Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24108 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. un., 30/10/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 30/10/2020), n.24108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso n. 6956-2019 proposto da:

G.L., rappr. e dif. dall’avv. Girolamo Rubino,

girolamorubino.pec.it e Massimiliano Valenza,

avv.valenza.pec.giuffre.it, elett. dom. presso lo studio dell’avv.

Federica Federici, in Roma, viale delle Milizie n. 140, come da

procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE presso la Sezione Giurisdizionale d’appello per

la Regione Siciliana, dom. in Roma, via Baiamonti n. 23,

procura.generale.atticassazione.corteconticert.it;

– controricorrente –

PROCURATORE GENERALE presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione

Siciliana;

– intimato –

per la cassazione della sentenza Corte dei Conti, Sezione

giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, n. 147/A/2018

dep. 17.7.2018;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 20.10.2020 dal

consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

Procuratore Generale Dott. Capasso Lucio, che ha concluso per la

inammissibilità del ricorso;

udito l’avvocato Garascia per il ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.L. impugna la sentenza Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, n. 147/A/2018 dep. 17.7.2018 che, accogliendo solo parzialmente il suo appello avverso la sentenza emessa dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana 495/A/2017 del 1.8.2017, ne ha rideterminato nella minor somma di Euro 252.020,64 il danno per responsabilità contabile causato alla Regione Sicilia, respingendo per il resto l’impugnazione;

2. secondo la sentenza impugnata: a) G. aveva investito di censura, con l’appello, la decisione assunta dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana, che, in accoglimento parziale della domanda del Procuratore contabile, lo aveva condannato al pagamento di Euro 340.191,03, oltre accessori e quale quota del danno complessivo causato alla Regione Sicilia; b) la relativa citazione era stata promossa in ragione di irregolarità nella gestione del finanziamento erogato dalla regione al Centro interaziendale d’addestramento professionale integrato (CIAPI) per la realizzazione, con i fondi 2000-2006, del progetto Consulenza orientamento apprendistato (CO.OR.AP), imputabili anche alle attività gravemente colpose dei componenti del Comitato Tecnico Scientifico (CTS), tra cui il ricorrente; c) una prima sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana (n. 325/2015), dichiarativa della prescrizione del credito azionato, veniva impugnata dal P.M. contabile e, “dopo aver argomentato in ordine all’infondatezza della decisione di assoluzione del G. per prescrizione”, la Sezione d’Appello separava il giudizio a carico di questi rispetto a quello di altri convenuti, disponendo la sospensione del procedimento fino alla definizione di una questione di massima; d) con sentenza 12/A/2016 la medesima Sezione giurisdizionale d’appello, accogliendo in parte l’appello del P.M., affermava la responsabilità per colpa grave degli altri convenuti, rideterminando il danno erariale in Euro 10.336.234, riducendo del 30% quello riferibile agli organi amministratori del CIAPI, mentre ai componenti del CTS veniva addebitato il 45% del danno, suddiviso in quote e, per quanto qui d’interesse, con ulteriore dimezzamento per il G., stante il circoscritto tempo di assunzione della carica; e) definita la questione di massima con la sentenza a Sezioni Riunite n. 8/2016, e a seguito di riassunzione del giudizio sospeso ad opera del P.M. contabile, la Sezione d’Appello, con sentenza 142/A/2016 annullava la statuizione sulla prescrizione resa nella citata pronuncia di primo grado n. 325/2015, disponendo la rimessione del processo a carico di G. allo stesso primo giudice che così definiva il giudizio come riportato sub a); f) la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana in primo grado, con la sentenza n. 495/2017 accertava dunque l’addebito, sulla decisiva considerazione dei compiti di effettiva gestione propri del CTS, come l’approvazione degli atti più significativi, l’autorizzazione a tutte le attività progettuali implicanti spese, di contro a riscontri generici e sommari della rispondenza di quanto approvato con le prescrizioni progettuali e le finalità pubbliche e della funzione sostanzialmente esecutiva che il CIAPI aveva assunto, anche sulla base del contesto degli atti di previsione dei reciproci rapporti, rispetto alle scelte gestionali deferite al CTS stesso, come emerso altresì dall’informativa dell’OLAF (Ufficio Europeo per la lotta antifrode della Commissione Europea);

