Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24106 del 30/10/2020

Cassazione civile sez. un., 30/10/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 30/10/2020), n.24106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33007-2019 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASILINA 3U,

presso lo studio dell’avvocato DIEGO GIANNOLA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LEONARDO GREPPI 77, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RUGGERO

BIANCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO REFERZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2091/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 29/03/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere IRENE TRICOMI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, il quale chiede dichiararsi l’inammissibilità del

ricorso.

 

Fatto

RITENUTO

1. O.P. ricorre nei confronti dell’Azienda sanitaria locale Teramo (AUSL Teramo (OMISSIS)) per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato, III Sezione, n. 2091 del 2019.

2. Premette la ricorrente che la AUSL di Teramo aveva indetto un concorso per titoli ed esami per la copertura, a tempo indeterminato, di un posto (poi divenuti tre) di dirigente amministrativo, da assegnare alla posizione di staff di Direzione generale per le attività di supporto amministrativo legale.

Essa ricorrente, funzionario esperto avvocato della Regione Abbruzzo dal 1996, presentava istanza per partecipare al concorso, ma veniva esclusa avendo la AUSL ravvisato la non attinenza del suo profilo professionale con la professionalità richiesta dal bando.

Tale provvedimento di esclusione veniva impugnato, conseguendo la ricorrente l’ammissione a partecipare al concorso a seguito della sentenza n. 5516 del 2016 del Consiglio di Stato.

La O. impugnava, dinanzi al giudice amministrativo, anche la successiva esclusione dall’esame orale (ric. n. 475 del 2016).

Il TAR Abruzzo, con la sentenza n. 566 del 2017, accoglieva in parte la domanda.

Con il suddetto ricorso la O. chiedeva la rinnovazione dell’intera procedura di valutazione delle prove concorsuali, deducendo plurime ragioni di illegittimità.

3. La sentenza del TAR Abruzzo veniva appellata dalla odierna ricorrente al Consiglio di Stato, prospettando che vi era stata indebita omissione del dovuto controllo intrinseco di legittimità e indebita omissione del dovuto controllo estrinseco di legittimità dell’atto da parte del TAR.

4. Il giudizio di appello veniva definito con la sentenza n. 2091 del 2019 che accoglieva gli appelli incidentali, e dichiarava in parte improcedibile, in parte inammissibile l’appello principale della O., come da motivazione.

Contro la sentenza del Consiglio di Stato ricorre la O., deducendo un articolato motivo di ricorso inerente la giurisdizione.

5. Si è costituita con controricorso l’AUSL Teramo (OMISSIS).

6. Il Procuratore generale ha depositato memoria con la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

7. Sia la O. che la AUSL (OMISSIS) hanno depositato memoria in prossimità della camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

1. Occorre premettere che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2091 del 2019, oggetto del presente ricorso, in relazione alla questione posta con gli appelli incidentali della AUSL (OMISSIS) e altri (che venivano accolti), relativa alla determinazione dei criteri nell’ambito dei concorsi pubblici, ha affermato che l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le Commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti.

Costituiscono, quindi, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica o culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento a monte, dell’individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello, a valle, delle valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice.

Da ciò discende che, sia i criteri di giudizio, che le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l’esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più vizi sintomatici dell’eccesso di potere, irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà e travisamento dei fatti, per essere stato il potere scorrettamente esercitato o finalizzato al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei a ricoprire la funzione.

Consolidato è, altresì, l’orientamento giurisprudenziale per cui il voto numerico esprime il giudizio tecnico discrezionale della commissione, contenendo in sè stessa la motivazione, senza bisogno di spiegazioni e chiarimenti.

Ha proseguito il Consiglio di Stato che, nel caso in esame, la Commissione aveva proceduto a determinare i criteri di valutazione delle prove scritte, individuando i criteri e modalità di valutazione delle prove.

L’adozione del range di valutazione non poteva ritenersi manifestamente illogica o irragionevole, atteso che si era fatto riferimento alla graduazione del giudizio in funzione del livello di approfondimento delle conoscenze relative alla traccia.

