma 4.

Deducono che la corte d’appello ha riconosciuto in favore di G.P. una servitù di sosta o parcheggio che non è configurabile; che invero il diritto di sosta si risolve in un vantaggio personale non già in una utilitas per il fondo.

Deducono quindi che la clausola del rogito Z., ove siffatta pretesa servitù è prefigurata, è nulla.

7. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1108 c.c., comma 3, artt. 1139,1325,1326 e 1418 c.c.

Deducono che la corte d’appello non ha tenuto conto che, ai fini della costituzione della pretesa servitù di passaggio e di sosta a carico della corte comune circostante il fabbricato a monte, sarebbe stato necessario, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, applicabile al condominio in virtù del rinvio di cui all’art. 1139 c.c., il consenso di tutti i condomini.

Deducono quindi che, in mancanza, la clausola di cui al rogito Z. è nulla, siccome difetta la volontà di tutti i soggetti abilitati a dar vita alla servitù sul fondo comune.

8. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2645 e 2646 c.c.

Deducono che, in ogni caso, ai fini dell’opponibilità ad essi ricorrenti, sarebbe stato necessario che l’atto costitutivo della pretesa servitù fosse stato trascritto in data antecedente alla trascrizione del titolo d’acquisto – il rogito C. del 20.11.1992 – dei loro danti causa ovvero, in alternativa, che il titolo d’acquisto dei loro danti causa menzionasse la pretesa servitù specificamente, in tutti gli elementi idonei ad individuarla.

Deducono quindi che della imprescindibile antecedente trascrizione dell’atto costitutivo dell’asserita servitù non si ha riscontro.

Deducono quindi che la clausola “l’immobile viene venduto ed accettato con accessione e pertinenza, dipendenza, servitù attive e passive e queste ultime se legalmente costituite o trascritte”, che si rinviene nel rogito C., non ha alcuna valenza ai fini dell’opponibilità dell’asserita servitù.

9. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2700,2730 c.c. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.

Deducono che la corte d’appello non ha esplicitato le ragioni per cui la dichiarazione resa nel rogito Z. in data 27.5.1993 da L.G.F. e Ga.Gi. valga a dar probatorio riscontro dell’esistenza della servitù, tanto più che essi ricorrenti, e prima ancora i loro danti causa, sono a tale rogito del tutto estranei.

Deducono che era onere in ogni caso di G.P. dar dimostrazione della pretesa non trascritta servitù.

10. Preliminarmente si dà atto che, in ottemperanza all’ordinanza assunta all’esito dell’adunanza camerale del 15.4.2019, i ricorrenti hanno provveduto, il 29.7.2019, nell’accordato termine di centoventi giorni, a rinnovare la notificazione del ricorso a L.G.C.A. (tanto a prescindere dall’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, in materia di procedimento civile, l’actio confessoria o l’actio negatoria servitutis dirette – nell’ipotesi che il fondo dominante o quello servente o entrambi appartengano “pro indiviso” a più proprietari – soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesti o ne impedisca l’esercizio, l’esistenza della servitù o a conseguire la cessazione delle molestie, non danno luogo a litisconsorzio necessario, nè dal lato attivo nè da quello passivo; solo qualora sia domandato anche un mutamento dello stato di fatto dei luoghi, mediante la demolizione di manufatti o di costruzioni, che incida su di un rapporto inscindibilmente comune a più soggetti, l’azione deve essere esperita nei confronti di tutti i proprietari, giacchè solo in tal caso la sentenza, ove non avesse efficacia nei confronti di tutti, risulterebbe ineseguibile e, pertanto, “inutiliter data”: cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8261; Cass. (ord.) 6.4.2016, n. 6622).

11. Il primo motivo di ricorso va respinto.

12. Questa Corte spiega, alla stregua dei suoi più recenti e condivisibili insegnamenti, che, in tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione (cfr. Cass. 6.7.2017, n. 16698; Cass. 18.3.2019, n. 7561).

13. Su tale scorta si evidenzia che il mezzo di impugnazione in disamina non riproduce il testo, nella sua interezza, del rogito Z. del 27.5.1993.

Cosicchè è preclusa a questa Corte la possibilità di acclarare in maniera puntuale e compiuta l’eventuale mancata attribuzione della “servitù attiva di passaggio e di sosta su quella striscia di terreno larga circa metri tre e lunga circa metri tredici limitrofa al piccolo appezzamento di terreno di pertinenza dell’immobile alienato” a vantaggio del fondo a valle, preteso fondo dominante, e dell’appartamento acquistato da G.P., ricompreso nel manufatto edificato sul fondo a valle.

