Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24108 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 03/10/2018, (ud. 28/03/2018, dep. 03/10/2018), n.24108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2639-2013 proposto da:

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati EMILIA FAVATA,

LUCIANA ROMEO che lo rappresentano e difendono, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

S.P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA, 2, presso lo studio dell’avvocato SILVIA ASSENNATO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO PUCCI,

giusta procura speciale notarile in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2012 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 05/11/2012 R.G.N. 724/2010;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RITENUTO CHE

la Corte d’Appello di Cagliari con sentenza numero 401/2012, depositata il 5/11/2012 e notificata all’Inail il 21 novembre 2012, accogliendo l’appello di S.P.P., ha dichiarato che l’appellante aveva diritto alla rendita per ipoacusia nella misura del 28% con decorrenza di legge ed ha condannato l’Inail al pagamento dei ratei scaduti con gli accessori e le spese del doppio grado;

a fondamento della sentenza la Corte sosteneva che, secondo quanto accertato in appello sulla base dei chiarimenti forniti dal CTU nominato in primo grado e delle nuove certificazioni prodotte, risultava che in base al metodo di valutazione derivante dall’accordo Inail-Patronati del 1994, più equo rispetto al metodo Rossi 84, all’epoca della concessione della rendita (1984) il S. fosse affetto da ipoacusia neurosensoriale bilaterale da rumore di entità tale da determinare una invalidità lavorativa pari al 28% circa; che l’applicazione di tale metodo al momento della visita di revisione comportava che all’appellante andasse riconosciuta la percentuale di invalidità pari al 28% e non dell’11%; che si trattava di un accertamento di fatto di carattere medico legale al quale nulla era stato obiettato sullo stesso piano da parte dell’Inail, il quale si era limitato ad asserire soltanto che per evidenti ragioni di opportunità dovesse essere applicato lo stesso metodo valutativo originariamente utilizzato e ciò solo per l’evidente ragione che esso appariva più conveniente per l’Istituto appellato;

contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Inail con tre motivi ai quali ha resistito S.P.P. con controricorso, illustrato da memoria, nel quale ha eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso non essendo stata depositata la copia autentica della sentenza con la relata di notifica; il procuratore generale ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO CHE

preliminarmente deve essere dichiarata la procedibilità ed ammissibilità del ricorso dell’INAIL posto che nel fascicolo risultata depositata la copia della sentenza di appello, notificata il 21.11.2012, la quale è stata tempestivamente impugnata con ricorso in cassazione notificato 19.1.2013;

con il primo motivo l’Inail ha dedotto la violazione del T.U. n. 1124 del 1965, art. 137, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto la sentenza aveva finito per riconoscere un aggravamento dei postumi verificatesi oltre il termine quindicennale di revisione previsto dalla norma, la quale consente di considerare in sede di revisione soltanto le variazioni dello stato di inabilità permanente verificatesi entro il quindicennio dalla data di costituzione della rendita; trascorso tale periodo la legge stabilisce con presunzione assoluta e nell’interesse generale che i postumi non siano suscettibili nè di miglioramento nè di aggravamento;

il motivo è infondato posto che nel caso in esame la rendita è stata costituita il 30 novembre 1984 mentre la Corte d’Appello ha affermato che all’epoca della visita di revisione fosse presente una percentuale di invalidità pari al 28%; pertanto la condanna dei ratei “con decorrenza di legge” deve essere intesa come limitata alla luce delta esplicita motivazione (ossia dalla data della visita di revisione); ed a tale data non risulta fosse decorso il quindicennio anche perchè il motivo sconta un evidente vizio di autosufficienza in quanto l’Inail non precisa quando fosse stata effettuata la revisione; in ogni caso l’istituto della revisione attiene ai casi “di diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro ed in genere in seguito a modificazioni delle condizioni fisiche del titolare della rendita purchè, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dalla malattia professionale che ha dato luogo alla liquidazione della rendita”; mentre nel caso di specie non si è trattato di variazione delle condizioni di salute dell’assicurato in quanto questi aveva cessato di essere esposto al rischio dal 1984; si tratta piuttosto di una corretta determinazione dei postumi già accertati e va pure rilevato inoltre che, se anche la visita fosse stata fatta in precedenza rispetto al 1994, manca nel ricorso la censura sul vizio di motivazione per avere la sentenza fatta propria la considerazione del CTU il quale sosteneva che al momento della visita di revisione dovesse applicarsi alla determinazione dei postumi il metodo concordato nel 1994 tra istituti e patronati (ovvero una tabella entrata in vigore in data successiva rispetto alla visita);