2. Il Consiglio di Stato, nell’esaminare l’appello principale sulla valutazione della prova pratica (censura che veniva rigettata) ha affermato che il giudice di primo grado aveva ritenuto che le censure mosse dalla O. riguardavano l’ambito del giudizio tecnico discrezionale svolto dalla Commissione, e tendevano alla sostituzione del giudizio della Commissione con altro giudizio, giudizio sostitutivo, inammissibile secondo la giurisprudenza consolidata.

Quanto poi alla eventuale correttezza delle soluzioni giuridiche indicate dagli altri candidati rispetto alla giurisprudenza prevalente o all’erronea interpretazione della traccia da parte della Commissione, secondo le argomentazioni dell’appellante, si doveva considerare che la Commissione aveva limitato la propria discrezionalità con riferimento alla valutazione del livello di approfondimento di conoscenza del candidato, non era quindi richiesta nè la correttezza della soluzione, nè la completezza degli argomenti trattati con riferimento ad alcuni specifici aspetti.

Inoltre, trattandosi di un parere legale, la prova tendeva alla valutazione delle complessive capacità argomentative del candidato e alla padronanza della materia, indice della maggiore conoscenza della stessa, prescindendo quindi dalla corrispondenza della soluzione agli orientamenti giurisprudenziali prevalenti. Non si poteva ritenere dunque abnorme il giudizio espresso dalla Commissione sotto tale profilo.

3. Con l’unico motivo di ricorso la O. deduce la violazione per errata applicazione dell’art. 24, art. 111 Cost., comma 8 e art. 113 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, e all’art. 1 e art. 7, comma 4 cod. proc. amm., nonchè al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (illegittimo rifiuto della giurisdizione di legittimità sulle valutazioni della Commissione esaminatrice del concorso pubblico).

3.1. La sentenza del Consiglio di Stato, in astratto, negava il sindacato intrinseco sulle valutazioni della Commissione esaminatrice di verifica diretta della attendibilità delle operazioni tecniche, sia sotto il profilo della loro correttezza, sia con riguardo al criterio tecnico ed al relativo procedimento applicativo; in astratto, aveva ammesso il sindacato giurisdizionale limitatamente al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, senza però effettuarlo in concreto.

Vi era stata una negazione astratta del sindacato intrinseco.

Pertanto, era ravvisabile la negazione della giurisdizione sull’erroneo presupposto che la materia non potesse formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale, per asserita affermazione, contro la regula iuris che attribuisce a quel giudice il potere di ius dicere sulla domanda, che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio, fosse, in astratto priva di tutela davanti alla propria giurisdizione.

A sostegno delle proprie difese, la ricorrente ha richiamato la giurisprudenza di legittimità in materia, e ha dedotto che la sentenza del Consiglio di Stato rifiutava l’esercizio del sindacato giurisdizionale di legittimità sulla valutazione tecnica, insufficiente, della prova teorica pratica svolta dalla O., senza verificare se il giudizio della Commissione fosse inattendibile ovvero opinabile.

A conferma dell’intervenuto rifiuto astratto del sindacato giurisdizionale, ripercorre i propri motivi di appello svolti dinanzi al Consiglio di Stato, essendo stata ritenuta la vicenda non ricompresa tra le eccezionali ipotesi tassativamente attribuite alla giurisdizione di merito del giudice amministrativo, ex art. 134 cod. proc. amm., e rilevando la mancanza di argomentazioni, nella sentenza amministrativa, afferenti al sindacato di legittimità intrinseco che il giudice è chiamato ad esercitare.

3.2. La ricorrente prospetta, altresì, il rifiuto sostanziale della giurisdizione di legittimità anche in riferimento al sindacato estrinseco delle Commissioni esaminatrici.