In tal guisa, propriamente, il primo motivo di ricorso difetta di specificità ed “autosufficienza” (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048, secondo cui il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti, indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso; la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile; cfr. Cass. 12.12.2014, n. 26174; Cass. sez. lav. 7.2.2011, n. 2966; Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, ove si soggiunge che l’inammissibilità prevista dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti).

14. Il secondo motivo di ricorso è fondato e va accolto.

15. Si impone una previa puntualizzazione.

La Corte di Palermo ha propriamente ancorato il riscontro della servitù di passaggio e di sosta, nel quadro dell’esegesi coordinata delle clausole del rogito Z. del 27.5.1993 e del rogito C. del 20.11.1992, sic et simpliciter alla dichiarazione – “la parte venditrice dichiara l’esistenza di una servitù attiva di passaggio e di sosta su quella striscia di terreno larga circa metri tre e lunga circa metri tredici limitrofa al piccolo appezzamento di terreno di pertinenza dell’immobile alienato” – dei venditori L.G.F. e Ga.Gi. contenuta nel rogito Z., dichiarazione che, a giudizio della corte palermitana, “appare di inequivoco valore probatorio circa l’esistenza delle servitù in oggetto in precedenza costituite dai proprietari” (così sentenza d’appello, pag. 10).

Più esattamente, la surriferita dichiarazione ricognitiva dei venditori, meri comproprietari (per effetto dell’antecedente rogito C.) alla data del rogito Z. del fondo a monte, preteso servente, è stata dalla corte di merito reputata ex se esaustivamente concludente ai fini del probatorio riscontro della servitù di passaggio e di sosta per cui è controversia.

15.1. E’ ben vero, certo, che con il secondo motivo dell’appello principale (dalla corte distrettuale puntualmente respinto: cfr. sentenza d’appello, pag. 10) T.M. e R.N. avevano specificamente prefigurato che fosse da escludere che la servitù ex adverso pretesa fosse stata costituita per destinazione del padre di famiglia (cfr. sentenza d’appello, pagg. 3 – 4).

E’ ben vero, certo, che G.P., dal canto suo, aveva prospettato che una servitù apparente preesistesse al rogito C. del 20.11.1992 (cfr. sentenza d’appello, pag. 6). E che Ga.Gi., a sua volta, aveva addotto che il tribunale, alla stregua delle dichiarazioni rese dal teste D.S.M., avesse opinato per la costituzione della servitù de qua agitur per destinazione del padre di famiglia (cfr. sentenza d’appello, pagg. 7 – 8).

E tuttavia l’oggettivo tenore, letterale e logico, del surriferito rilievo motivazionale della statuizione di seconde cure dà ragione della valenza esaustiva e concludente che la corte d’appello ha inteso attribuire – come tale, di per sè – alla surriferita dichiarazione ricognitiva dei venditori, sicchè alla proiezione di siffatta dichiarazione è senza dubbio estraneo il diretto accertamento della costituzione della servitù de qua agitur per destinazione del padre di famiglia.

16. In questo quadro, segnato dunque dalla valenza esaustiva e concludente – ex se – che la corte territoriale ha inteso accordare alla dichiarazione ricognitiva dei venditori L.G.F. e Ga.Gi. figurante nel rogito Z. del 27.5.1993, non interferisce quindi l’insegnamento di questa Corte, in virtù del quale il principio secondo cui la sentenza di appello assorbe e sostituisce quella di primo grado – sicchè la portata della pronuncia confermativa va desunta dai limiti fissati dalla nuova motivazione – trova applicazione solo quando il dispositivo della decisione di merito contenga una pronuncia di accertamento o di condanna e non è invece estensibile al caso in cui il dispositivo non abbia contenuto precettivo ma si limiti al rigetto della domanda o del gravame (cfr. Cass. 16.10.2006, n. 22148, Cass. 14.2.2003, n. 2271).

Ciò viepiù che la corte palermitana ha, sì, respinto il secondo motivo dell’appello principale esperito dai coniugi T. – R. e però ha, comunque, parzialmente riformato la sentenza di prime cure.