3. all’esito del giudizio di appello, la sentenza ora impugnata ha statuito che: a) nonostante l’assoluzione del ricorrente da parte del Tribunale penale di Palermo (“perchè il fatto non sussiste”, con sentenza 5146/16 del 17.10.2016, affermazione tuttavia afferente ad un solo capo d’imputazione), l’autonomia dei due giudizi consentiva il pieno accertamento dell’illecito contabile anche per i medesimi fatti, stante la diversità di rilevanza dell’elemento soggettivo, ricostruibile anche solo in termini di colpa grave, come riscontrato in altra sentenza d’appello della stessa Sezione (56/A/2017) per gli altri componenti del CTS e peraltro osservandosi che la relativa eccezione era inammissibile, perchè nuova, in quanto riferita ad una pronuncia anteriore alla sentenza di primo grado ed in quella sede non sollevata; b) l’azione di responsabilità contabile non era prescritta, decorrendo la relativa iniziativa solo dalla rendicontazione finale delle attività del CIAPI, corrispondente alle tipiche forme di verifica e controllo poste in essere a conclusione della gestione dei fondi pubblici, senza contraddizione con gli eventuali rilievi di irregolarità eventualmente possibili per la P.A. in precedenza, seguendone in tal caso e semmai la potenziale anticipata iniziativa del P.M., ma ciò non alterando il principio per cui la relativa prescrizione decorre solo dopo la scadenza del termine finale di rendicontazione, nella specie coincidente con la fissazione della conclusione del progetto al 31.12.2008, cui seguì l’invito a dedurre verso G. notificatogli nel quinquennio; tanto più che sulla questione della prescrizione era intervenuto il giudicato all’esito della sentenza 12/A/2016 e dunque la contestazione non era più riproponibile; c) il CTS aveva operato come un vero organo di gestione del progetto, come già enunciato nelle sentenze 12/A/2016 e 56/A/2017, con accertate irregolarità nel reclutamento del personale, l’assegnazione di consulenze e contratti, le procedure di forniture di beni e servizi, attività in cui era determinante il relativo intervento già secondo gli atti di istituzione e approvazione, tra cui spiccava, in fatto, la doppia posizione dell’unico presidente di entrambi gli organismi, CIAPI e CTS, il primo con un ruolo passivo rispetto alle determinazioni del secondo; d) era conclusivamente provato il nesso causale tra la condotta di G. in seno al CTS e gli addebiti connessi all’assunzione del personale (in eccesso rispetto alle esigenze, privo di specializzazione), nonchè agli incarichi di consulenza e stipula di contratti di lavoro occasionali (senza verifica delle professionalità dei soggetti ingaggiati e talora nemmeno previsti nel progetto), mentre doveva essere escluso il danno da concorrenza, come quantificato dal primo giudice, non potendo esso coincidere con l’intero corrispettivo della prestazione a carico della P.A., sebbene vi fosse stato conferimento irregolare dell’appalto;

4. il ricorso è su due motivi, cui resiste con controricorso il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. nel primo motivo si contesta il difetto di giurisdizione, con violazione dei relativi limiti esterni, laddove la sentenza impugnata avrebbe invaso la sfera di competenza riservata al legislatore, facendo applicazione di una nozione non prevista di prescrizione quanto al suo termine, erroneamente non fatto decorrere già dalle rendicontazioni di periodo del progetto CO.OR.AP. alla Regione Sicilia, effettuate da una serie di organi interni oltre che dal collegio dei revisori CIAPI ovvero dalla data in cui ciascuna spesa era stata sostenuta, dato il controllo continuo su tale ente, partecipato totalitariamente dalla regione stessa;

2. con il secondo motivo, si invoca il difetto assoluto di giurisdizione, con violazione dei suoi limiti esterni, in punto di erronea attribuzione al CTS – cioè ad un comitato, agente per conto dell’Assessorato alla formazione professionale, mero organo consultivo ed estraneo anche all’amministrazione regionale -, e non invece al solo CIAPI, di un’attività di gestione dei fondi coinvolti nel predetto progetto, e così di un rapporto di servizio, invadendo perciò sia la sfera di competenza del legislatore (che non ha previsto la figura dell’amministratore di fatto per la P.A.) che quella della P.A. (che aveva conferito funzioni di gestione al solo CIAPI);

3. va in primo logo disattesa l’eccezione di giudicato implicito, il quale non è configurabile sulla giurisdizione in relazione ad una sentenza del giudice speciale di primo grado che sia astrattamente affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, poichè “all’interno del plesso giurisdizionale della Corte dei conti e del Consiglio di Stato, detto vizio non dà luogo ad un capo autonomo sulla giurisdizione autonomamente impugnabile, ma si traduce in una questione di merito del cui esame il giudice speciale di secondo grado viene investito con la proposizione dell’appello; pertanto, l’interesse a ricorrere alle Sezioni Unite potrà sorgere esclusivamente rispetto alla sentenza d’appello che, essendo espressione dell’organo di vertice del relativo plesso giurisdizionale speciale, è anche la sola suscettibile di arrecare un vulnus all’integrità della sfera delle attribuzioni degli altri poteri, amministrativo e legislativo” (Cass. s.u. 19084/2020, 13436/2019,9680/2019);