In merito a tale doglianza il Consiglio di Stato aveva affermato che non si poteva ritenere abnorme il giudizio espresso dalla commissione, ciò senza tener conto delle regole guida e dell’esame degli elaborati. Il giudice amministrativo di appello, con sentenza congetturale, si era limitato ad asserire che il sindacato invocato aveva natura sostitutiva, perchè afferente al merito delle valutazioni della commissione esaminatrice, così denegando giustizia.

Anche in questo caso, la ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità in materia e ripercorre le censure sottoposte al Consiglio di Stato, ribadendo le censure svolte alla sentenza impugnata.

4. Il motivo non è fondato.

4.1. Per risalente e constante indirizzo di questa Corte l’eccesso di potere giurisdizionale – qui denunciato – che costituisce un aspetto dei motivi inerenti alla giurisdizione per i quali le sentenze dei Giudici speciali possono essere impugnate dinanzi a queste Sezioni Unite, in base all’art. 111 Cost., comma 8, si verifica o per motivi inerenti alla esistenza stessa della giurisdizione, ovvero quando il giudice amministrativo ne oltrepassi, in concreto, i limiti esterni, realizzandosi la prima ipotesi qualora il Consiglio di Stato eserciti la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (oppure, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale), verificandosi, invece, la seconda ove l’organo di giustizia amministrativa giudichi su materie attribuite alla giurisdizione ordinaria o ad altra e diversa giurisdizione speciale (oppure neghi la propria giurisdizione sull’erroneo presupposto che essa appartenga ad altri), ovvero quando, per materie attribuita alla propria giurisdizione, compia un sindacato di merito pur essendo la propria cognizione rigorosamente limitata alla indagine di legittimità degli atti amministrativi (fra le tante, Cass., SU, n. 8117 del 2017, n. 6462 del 2020).

Pertanto, il suddetto vizio non è configurabile con riferimento all’attività di interpretazione delle norme effettuata dal giudice speciale perchè tale attività – anche quando la “voluntas legis” sia stata individuata, non in base al tenore letterale delle singole disposizioni, ma alla “ratio” che esprime il loro coordinamento sistematico rappresenta il “proprium” della funzione giurisdizionale e non può dunque integrare, di per sè sola, la violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale ma, eventualmente, dare luogo ad un “error in iudicando”, estraneo al sindacato di queste Sezioni Unite (indirizzo consolidato, di recente ribadito da Cass., S.U. 28 febbraio 2020, n. 5589).

Per quel che riguarda il Consiglio di Stato è stato precisato, in linea generale, che il controllo di legittimità del giudice amministrativo importa un sindacato pieno non solo sul fatto, ma pure sulle valutazioni, pure di ordine tecnico, operate dall’Amministrazione (Cass. S.U., 9 marzo 2020, n. 6691).

E con specifico riferimento alle valutazioni tecniche delle Commissioni esaminatrici dei pubblici concorsi – ipotesi che ricorre nella presente fattispecie – è stato affermato che tali valutazioni sono assoggettabili al sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo, che può rilevarne l’irragionevolezza, l’arbitrio o la violazione del principio della “par condicio” tra i concorrenti, senza che ciò comporti un’invasione della sfera del merito amministrativo, denunciabile con il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (Cass., S.U. n. 18592 del 2020, n. 8844 del 2020, n. 3562 del 2020, n. 8412 del 2012).

4.2. A tale sindacato, sia in ordine ai criteri adottati dalla Commissione, sia alla valutazione delle prove, non si è sottratto nella specie il giudice amministrativo, che ha svolto il riscontro di legittimità dei provvedimenti impugnati non denegando giustizia, come si evince dalle argomentazioni della sentenza in questione sopra riportate, verificando l’esito delle prove in relazione ai criteri assunti dalla Commissione, a loro volta ritenuti non illogici o irragionevoli.

Di talchè, le odierne censure si sostanziano nella denuncia di “errores in procedendo” o “errores in iudicando”, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione, a cui non si estende il controllo di questa Corte per motivi inerenti alla giurisdizione.

5. Il ricorso è inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4000,00, per compensi professionali, Euro 200,00, per esborsi, spese generali nella misura del 15%, e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

 

 

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