Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24109 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. III, 07/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 07/09/2021), n.24109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32288/19 proposto da:

-) M.N., elettivamente domiciliato a Rimini, Corso d’Augusto

n. 136, presso l’avvocato Tony Della Malva, che lo difende in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 24.9.2019 n. 7542;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.3.2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. M.N., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese perché ingiustamente accusato di avere usato violenza ad una donna, fatto per il quale temeva di essere non solo ingiustamente condannato, ma anche di essere ucciso dagli altri allievi della scuola coranica da lui frequentata.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento M.N. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 24 settembre 2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da M.N. con ricorso fondato su cinque motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo depositato un “atto di costituzione”, al fine di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Col primo e col secondo motivo il ricorrente censura il giudizio con la quale il tribunale ha ritenuto inattendibile il suo racconto.

Ambedue i motivi sono manifestamente inammissibili in quanto prospettano una censura unicamente fattuale, senza indicare per quali ragioni o sotto quale profilo sarebbe stato violato, da parte del tribunale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

2. Col terzo motivo il ricorrente deduce che il tribunale avrebbe trascurato di considerare alcuni documenti versati in atti, dai quali risulterebbe che “in (OMISSIS) i casi di detenzione arbitraria risultano numerosi”.

2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile innanzitutto per il modo in cui è formulato, dal momento che non contiene alcuna ragionata censura avverso il provvedimento impugnato.

In secondo il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non riferisce né in quale fase processuale siano stati depositati i documenti che assume essere stati trascurati dal tribunale; né dove siano allegati, né come siano indicizzati.

In ogni caso, anche a volere benevolmente ritenere ammissibile il motivo in esame, esso sarebbe comunque infondato, giacché la ritenuta inattendibilità soggettiva del richiedente esonerava la corte da qualsiasi indagine, officiosa o meno, sul sistema carcerario del (OMISSIS).

3. Col quarto motivo il ricorrente impugna la decisione di merito nella parte in cui ha escluso la sussistenza, in (OMISSIS), di una situazione di violenza indiscriminata derivante da confini armato.

Aggiunge, nelle ultime due righe nell’illustrazione, “la mancata considerazione della provenienza del ricorrente dallo Stato libico, ove ha soggiornato per oltre tre mesi, già di per sé foriero di tutela internazionale”.

3.1. La prima censura è manifestamente inammissibile sia perché investe un accertamento di fatto, quale è lo stabilire se in un determinato paese esista o non esista una situazione di guerra; sia perché il ricorrente non riassume né trascrive le diverse fonti dalle quali emergerebbe la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato. Tanto non esime dal rilevare che il motivo omette di considerare le ampie argomentazioni svolte dal decreto con riferimento a varie fonti internazionali. La seconda censura è inammissibile perché nuova.

Entrambe le censure sì connotano, del resto, per la loro assoluta genericità.

4. Col quinto motivo il ricorrente impugna il rigetto della sua domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Nell’illustrazione del motivo si sostiene che il permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere negato per il solo fatto che il richiedente sia ritenuto inattendibile.

4.1. Il motivo è inammissibile. e Il ricorrente invoca un principio di diritto corretto, ma da un lato trascura completamente di indicare per quale ragione l’applicazione di questo principio dovrebbe condurre alla cassazione del decreto impugnato; in secondo luogo trascura di considerare l’effettivo contenuto del provvedimento impugnato. Il tribunale, infatti, ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari non perché il ricorrente fosse inattendibile, ma perché:

-) ha ritenuto non sussistente il rischio di violazione di diritti fondamentali in caso di rimpatrio;

-) ha ritenuto insufficiente per dimostrare l’effettiva integrazione le modeste attività svolta in Italia dal ricorrente;

-) ha ritenuto che il richiedente, conoscendo un mestiere ed avendo ancora una famiglia nel proprio paese, non potrebbe considerarsi “vulnerabile”, in caso di rimpatrio.

Si tratta di motivazioni che prescindono del tutto dalla credibilità del ricorrente, con la conseguenza che il principio di diritto invocato col quinto motivo di ricorso non è pertinente rispetto al caso di specie.

5. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

 

 

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