Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24108 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.13/10/2017),  n. 24108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11013 del ruolo generale dell’anno 2010,

proposto da:

C.C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Salvatore Raiti, presso lo studio del

quale in Roma, alla via G. Pierluigi da Palestrina, n. 19,

elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, sede centrale, Agenzia delle entrate,

direzione provinciale di Catania, in persona del rispettivo

direttore pro tempore, Ministero dell’economia e delle finanze, in

persona del ministro pro tempore;

– intimati –

per la cassazione delle sentenze della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sede di Catania, sezione 31^, depositata in

data 19 marzo 2009, n. 115/3/09.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il contribuente ha impugnato la cartella di pagamento concernente iva, irap ed irpef relative all’anno d’imposta 1999, deducendo di aver regolarmente versato quanto dovuto per irap ed irpef e di aver compensato il debito per iva con crediti relativi sia al medesimo anno, sia all’anno precedente, con la conseguente netta riduzione di quanto in effetti dovuto.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso, mentre quella regionale ha accolto il successivo appello dell’Ufficio, rimarcando per un verso la tardività dei versamenti dell’irpef e dell’irap, ai fini delle sanzioni e degli interessi e, per altro verso, sostenendo la mancanza di prova relativa ai vantati crediti iva oggetto di compensazione.

Contro questa sentenza il contribuente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui non v’è replica scritta.

Ragioni della decisione.

1.- Il ricorso è inammissibile nei confronti del Ministero, estraneo al giudizio.

2.- Il primo motivo di ricorso, col quale il contribuente deduce la nullità del processo d’appello e della sentenza, in quanto la Commissione tributaria regionale non avrebbe concesso i termini per la proposizione di motivi aggiunti successivamente al deposito, da essa sollecitato, di documentazione da parte dell’Agenzia, avvenuta in ritardo rispetto al termine stabilito, è inammissibile.

Ciò in quanto non si deduce quale motivo aggiunto idoneo a modificare l’oggetto del giudizio si sarebbe proposto, essendosi limitato, il contribuente, a stigmatizzare in ricorso l’incomprensibilità e l’inintelligibilità della documentazione tardivamente prodotta.

3.- Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso, col quale il contribuente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, artt. 18,19 e 20 come modificati dal D.Lgs. n. 422 del 1998, art. 2 sostenendo che il tardivo adempimento dei versamenti annuali a titolo di saldo delle imposte e dei contributi dovuti dai contribuente potessero essere effettuati entro il 20 luglio dell’anno successivo con la sola applicazione di una maggiorazione a titolo d’interessi stabilita per legge.

La formulazione del quesito è difatti generica, riferendosi in maniera globale e sommaria ai versamenti annuali di contributi e di imposte. Il quesito d’altronde chiude un motivo formulato in maniera non autosufficiente, in quanto non dà conto dello sviluppo del calcolo dei tributi, interessi e sanzioni, in modo da evidenziare gli elementi di fatto in base ai quali delibare la fondatezza della censura di diritto proposta.

4.- Inammissibile è infine il terzo motivo di ricorso, col quale il contribuente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 55, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 1, là dove il giudice d’appello ha escluso la possibilità di detrarre l’iva concernente l’anno 1998 in assenza della relativa dichiarazione annuale, pur essendo stato indicato il credito nella dichiarazione successivamente presentata per il 1999 e pur avendo osservato tutti gli obblighi di registrazione e di liquidazione periodica.

La censura non è difatti congruente col contenuto della decisione impugnata, in cui si legge che il credito è stato escluso perchè non è stato ritenuto provato: “…tutte le operazioni in materia di IVA riguardante gli anni in contestazione, come desumibili dall’anzidetta documentazione che li riporta dettagliatamente elencati per l’anno 1999, dimostrano che il contribuente aveva un debito di imposta e non già un credito, come dallo stesso asserito ma – come detto – non provato”.

4.1.- La censura di violazione di legge si scontra per conseguenza con un accertamento di fatto di segno contrastante, non aggredito con deduzione di vizio di motivazione.

5.- Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva.

PQM

 

la Corte:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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