17. Nel solco dell’operata previa puntualizzazione si rimarca quanto segue.

18. In primo luogo, contrariamente all’assunto della corte siciliana, la clausola figurante nel rogito C. del 20.11.1992, a tenor della quale l’appartamento al primo (ed ultimo) piano del fabbricato a monte e la quota di comproprietà sulla corte circostante venivano alienati (da L.G.F. e Ga.Gi. a T.F. ed a Ca.Ma.Au.) “con accessione e pertinenza, dipendenza, servitù attive e passive e queste ultime se legalmente costituite o trascritte”, di certo non valeva nè a dar riscontro di preesistenti servitù nè a costituire servitù a favore del terreno a valle.

18.1. Non valeva a dar riscontro di preesistenti servitù, siccome – in ogni caso – in data antecedente al 20.11.1992, di del rogito C., il preteso fondo servente, a monte, ed il preteso fondo dominante, a valle, appartenevano agli stessi proprietari, ossia a L.G.F. ed a Ga.Gi..

Cosicchè in epoca antecedente al rogito C. era appieno operante il principio “nemini res sua servit”.

18.2. Non valeva la summenzionata clausola figurante nel rogito C. a costituire servitù a favore del terreno a valle, siccome la medesima clausola era a tal fine evidentemente “insufficiente” (cfr. Cass. 30.1.1985, n. 528, secondo cui, ai fini della costituzione di una servitù prediale non è indispensabile la specifica indicazione nel titolo della volontà delle parti di costituire la servitù, nè dei fondi dominante e servente, nè della misura del peso e della specifica funzione dell’utilità, essendo sufficiente che dalla ubicazione dei fondi, dalla natura e destinazione degli stessi e da ogni altro utile elemento possa desumersi con certezza la costituzione della servitù e la individuazione dei fondi da questa interessati).

Ciò viepiù che con il rogito C. i venditori avevano garantito gli acquirenti che sui cespiti compravenduti “non gravano vincoli, pesi pregiudizievoli, diritti di terzi, canoni arretrati di imposta e tasse nè ipoteche”.

19. In secondo luogo, contrariamente del pari all’assunto della corte d’appello, la clausola ricognitiva figurante nel rogito Z. del 27.5.1993, alla cui stregua “la parte venditrice dichiara l’esistenza di una servitù attiva di passaggio e di sosta su quella striscia di terreno larga circa metri tre e lunga circa metri tredici limitrofa al piccolo appezzamento di terreno di pertinenza dell’immobile alienato”, analogamente e di certo, non valeva nè a dar riscontro di preesistenti servitù nè contestualmente a costituire servitù a favore del terreno a valle.

19.1. Non valeva a dar ricognitivo riscontro di preesistenti servitù, siccome – in ogni caso – sarebbe stato necessario a tal fine il concorso della volontà di tutti i comproprietari del fondo a monte, preteso servente, ossia il concorso della volontà, di cui viceversa non si ha prova, pur di T.F. e di Ca.Ma.Au., danti causa dei ricorrenti, comproprietari, alla data – 27.5.1993 – del rogito Z., per effetto dell’antecedente rogito C. del 20.11.1992, appunto, del fondo a monte.

Tanto, beninteso, a prescindere dalla mancata riproduzione nel codice civile del 1942 dell’atto di ricognizione previsto dall’art. 634 c.c. del 1865 (cfr. Cass. 2.5.2013, n. 10238, secondo cui l’atto ricognitivo unilaterale di servitù previsto con efficacia costitutiva dall’art. 634 c.c. abrogato non è contemplato dal codice vigente, e non vale a determinare quella presunzione di esistenza del diritto ricollegata alla ricognizione di debito dall’art. 1988 c.c., essendo questa norma inapplicabile ai diritti reali; nè lo stesso può configurare un atto di ricognizione, con gli effetti di cui all’art. 2720 c.c., in ipotesi di preteso acquisto della servitù per usucapione o, in alternativa, per destinazione del padre di famiglia, giacchè in tali casi fa difetto il titolo, costituito dal documento precedente, di cui si prova l’esistenza ed il contenuto mediante il riconoscimento; Cass. 24.8.1990, n. 8660; Cass. 4.5.1978, n. 2079 (Rv. 391450-01); Cass. 4.5.1978, n. 2079 (Rv. 391451-01)).