4. il primo motivo di ricorso è inammissibile; la censura volta a ravvisare lo sconfinamento della giurisdizione contabile nella statuizione giudiziale di decorrenza del dies a quo del termine di prescrizione da un evento (esaurimento del progetto di spesa e di impiego dei fondi pubblici regionali erogati, con inizio solo allora dei procedimenti di controllo sulla loro regolare utilizzazione) piuttosto che da un altro (coincidente con la materiale erogazione delle singole partite di finanziamento e dunque decorrenza, al più, sin dall’attivazione di controlli anche interni all’ente finanziato del periodo utile alla prescrizione) erroneamente sovrappone, già in astratto, la individuazione della fattispecie rilevante ritenuta essere dal giudice contabile il termine iniziale della prescrizione, quale ordinaria attività interpretativa, ad una generica invadenza della sfera assegnata al legislatore;

5. può invero ripetersi che “in tema di sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del giudice contabile (o amministrativo), l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. L’ipotesi non ricorre quando il giudice speciale si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se questa abbia desunto non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela, tale operazione ermeneutica potendo dare luogo, tutt’al più, ad un error in iudicando, non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale” (Cass. s.u. 22711/2019; Cass. s.u. 22784/2012; conf. Cass. s.u. 5589/2020); e, ciò, posto che il controllo dell’eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, ovvero dell’esistenza dei vizi che attengono all’essenza della funzione giurisdizionale, “non si estende al modo del suo esercizio” (Cass. s.u. 17660/2013, Cass. s.u. 3615/2007, in fattispecie relative ad omesso rilievo della prescrizione dell’azione erariale);

6. ne consegue che non appare superato quel limite, oggetto del focus di Corte Cost. n. 6 del 2018, segnato dalla creazione di una norma inesistente e ricondotto alla pertinente ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (Cass. s.u. 29082/2019), nella vicenda in sostanza non sollevata in modo appropriato; può invero convenirsi con le conclusioni assunte in udienza dal Procuratore Generale per cui, avendo il giudice speciale, come nel caso, ricercato la volontà legislativa e ad essa dato l’interpretazione della norma, essa, esatta o meno, in ogni caso non assurge ad eccesso per sconfinamento nell’ambito della legislazione, esprimendo, al più, un error in iudicando o in procedendo, comunque estraneo al controllo sulla giurisdizione, alla stregua del più ristretto ambito dei poteri giurisdizionali assegnati alle diverse giurisdizioni e ai rispettivi confini ex art. 111 Cost., comma 8 secondo la citata pronuncia della Corte costituzionale;

7. il secondo motivo di ricorso è inammissibile; già Cass. s.u. 2272/2018, in analoga vicenda di responsabilità contabile ascritta ad ulteriori componenti dello stesso organo, ha osservato che “è decisiva, ai fini della sussistenza della giurisdizione, la circostanza per cui il CTS aveva un compito diretto di indirizzo e di controllo in vista del raggiungimento degli obiettivi per i quali il finanziamento era stato concesso. La sentenza in esame ha spiegato che era stato proprio il CTS il vero e proprio dominus della gestione dell’intero progetto. Ciò in quanto i componenti del CTS avevano un rapporto organico con il C.I.A.P.I. di cui il primo era un’emanazione, il che era evidenziato dalla circostanza che il Presidente del C.I.A. P.I. era anche Presidente del CTS. Elementi, tutti questi, che confermano ancora di più la correttezza della prospettazione di un danno erariale e la conseguente sussistenza della giurisdizione contabile”; si tratta di passaggi argomentativi e conclusioni che vanno ripresi e confermati;

8. invero, per l’affermazione della giurisdizione contabile assume rilievo decisivo l’allegazione, da parte del titolare della relativa iniziativa, di una fattispecie che oggettivamente possa essere ricondotta al rapporto d’impiego o di servizio ovvero alla gestione di risorse pubbliche in capo all’autore della condotta censurata, afferendo invece al merito ogni questione propria della effettiva sua esistenza; nella vicenda, la Procura contabile ha dedotto che requisito integrante l’imputazione, a tale effetto, era il ruolo sostanzialmente direttivo e pregnante assunto dal CTS, come ricordato, nella destinazione reale impressa al finanziamento del progetto CO.OR.AP, in concreto avendo assunto esso una funzione orientativa preminente rispetto alla più complessa articolazione amministrativa predisposta dalla Regione Sicilia; così, si ripete, “ai fini del riparto della giurisdizione rileva il “petitum” sostanziale, come prospettato nella domanda, per cui… ricade nella giurisdizione contabile la richiesta risarcitoria avente ad oggetto… il danno erariale, derivante dall’esecuzione delle opere… in difformità di prescrizioni contrattuali e di capitolato” (Cass. s.u. 11229/2014) e, in tema, “rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio” (Cass. s.u. 20902/2011); la sentenza impugnata, nell’affermare la responsabilità contabile del ricorrente in quanto partecipante alle attività e componente del CTS, ha pertanto condiviso, in via probatoria, la funzione di tale organismo per come prospettata nella citazione contabile, alfine descrivendolo nella pronuncia quale “dominus nella gestione del progetto Co.OR.AP”, approvando esso “gli atti più significativi per la realizzazione del progetto… autorizzando tutte le principali attività progettuali comportanti disposizioni di spesa”;

