Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24112 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. III, 07/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 07/09/2021), n.24112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33759/19 proposto da:

-) A.B., elettivamente domiciliato a Milano, v. Lamarmora

n. 42, presso l’avvocato Stefania Santilli, che lo difende in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 8.4.2019 n. 1567;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.3.2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. A.B., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle pressioni degli abitanti del suo villaggio, i quali pretendevano che egli, di fede (OMISSIS), si convertisse e praticasse il culto degli idoli.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento A.B. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che la rigettò con ordinanza 9.1.2018.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza 8.4.2019 n. 1567.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”, né tale vulnerabilità poteva discendere dalla situazione sociopolitica della (OMISSIS), e tanto meno dai lavori o dai corsi di lingua svolti dal richiedente in Italia, in quanto insufficienti.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.B. con ricorso fondato su cinque motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo depositato un “atto di costituzione”, al fine di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Col primo motivo il ricorrente, formalmente prospettando sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame di un fatto decisivo, lamenta la “omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione-travisamento ed omessa valutazione di tutti gli elementi di fatto e della situazione sociopolitica della (OMISSIS)”.

Il motivo, se pur formalmente unitario, contiene plurime censure così riassumibili:

a) la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto inattendibile il racconto della richiedente asilo;

b) la Corte d’appello non ha indagato ex officio ed acquisito elementi per accertare sia la veridicità del racconto del richiedente, sia la reale situazione sociopolitica della (OMISSIS);

c) la Corte d’appello ha sorretto la propria decisione con una motivazione stereotipata e apparente.

1.1. Tutte e tre le censure sopra riassunte sono manifestamente infondate. Quanto alla prima censura, lo stabilire se una persona sia attendibile od inattendibile è un apprezzamento di fatto, non una valutazione in diritto: ed in quanto tale sfugge al sindacato di questa Corte.

Ne’ a tale secolare principio deroga la legislazione speciale in materia di protezione internazionale.

Il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, infatti, non impone affatto al Giudicante al contrario di quanto mostra di ritenere il ricorrente – l’obbligo di credere al richiedente asilo, quando questi abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua domanda e non abbia potuto fornire ulteriori prove senza colpa.

Il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, impone al giudice soltanto l’obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate, ed in particolare di stabilire “se le dichiarazioni del richiedente (siano) coerenti e plausibili” (D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. (c));

Da ciò discendono tre conseguenze:

-) la prima è che il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, non potrà mai dirsi violato sol perché il giudice di merito abbia ritenuto inattendibile un racconto od inveritiero un fatto;

-) la seconda è che il giudizio sulla credibilità del richiedente asilo non è affatto a rime obbligate, e non sussiste alcun “diritto ad essere creduti” sol perché si sia presentata una domanda di asilo il prima possibile o si sia fornito un racconto circostanziato (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20580 del 31/07/2019, Rv. 654946 – 01);

-) la terza è che il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. (c), lascia libero il giudice di merito di credere o non credere al richiedente asilo, secondo il suo prudente apprezzamento, che in quanto tale non è sindacabile in questa sede (Sez. 1, Ordinanza n. 21283 del 9.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 21128 del 7.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01).

1.2. Quanto alla seconda censura, la ritenuta inattendibilità soggettiva del richiedente asilo esonerava la Corte da qualsiasi dovere di cooperazione istruttoria, con riferimento alla domanda di asilo ed a quella di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b).

Con riferimento, invece, alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la Corte d’appello il dovere di cooperazione istruttoria l’ha assolto, indicando le fonti da cui ha tratto le proprie conclusioni (pagina 5 della sentenza impugnata, secondo capoverso, nota 1).

1.3. Quanto alla terza censura, infine, essa è inammissibile alla luce del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, il quale non consente di censurare in sede di legittimità la mera “insufficienza” della motivazione.

