Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24117 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/10/2017, (ud. 02/10/2017, dep.13/10/2017),  n. 24117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. SCARLINI Enrico Valerio – Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere –

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi riuniti iscritti ai numeri 30330, 30335 e 30339 del ruolo

generale del 2011 rispettivamente proposti da:

s.a.s. Campania Milk di M.V. & C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, L.M., M.V.,

rappresentati e difesi, giusta procure speciali a margine dei

ricorsi, dall’avv. Tullio Elefante, presso lo studio del quale in

Roma, alla via Cardinal de Luca, n. 10, elettivamente si

domiciliano;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente nei giudizi iscritti ai nn. 30330 e 30339 del

2011, intimata nel giudizio iscritto al n. 30335/11 –

per la cassazione delle sentenze della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositate in data 18 febbraio 2011, nn.

45/31/11, 46/31/11, 47/31/11;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 2

ottobre 2017 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

udito per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Pasquale Pucciariello;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto dei

ricorsi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società ricorrente ha impugnato l’avviso col quale l’Agenzia delle entrate ha accertato maggiore imponibile ai fini delle imposte dirette, dell’irap e dell’iva, scaturente dall’indebito utilizzo di fatture passive per operazioni inesistenti intercorse con una società cartiera, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale.

Di contro, quella regionale ha accolto l’appello dell’Ufficio, facendo leva sulla natura di cartiera dell’apparente alienante.

Contro questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Con separati avvisi l’Agenzia ha accertato il reddito di partecipazione ai fini irpef di M.V. e di L.M., rispettivamente soci di s.a.s. Campania Milk nella misura del 95% e del 5%, per effetto dell’accertamento avvenuto nei confronti della società.

Entrambi i soci hanno impugnato l’avviso loro rispettivamente notificato, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Di contro quella regionale ha accolto l’appello dell’Ufficio, facendo leva sulla sorte del giudizio nei confronti della società.

Anche in questi casi i contribuenti propongono distinti ricorsi per ottenere la cassazione delle sentenze, che affidano ciascuno a due motivi, che illustrano con memoria, cui l’Agenzia reagisce con controricorso nel giudizio iscritto al n. 30339/11.

La trattazione dei giudizi proviene da rinvio a nuovo ruolo, disposto al fine di propiziarne la trattazione congiunta, in vista della quale L.M. ha depositato ulteriore memoria.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va disposta la riunione dei tre ricorsi, perchè oggettivamente e soggettivamente connessi.

2.- La riunione dei giudizi esclude la fondatezza del primo motivo dei ricorsi, col quale società e soci denunciano la mancata integrazione del contraddittorio pur vertendosi in tema di litisconsorzio necessario.

E ciò in applicazione dell’indirizzo di questa Corte (tra varie, Cass. 16 gennaio 2015, n. 673), di cui ricorrono i presupposti, secondo il quale nell’ipotesi in cui siano stati incardinati simultaneamente diversi giudizi di merito, relativi, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone e alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, qualora tali giudizi si fondino su identiche difese e vengono trattati contemporaneamente, nonostante la configurabilità del litisconsorzio necessario originario tra società e soci, non dovrà dichiararsi la nullità del giudizio reso a contraddittorio non integro, potendosi disporre la riunione dei giudizi per connessione oggettiva, sanando in tal modo il difetto di litisconsorzio necessario originario.

3.- Il secondo motivo del ricorso iscritto al n. 30330/11 col quale la società si duole dell’omessa o insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo della natura di cartiera della dante causa della contribuente è inammissibile, perchè non congruente rispetto al contenuto della decisione.

Diversamente da quanto dedotto in ricorso, difatti, la motivazione della sentenza impugnata non consta esclusivamente della considerazione secondo cui “…appare strano che la società contribuente non conoscesse la natura “cartiera” della Tradizioni Alimentari s.r.l., per cui la pretesa dell’Ufficio appare più che legittima e fondata”.

3.1.- La frase in questione è soltanto la conclusione del ragionamento svolto, che dà conto degli elementi dedotti a suo sostegno, ossia del fatto che la sede della società corrispondeva all’abitazione di tal C.G., che non conosceva la società, che l’ufficio/deposito dichiarato era privo di misure idonee alla conservazione, al deposito ed al trasporto di merci alimentari, nonchè privo di personale dipendente, che la sede in Sant’Anastasia era usata come mero recapito postale e che, soprattutto, “…le fatture ai fornitori tedeschi venivano pagate con assegni bancari della società contribuente”, ossia di s.a.s. Campania Milk.

Con la censura in questione, dunque, la società mira ad ottenere una rilettura delle risultanze processuali, inibita a questa Corte.

4.- Infondato è anche il secondo motivo degli ulteriori due ricorsi, col quale i contribuenti si dolgono della nullità delle sentenze impugnate, per violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 124 disp. att. c.p.c., rimarcando che la sentenza concernente la società allorquando sono state pronunciate quelle riguardanti i soci non era divenuta definitiva.

Il giudice d’appello non ha fatto applicazione di un giudicato inesistente, ma ha condiviso le ragioni poste a sostegno della sentenza riguardante la società.

5.- Va tuttavia fatta applicazione, come sollecitato nelle memorie, in relazione alle imposte dirette ed all’irap, dello ius superveniens introdotto dal D.L. n. 16 del 2012, art. 8 come convertito, in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale (tra varie, vedi Cass., ord. 7 dicembre 2016, n. 25249) giusta la L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 40 bis, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 10, conv., con modif., dalla L. n. 44 del 2012, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o detenffinabilità.

Norma, questa, applicabile anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’irap, come da essa espressamente stabilito.

6.- La sentenza va in conseguenza cassata, con rinvio delle tre sentenze impugnate e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, affinchè verifichi l’esistenza di tali parametri e regoli le spese.

PQM

 

la Corte:

dispone la riunione dei ricorsi, ne rigetta i motivi, ma pronunciando su di essi, cassa le sentenze impugnate nei limiti di cui in motivazione e rinvia per tale profilo e per la regolazione delle spese alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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