Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24110 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. III, 07/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 07/09/2021), n.24110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33242/19 proposto da:

-) K.M.A., elettivamente domiciliato a Milano, v. R.

Bertieri n. 1, presso l’avvocato Leonardo Bardi, che lo difende in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 17.10.2019 n.

4191;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.3.2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. K.M.A., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese “per sottrarsi all’ingiusta pretesa dei gruppi islamici estremisti di reclutarlo militarmente” (così il ricorso, pagina 2, penultimo capoverso).

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento K.M.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che la rigettò con ordinanza 4 giugno 2018.

Tale ordinanza venne appellata dal soccombente.

La Corte d’appello di Milano con sentenza 17 ottobre 2019 dichiarò l’appello inammissibile in quanto tardivo.

Osservò la Corte d’appello che l’ordinanza appellata era stata comunicata alla parte interessata, a cura della cancelleria, il 5 giugno 2018, mentre l’atto d’appello è stato notificato il 15 agosto 2018, e quindi oltre il termine di 30 giorni di cui all’art. 702 quater c.p.c.

La Corte aggiunse poi che l’istanza di rimessione in termini formulata dall’appellante, fondata sulla circostanza di non aver potuto avere notizia della comunicazione dell’avvenuto deposito a causa “dell’intasamento” della propria casella di posta elettronica, era indimostrata e pretestuosa.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da K.M.A. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo depositato un “atto di costituzione”, al fine di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Col primo motivo il ricorrente si duole del rigetto della sua istanza di rimessione in termini.

Sostiene che la corte d’appello, rigettando la sua istanza di timessione in termini perché indimostrata, avrebbe preteso da lui una “prova impossibile”. Aggiunge che la – a suo dire – incolpevole impossibilità di ricevere il messaggio di posta elettronica inviatogli dalla cancelleria era circostanza “invocata in udienza e non contestata da controparte, sicché per il disposto dell’art. 115 c.p.c. deve darsi per provata”.

1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, e comunque infondato. Innanzitutto, il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non riassume né trascrive il contenuto della istanza di rimessione in termini che assume essere stata ingiustamente rigettata dalla corte d’appello.

1.2. Nel merito, in ogni caso, la censura sarebbe manifestamente infondata per plurime ragioni.

In primo luogo, i criteri di valutazione della colpa non mutano a seconda della maggiore o minore difficoltà che, nel caso contingente, la parte interessata possa incontrare per fornire la prova dell’assenza di colpa.

In secondo luogo, quel che più rileva, è onere dell’avvocato conservare i propri mezzi tecnici in condizione di efficienza. Di conseguenza la circostanza che una comunicazione di cancelleria non sia stata ricevuta per l’inadeguatezza dei dispositivi del destinatario è circostanza che, lungi dall’escludere la colpa del difensore, piuttosto la radica, come ripetutamente stabilito da questa Corte (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3164 del 11/02/2020, Rv. 657013 – 01, nonché Sez. 5 -, Sentenza n. 7029 del 21/03/2018, Rv. 647554 – 01, secondo cui l’infruttuoso esito “della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest’ultimo, in ragione dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”).

In terzo luogo, a sproposito il ricorrente invoca il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., dal momento che quel principio può essere invocato solo per i fatti costitutivi della pretesa, non certo per le vicende processuali, ed in ogni caso la non contestazione non rileva per i fatti che non siano noti ad ambo le parti (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 3576 del 13/02/2013, Rv. 625006 – 01).

2. Col secondo e col terzo motivo il ricorrente solleva questioni attinenti al merito: censure manifestamente inammissibili, dal momento che la sentenza impugnata non ha affrontato il merito delle domande, ma si limita a rilevare la tardività dell’appello.

3. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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