col secondo motivo viene dedotta falsa applicazione del D.Lgs. n. 38 23 febbraio 2000, art. 9 posto che, quand’anche si fosse trattato di rettifica di errore iniziale commesso dall’Inail era decorso il decennio previsto dall’art. 9 (il quale recita che l’istituto assicuratore può esercitare la facoltà di rettifica entro 10 anni dalla data di comunicazione dell’originario provvedimento errato); inoltre secondo la stessa norma l’errore è identificabile solo se accertato con i criteri, metodi e strumenti di indagine disponibili all’atto del provvedimento originario; mentre nel caso di specie è stata accertata una metodica valutativa differente, posto che il CTU ha affermato che non era possibile conoscere quale metodica valutativa venne adottata dall’Inail all’epoca della concessione della rendita;

anche tale motivo è infondato in quanto l’erronea valutazione che assume rilevanza nella causa è quella commessa al momento della revisione; ed il CTU ha affermato che al momento della revisione fosse già disponibile la differente metodica di cui all’accordo Inail patronato e tale affermazione non è stata impugnata con adeguata censura;

col terzo motivo viene dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. poichè la sentenza impugnata ha condannato l’Inail a corrispondere al S. una rendita per ipoacusia nella misura del 28% sin dal 1984, laddove la richiesta dell’assicurato era quella dell’accertamento di un’invalidità conseguente alle ipoacusia nella misura del 16% e della corresponsione della rendita da parte dell’Inail nella misura indicata con decorrenza dalla data della revisione (luglio 2007);

il motivo è infondato posto che risulta dalla stessa sentenza impugnata che le conclusioni del ricorrente erano state riformulate in appello “nella misura del 28,4% o almeno del 26%” e che tale nuova formulazione non fosse stata impugnata sotto il profilo della novità della domanda; in ogni caso l’Inail non trascrive per intero il ricorso introduttivo e nemmeno l’atto di appello; solleva questioni nuove afferenti al decorso del quindicennio o del decennio senza precisare quando fossero state sollevate le medesime questioni, le quali sottendono anche degli accertamenti di fatto; erra nella data di individuazione della concessione della prestazione da parte della Corte d’Appello la quale, come già detto, deve essere intesa, in mancanza di diversa specifica determinazione, non dal 1984 ma in coerenza con la domanda presentata dal ricorrente e con l’accertamento del CTU il quale riferisce l’entità dei postumi a partire dalla data della revisione anche sotto il profilo della corretta metodica medico legale da applicarsi per l’accertamento;

va inoltre evidenziato, in relazione a tutti i motivi di ricorso, che la sentenza impugnata non precisa specificamente da quale data sia stata riconosciuta al ricorrente la prestazione; e che dal complesso della motivazione si evince che la prestazione sia stata riconosciuta dalla data della visita di revisione; per contro l’Inail da una parte – ai fini dell’eccezione di decorso del termine quindicennale ex D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 137, comma 6 nonchè ai fini del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9 – sostiene che la prestazione sarebbe stata riconosciuta in sentenza nella misura del 28% sin dal 1984; dopodichè ai fini della identificazione della domanda e della denuncia del vizio di extrapetizione sostiene che la richiesta dell’assicurato fosse stata quella dell’accertamento di un’invalidità conseguente alla ipoacusia nella misura del 16% dalla corresponsione della rendita da parte dell’Inail nella misura indicata con decorrenza dalla data della revisione (luglio 2007); con ciò rendendo pure privo di fondamento le prime due doglianze;

in conclusione, per i motivi esposti il ricorso risulta infondato e va rigettato; le spese possono essere compensate in considerazione della obiettiva controvertibilità della lite anche alla luce del contenuto della sentenza impugnata e della ctu in essa richiamata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 28 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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