19.2. Non valeva la summenzionata clausola ricognitiva figurante nel rogito Z. a costituire servitù a favore del terreno a valle, siccome, ai fini della costituzione della pretesa servitù di passaggio e sosta, sarebbe stato imprescindibile, in virtù del combinato disposto dell’art. 1139 c.c. e art. 1108 c.c., comma 3, il concorso della volontà di tutti i comproprietari del fondo a monte, preteso servente, ossia il concorso della volontà, di cui viceversa non si ha prova, pur di T.F. e di Ca.Ma.Au., danti causa dei ricorrenti, comproprietari – lo si è anticipato – alla data del rogito Z., per effetto dell’antecedente rogito C., del fondo a monte.

Del resto l’art. 1059 c.c., comma 1, dispone che “la servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non è costituita se non quando gli altri l’hanno anch’essi concessa unitamente o separatamente”.

20. Ovviamente, contrariamente all’assunto della corte d’appello, nessun risultato, in termini di riscontro di preesistenti servitù ovvero di costituzione di servitù a favore del terreno a valle, poteva e può sortire pur la lettura coordinata delle clausole del rogito C. del 20.11.1992 e della clausola del rogito Z. del 27.5.1993.

21. Il terzo motivo di ricorso del pari è fondato e va accolto.

22. Vanno appieno condivisi e recepiti i rilievi – summenzionati – dei ricorrenti, in toto aderenti agli insegnamenti di questa Corte (cfr. Cass. 31.8.2018, n. 21501, secondo cui la servitù volontariamente costituita, per essere opponibile all’avente causa dell’originario proprietario del fondo servente, deve essere stata trascritta o espressamente menzionata nell’atto di trasferimento al terzo del fondo medesimo, rimanendo, altrimenti, vincolante solo tra le parti; Cass. 28.1.1999, n. 757, secondo cui al terzo acquirente di un fondo servente la servitù prediale è opponibile soltanto se il titolo costitutivo di essa è trascritto, ovvero se è menzionata nell’atto di trasferimento, ancorchè indirettamente attraverso il richiamo alla situazione dei luoghi, ma inequivocabilmente, e non con clausole generiche o di mero stile).

23. Più esattamente la corte di merito non ha dato riscontro dell’avvenuta trascrizione in data antecedente alla trascrizione del rogito C. del 20.11.1992 (titolo di acquisto dei danti causa dei ricorrenti) dell’atto costitutivo della pretesa servitù.

Più esattamente la corte di merito non ha dato riscontro della circostanza che il rogito C. del 20.11.1992 ed il rogito R. del 28.6.2002 (titolo di acquisto dei ricorrenti) menzionassero la pretesa servitù specificamente, in tutti gli elementi sufficienti ad individuarla.

24. Si è anticipato che la corte distrettuale ha inteso attribuire valenza esaustiva e concludente – come tale, di per sè – alla dichiarazione ricognitiva dei venditori figurante nel rogito Z. del 27.5.1993, sicchè alla proiezione di siffatta dichiarazione è estraneo il diretto accertamento della costituzione della servitù de qua agitur per destinazione del padre di famiglia.

Su tale scorta non esplica valenza nel caso di specie l’insegnamento – destinato ad operare anche con riferimento all’acquisto di una servitù apparente per destinazione del padre di famiglia, siccome acquisto a titolo originario (cfr. Cass. 9.11.1966, n. 2746) – di questa Corte a tenor del quale, in tema di trascrizione, il conflitto fra l’acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto, nel regime ordinario del codice civile, a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dall’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall’art. 2644 c.c., con riferimento agli atti indicati nell’art. 2643 c.c., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente fra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa (cfr. Cass. 3.2.2005, n. 2161).

25. Il buon esito del secondo e del terzo motivo di ricorso, ovvero il riscontro degli errores in iudicando con tali mezzi di impugnazione denunciati, assorbe e rende vana la disamina del quarto motivo.

26. In accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 711 – 28.3/30.4.2014 va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello in diversa composizione.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1 – del principio di diritto, al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio, può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte dapprima citati in sede di disamina del secondo e del terzo motivo di ricorso.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

27. Il ricorso è (parzialmente) da accogliere; non sussistono pertanto i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis medesimo D.P.R..

P.Q.M.

La Corte così provvede:

accoglie il secondo motivo di ricorso ed il terzo motivo di ricorso, in tal guisa assorbita la disamina del quarto motivo di ricorso;

cassa, in relazione e nei limiti degli accolti motivi, la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 711 – 28.3/30.4.2014 e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

rigetta il primo motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. Seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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