9. ne consegue che, a sua volta, perfino l’ipotetico non inserimento dell’autore della condotta nell’ambito della P.A, come pur prospettato dal ricorrente con riguardo al CTS, è questione che degrada nella ratio decidendi impugnata, poichè – secondo indirizzo cui va data continuità – comunque “sussiste il rapporto di servizio, costituente il presupposto per l’attribuzione della controversia alla giurisdizione alla Corte dei conti, allorchè un ente privato esterno all’Amministrazione venga incaricato di svolgere, nell’interesse e con le risorse di quest’ultima, un’attività o un servizio pubblico in sua vece, inserendosi in tal modo nell’apparato organizzativo della P.A, mentre è irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi secondo gli schemi generali previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto o in parte” (Cass. s.u. 21871/2019); la giurisdizione della Corte dei conti allora sussiste, accertata la partecipazione del CTS al procedimento amministrativo e che non si è in presenza di atti politici, “come tali insindacabili in carenza di un parametro giuridico (norme di legge o principi dell’ordinamento) sulla cui base svolgere il sindacato giurisdizionale, ma di atti inerenti ad un procedimento, regolato con legge regionale, posto in essere nell’esercizio di funzioni amministrative connesse alla programmazione e all’erogazione di finanziamenti…, secondo gli ordinari canoni di efficienza ed economicità amministrativa” (Cass. s.u. 3146/2018);

10. è infatti stata attribuita rilevanza, per affermare la giurisdizione della Corte dei conti sull’azione di responsabilità contabile per indebita percezione di contributi a carico dell’Erario, alla circostanza per cui l’iniziativa sia stata “proposta nei confronti di uno dei componenti di un organismo pubblico che abbia concorso all’erogazione anche solo esprimendo sulla spettanza di quei contributi pareri poi rivelatisi infondati o basati su artifici o raggiri, riguardando il merito la corretta individuazione della ragione del concorso o della misura dell’apporto causale tramite il voto favorevole alla deliberazione dell’organo collegiale” (Cass. s.u. 6461/2020); ed invero Cass. s.u. 15195/2020 ha integrato la nozione, precisando che il rapporto di servizio, costituente il presupposto normativo dell’attribuzione alla giurisdizione della Corte dei conti dell’azione di responsabilità per danno erariale, ricorre altresì “allorchè un ente privato esterno all’Amministrazione venga incaricato di svolgere, nell’interesse di quest’ultima e con risorse pubbliche, un’attività o un servizio pubblico in sua vece, in tal modo inserendosi, ancorchè temporaneamente, nell’apparato organizzativo della P.A., rimanendo irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi indifferentemente secondo gli schemi generali e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto o in parte”;

11. infine, si aggiunge, le stesse circostanze relative all’affermazione della responsabilità del ricorrente, quanto all’assunzione del personale (non necessario e senza le mansioni proprie del progetto) e alle consulenze e ai contratti (conclusi senza scrutinio del merito degli incaricati o addirittura per profili estranei al progetto) hanno rivelato, in una alla violazione dei doveri di controllo di conformità al progetto da parte del CTS e dunque, per quanto qui d’interesse, ancor prima, la “legittimità del sindacato esercitato dalla Corte dei conti anche in ordine alla economicità della gestione della P.A. ed alla verifica dell’esistenza di un equilibrio tra gli obiettivi conseguiti ed i costi sostenuti; il che vale ad escludere… che sia in qualche modo ipotizzabile un eccesso di potere giurisdizionale inteso come sconfinamento dai limiti della propria funzione” (Cass. s.u. 2272/2018, sulla scia di Cass. s.u. 11139/2017); dovendo, va ribadito, “la Corte dei conti verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, che devono essere ispirati ai criteri di economicità ed efficacia, rilevanti sul piano non della mera opportunità bensì della legittimità dell’azione amministrativa” (Cass. s.u. 30527/2019), difettando, anche per questa via, ogni eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata alla discrezionalità della P.A.;

12. conclusivamente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

dandosi atto che non vi è luogo a pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Procuratore generale della Corte dei conti, contraddittore del ricorrente soccombente, è parte soltanto formale; sussistono invece i presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per l’impugnazione (Cass. s.u. 23535/2019, 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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