Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24110 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 27/09/2019), n.24110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9193-2018 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 56,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO FIOCCA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – C.F. ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 26 gennaio 2018 con cui la Corte d’appello di Campobasso ha respinto l’impugnazione dal medesimo proposta avverso la decisione del locale tribunale di conferma del diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della protezione internazionale e di quella umanitaria.

2. – L’amministrazione intimata resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 12, e successive modifiche, e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 156 c.p.c..

Ritenuto che:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è manifestamente infondato.

5.1. manifestamente infondato il primo motivo.

Attesa la nullità della prima notificazione dell’atto d’appello, la Corte territoriale ne ha disposto la rinnovazione, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., che è stata effettuata all’indirizzo (OMISSIS), invece che all’indirizzo inserito nel Reginde (OMISSIS).

Sicchè, avuto riguardo alla perentorietà del termine fissato, la Corte d’appello ha giudicato inammissibile l’impugnazione, non essendo stato validamente ottemperato, nel termine assegnato, l’ordine di rinnovazione.

Orbene, tale decisione è conforme alle regole nella specie applicabili, l’una concernente l’esecuzione via pec della notificazione ad un indirizzo diverso da quello inserito nel Reginde, l’altro riguardante gli effetti dell’inosservanza del termine di cui all’art. 291 c.p.c..

Quanto al primo aspetto, è agevole ricordare che in tema di notificazione a mezzo pec, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 bis c.p.c. e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, introdotto dalla L. di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro. Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario (Cass. 11 maggio 2018, n. 11574).

Quanto al secondo aspetto, l’art. 291 c.p.c., applicabile al giudizio di appello per il tramite dell’art. 359 c.p.c., stabilisce che, se il convenuto non si costituisce, in presenza di un vizio che importi nullità della notificazione della citazione, il giudice fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla, rinnovazione che impedisce ogni decadenza. Ora, la perentorietà del termine, come tale insuscettibile di essere prorogato quantunque sull’accordo delle parti, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 1, impone che la notificazione debba essere validamente eseguita – Ovviamente tenendo altresì conto del principio della scissione dei momenti perfezionativi della notificazione – entro la sua scadenza, sicchè, in caso di ulteriore notificazione nulla, susseguente ad una prima notificazione anch’essa nulla, che abbia dato luogo all’assegnazione del termine in discorso, ai sensi del citato art. 291, non può seguire l’assegnazione di un nuovo termine in applicazione della stessa norma, il che si tradurrebbe in violazione del suo connotato di perentorietà.

In tale prospettiva, guardando al ricorso per cassazione, è stato ad esempio detto che la mancata o non tempestiva rinnovazione della notificazione, disposta a norma dell’art. 291 c.p.c. per un vizio implicante la nullità della stessa, determina l’inammissibilità del medesimo, restando in ogni caso esclusa la possibilità di assegnazione di un ulteriore termine per il medesimo adempimento, stante la perentorietà di quello già concesso (Cass. 14 gennaio 2008, n. 625).

Beninteso, in tale congegno non v’è nulla di giugulatorio, giacchè rimane pur sempre applicabile la valvola di sicurezza della rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2 (v. p. es. già Cass. 20 gennaio 2006, n. 1180). Tale disposizione, difatti, ha fatto della rimessione in termini un istituto di carattere generale applicabile, in linea di principio, a tutti i termini perentori contemplati dalla norma, comma 1. Ed invero, lo spostamento della disciplina della rimessione in termini, dall’art. 184-bis c.p.c., collocato nel secondo libro, relativo al processo di cognizione, all’art. 153 c.p.c., comma 2, collocato nel primo libro, relativo alle disposizioni generali, è indicativo dell’ampliamento del suo ambito di applicazione, non più limitato alle sole decadenze interne al singolo grado di giudizio. Perciò, sono oggi certamente da ritenere incluse entro l’ambito di applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 1, le problematiche connesse all’inosservanza dei termini per instaurare il processo di cognizione, per appellare, per ricorrere per cassazione o proporre altri mezzi di impugnazione, per proseguire o riassumere un processo interrotto o sospeso, e così via.

Ma, nel caso in esame, il giudice d’appello ha osservato che l’agevole reperibilità del corretto indirizzo pec dell’Avvocatura dello Stato rendeva irrimediabile l’inosservanza del termine assegnato.

5.2. – manifestamente infondato il secondo motivo.

Il principio richiamato dal ricorrente secondo cui l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anzichè “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale: Cass., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665 non ha nulla a che vedere con caso in esame.

In identico frangente, viceversa, questa Corte ha già ritenuto: “che non può condividersi l’assunto del ricorrente, secondo cui la rinotifica non avrebbe potuto essere dichiarata nulla, avendo raggiunto il suo scopo, in quanto effettuata ad un indirizzo di posta elettronica certificata anch’esso riconducibile all’Avvocatura distrettuale, dello Stato di Campobasso, e seguita dalla composizione in udienza della difesa erariale, la quale, pur non essendosi formalmente costituita, avrebbe dichiarato di averla ricevuta,- che infitti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149-bis c.p.c. e del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-ter, introdotto dalla L. di conversione 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, n. 2, l’indirizzo del destinatario al quale dev’essere trasmessa la copia informatica dell’atto, ai fini della notificazione a mezzo della posta elettronica certificata, è, per i soggetti diversi da quelli inclusi negli elenchi previsti dal citato D.L. n. 179, art. 4 e art. 16, comma 12 (cittadini residenti e amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. n. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2), dal D.L. 29 novembre 2008, n. 183, art. 16, comma 6, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2 (imprese costituite in forma societaria), e dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6-bis (imprese e professionisti), quello risultante dal Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde); che, pertanto, la mera disponibilità da parte dell’Avvocatura dello Stato di altri indirizzi di posta elettronica certificata ad essa intestati presso ciascuna sede, e destinati ad usi diversi, non consente di declassare a mera irregolarità la trasmissione ad un indirizzo diverso da quello risultante dal Reginde, la quale, equivalendo all’inosservanza delle disposizioni riguardanti la persona cui dev’essere consegnata la copia dell’atto, comporta, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica; che dall’esame degli atti, consentito in questa sede dalla natura processuale del vizio denunciato, al cui riscontro questa Corte può procedere direttamente, operando come giudice anche del fatto, non emerge in alcun modo l’avvenuto raggiungimento dello scopo della rinotifica, non risultando che, come sostiene il ricorrente, l’Amministrazione sia comparsa all’udienza dinanzi alla Corte d’appello ed abbia dichiarato di averla ricevuta” (Cass. 11 maggio 2018, n. 11574; anche Cass. 9 aprile 2019, n. 9914 e 9918 hanno disposto la rinnovazione di una notificazione effettuata nei confronti dell’Avvocatura dello Stato ad un indirizzo diverso da quello risultante dal Reginde, così parimenti ritenendo che raggiungimento dello scopo non vi fosse stato).

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito dichiarando ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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