Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24111 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 27/09/2019), n.24111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10708-2018 proposto da:

A.M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della ORTE di CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANDREA CASTIGLIONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALAE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GORIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 3786/2017 del TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – A.M.N. propone ricorso per due mezzi, nei confronti del Ministero degli interni, contro il decreto del 27 febbraio 2018 con cui il Tribunale di Trieste ha respinto la sua opposizione avverso il diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione intimata non spiega difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione ovvero erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), e omessa motivazione in ordine all’esistenza di un danno grave secondo il parametro del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 2 a 6 e art. 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e degli artt. 2 e 3 CEDU.

Il secondo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360, numeri 3 e 5, violazione delle norme che regolano il diritto alla protezione umanitaria, omessa motivazione, violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c).

Ritenuto che:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

5.1. E’ inammissibile il primo motivo.

Con esso il ricorrente lamenta la mancata attivazione da parte del Tribunale di poteri officiosi oltre all’acquisizione di ogni informazione relativa alla specifica zona di provenienza del richiedente: il che non è per una duplice ragione:

-) anzitutto perchè il Tribunale ha evidenziato come il ricorrente non avesse “addotto alcun motivo per la concessione dello status di rifugato”, non essendosi pertanto concretizzato, in mancanza di allegazione, alcun dovere di cooperazione istruttoria (Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016);

-) in Ogni caso perchè il Tribunale ha affermato, debitamente richiamando il rapporto EASO 2017, che nella zona di provenienza del ricorrente, il (OMISSIS), è oggi considerata tranquilla, e trattasi di accertamento di merito effettuato nel rispetto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per il resto non sindacabile in questa sede.

5.2. E’ inammissibile il secondo motivo.

Si tratta di considerazioni di ordine generale sulla disciplina giuridica della protezione umanitaria, senza alcuno specifico riferimento alla situazione del richiedente, considerazioni dalle quali, cioè, non emerge neppure approssimativamente in che cosa consisterebbe, in specifico, la situazione di vulnerabilità di questi.

Si deve premettere che lo stesso ricorrente ha chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in vista della proposizione del ricorso per cassazione, al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Trieste-, Consiglio che ha dichiarato inammissibile l’istanza per difetto assoluto di indicazione delle ragioni di detta impugnazione, avvertendo il medesimo ricorrente che l’istanza medesima poteva essere proposta al magistrato competente per il giudizio ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 126.

Dopodichè, il ricorrente ha avanzato il rinnovo di istanza di cui si è detto alla Corte di cassazione.

Ma è evidente che non è la Corte di cassazione a dover provvedere in proposito.

Stabilisce il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 124, sotto la rubrica: “Organo competente a ricevere l’istanza” che: “1. L’istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, al consiglio dell’ordine degli avvocati. 2. Il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito. Se procede la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, ovvero le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionali centrali presso la Corte dei conti, il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo ove ha sede il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”.

Lo stesso D.P.R., art. 126, comma 3, soggiunge che: “Se il consiglio dell’ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al magistrato competente per il giudizio” che decide con decreto”.

Dal combinato disposto delle due norme deriva che, ove l’interessato intenda proporre ricorso per cassazione, ed il consiglio dell’ordine competente, ossia quello del luogo ove ha sede non già la Corte di cassazione, bensì il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, non abbia accolto l’istanza, essa va riproposta per l’appunto al magistrato che, ivi, ha emesso il provvedimento impugnato.

Si desume difatti con tutta evidenza dal sistema che la Corte di cassazione non provvede mai sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il che reso è palese dalla previsione dettata in materia di processo penale dal medesimo D.P.R. n. 115 del 2002 art. 93, comma 1, il quale stabilisce che: “L’Istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all’ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se procede la Corte di cassazione, l’istanza è presentata all’ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”; previsione non espressamente ribadita con riguardo al processo civile non già perchè, in tal caso, l’istanza possa essere proposta alla Corte di cassazione, bensì perchè, in detta ipotesi, essa non è proposta affatto, di regola, al giudice, ma al Competente consiglio dell’ordine.

Lo stesso congegno, ossia la devoluzione della decisione sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato al solo giudice di merito, e mai alla Corte di cassazione, del resto, è alla base della previsione dettata dal citato D.P.R., art. 80, comma 2, art. 96, comma 1, art. 112, comma 3, art. 208, comma 1.

D’altronde, la previsione normative è sostenuta da una evidente ratio, giacchè, come è già stato osservato, nel sistema del D.P.R. n. 115 del 2002, la valutazione e la decisione sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato coinvolge valutazioni di merito che sono incompatibili con le funzioni di legittimità di questa Corte, come reso evidente anche dalla mancata inclusione, nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, del presidente della Cassazione tra i presidenti chiamati a decidere sull’opposizione ex art. 170 T.U. spese di giustizia (Cass. 5 maggio 2015, n. 8912).

6. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e conferma il rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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