In ogni caso la motivazione adottata dalla Corte d’appello, lungi dal rappresentare i vizi denunciati dal ricorrente, è limpida e coerente: la protezione sussidiaria non spetta al ricorrente perché non è credibile quando afferma di essere perseguitato; non gli spetta altresì perché nella regione di sua provenienza non c’e’ una guerra in atto; non gli spetta, infine, la protezione umanitaria perché non ha nemmeno allegato una condizione soggettiva di vulnerabilità.

Di tali valutazioni tutto si può dire, tranne che non siano comprensibili.

2. Col secondo motivo il ricorrente prospetta, formalmente, la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,7,8 e 14, nonché l’omesso esame di fatti decisivi. Al di là di tale intitolazione, nel motivo si sostiene la seguente tesi: che la sentenza impugnata sarebbe viziata perché il ricorrente “ha a buon diritto fondato timore di subire atti persecutori in (OMISSIS)”, con la conseguenza che “le norme la cui interpretazione è richiesta ben si attagliano al caso di specie ed avrebbero dovuto portare ad acclarare lo status di rifugiato dell’odierno ricorrente”.

2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto totalmente privo sinanche della forma di una ragionata critica in punto di diritto alla decisione impugnata.

Il ricorrente, infatti, in esso si limita a sostenere la seguente singolare tesi: poiché il diritto all’asilo lui l’aveva, male avrebbe fatto la Corte d’appello a negarglielo.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3; nonché l’omesso esame d’un fatto decisivo.

Anche questo motivo contiene due censure.

Con una prima censura il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel negare la protezione sussidiaria “al P.” (si ignora chi sia questo P.); e che altresì avrebbe errato nel ritenere non veritiera la circostanza che il richiedente, in caso di rimpatrio, possa essere “arrestato o torturato dalla polizia (come lo stesso raccontato di essere già successo) o di essere ucciso dallo zio”.

Con una seconda censura (pp. 25-26) il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello avrebbe escluso la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, senza indicare specificatamente le fonti dalle quali ha tratto la suddetta conclusione.

3.1. La prima censura è manifestamente inammissibile.

Il ricorrente si duole, infatti, del rigetto della domanda formulata da una persona diversa da lui; e si duole poi dell’omesso esame di circostanze totalmente diverse da quelle poste a fondamento della domanda, per come riferite dallo stesso ricorrente a pagina 3 del proprio ricorso.

3.2. La seconda delle suesposte censure è manifestamente infondata: la Corte d’appello ha basato le proprie conclusioni circa l’insussistenza di una situazione di guerra in (OMISSIS) su un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (così la sentenza, pagina 5, secondo capoverso): e dunque una fonte aggiornata ed attendibile.

4. Col quarto motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe “male interpretato la legge”, e di conseguenza erroneamente rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, “omettendo di considerare tutti quegli aspetti della vicenda dell’odierno ricorrente che ben si attagliano al concetto di motivi umanitari: la persecuzione per il credo (OMISSIS) e per il diniego della religione animista; il rischio di essere esposto a conflitti armati sempre presenti nel territorio (OMISSIS); il rischio di subire violenze, ripercussioni, sparizione per mano della comunità di credo animista”.

4.1. Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità.

In primo luogo, è inammissibile per difetto di decisività, in quanto prescinde dalla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata: questa, a pagina 5, secondo capoverso, afferma che nel caso di specie l’appellante non aveva “nemmeno allegato specifiche condizioni soggettive” di vulnerabilità.

Il ricorrente tuttavia non ha impugnato questa statuizione, né il ricorso indica se, in quale atto ed in quali termini, avesse prospettato, in grado di appello, la sussistenza di condizioni di vulnerabilità ulteriori e diverse rispetto alle vicende poste a fondamento della domanda di protezione sussidiaria.

Sicché, una volta esclusa la veridicità di queste ultime, correttamente la corte d’appello ha escluso la sussistenza di ulteriori profili di vulnerabilità.

5. Col quinto motivo il ricorrente si duole di essersi vista revocare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non è provvedimento suscettibile di essere impugnato per cassazione, in quanto è soggetto alla speciale procedura di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 come già ripetutamente affermato da questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 4315 del 2020).

6. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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