Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24107 del 27/09/2019
Cassazione civile sez. VI, 27/09/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 27/09/2019), n.24107
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14503-2018 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO
14, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DI CELMO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 320/2017 del TRIBUNALE di FERMO, depositata il
14/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA
MARIA LEONE.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Fermo con sentenza n. 320/2017, resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva rigettato la domanda di V.L. diretta al riconoscimento del requisito sanitario utile per ottenere la indennità di accompagnamento.
Il tribunale aveva ritenuto, all’esito delle indagini peritali svolte nella fase dell’accertamento e chiarite dal ctu anche in sede di giudizio ordinario, che, pur accertate le patologie denunciate, non fossero presenti le condizioni per la assistenza continua.
Avverso tale decisione il V. proponeva ricorso affidato ad un solo motivo cui resisteva l’Inps con controricorso.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1) Con unico motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, degli artt. 115 e 116 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver, il Tribunale erroneamente ritenuto il ricorrente dotato di margini di autonomia sufficientemente ampi e tali da provvedere a se stesso.
Il motivo risulta inammissibile
Questa Corte ha in più occasione chiarito che “E’ inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito”(Cass. n. 8758/017 – Cass. n. 18721/2018).
Nel caso in esame, al di là della indicazione formale del vizio denunciato, parte ricorrente rileva, in sostanza, l’errata valutazione di merito svolta dal tribunale proponendo una differente interpretazione dei fatti del processo e richiedendo, in concreto, una nuova valutazione degli stessi non consentita in sede di legittimità. Deve a riguardo rilevarsi che il tribunale ha espresso la sua valutazione anche considerando gli orientamenti del giudice di legittimità richiamati dal ricorrente (Cass. n. 25255/2014) e confrontandosi con gli stessi, giungendo, con riguardo al caso concreto, al giudizio di assenza delle condizioni utili per la prestazione richiesta.
La censura inerente la mancata valutazione della certificazione del 12.9.2016 (pg. 10 ricorso), risulta infine inammissibile, in quanto non idoneamente veicolata attraverso il vizio denunciato (violazione e falsa applicazione di legge). Trattasi infatti, di valutazione di merito, censurabile in questa sede non già sulla base di pretesi errori di diritto o di vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione ma unicamente- ai sensi del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – con la specifica indicazione di un fatto storico emergente dagli atti di causa- oggetto di discussione tra le parti ed avente rilievo decisivo- non esaminato nella sentenza impugnata. A tale onere la parte non ha adempiuto, contrapponendo, piuttosto, alle valutazioni del ctu, fatte proprie dal giudicante, un diverso apprezzamento delle medesime patologie, corrispondente alle proprie aspettative (Cass. n. 7886/2019).
Il ricorso risulta pertanto inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore delta controricorrente nella misura di cui al dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019