Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24106 del 24/10/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 24106 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 23076-2007 proposto da:
MANCASSOLA GIOVANNI MNCGNN47B04E682, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo
studio dell’avvocato ROMEI ANTONIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DORIA
PAOLO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
E DEL MARE, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

1

Data pubblicazione: 24/10/2013

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è
difeso per legge;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1002/2007 del TRIBUNALE di
VENEZIA, depositata il 17/05/2007, R.G.N. 204/2006;

udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato PAOLO DORIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Giovanni Mancassola propose opposizione ad un decreto emesso nei
suoi confronti su istanza del Ministero dell’ambiente con il
quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di 1549,37
euro, somma alla quale era stato condannato in sede penale per

un impianto esistente senza le necessarie autorizzazioni.
L’opponente, dopo aver allegato

in limine litis

l’avvenuto

pagamento della multa, sollevò, nell’ordine, questioni di
nullità del decreto opposto, di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno ambientale (risalendo la condotta agli
anni 1996-1998), di inesistenza, nel merito, di un danno
siffatto.
Il giudice di primo grado accolse l’opposizione.
Il tribunale di Venezia, investita del gravame proposto dal
Ministero, lo accolse.
Per la cassazione della sentenza del giudice lagunare Giovanni
Mancassola ha proposto ricorso sorretto da 3 motivi di censura e
illustrato da memoria.
Resiste con controricorso l’Ente convenuto.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato quanto al suo primo motivo.
Con il primo motivo,

si denuncia

omessa motivazione in ordine

all’intervenuta prescrizione del diritto risarcitorio vantato
dal Ministero.

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avere installato uno scarico di acque reflue e per aver ampliato

La censura è corredata dalla seguente indicazione del fatto
controverso (formulata ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,
applicabile ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):
Il diritto al risarcimento del danno ambientale di cui agli
artt. 18 della legge 349/1986 e 58 del D.lgs. 152/1999, nel caso

precedente procedimento penale, si prescrive in cinque anni, ai
sensi dell’art. 2947 c.c., a partire dalla data dei fatti
contestati, in assenza di eventi interruttivi dedotti e provati
da parte pretesa creditrice, e qualora il termine prescrizionale
previsto per il reato non sia superiore a cinque anni, anche
nell’ipotesi in cui sia intervenuta sentenza irrevocabile di
condanna.
La censura è fondata, atteso che i fatti contestati al
Mancassola risalivano (giusta enunciazione relativa ai capi di
imputazione elevati in seno al procedimento penale) al 2.3.1998,
mentre la notifica del decreto opposto porta la data del
13.4.2005: non hanno pregio, in proposito, le eccezioni del
Ministero secondo le quali, da un canto, il diritto al
risarcimento sarebbe sorto solo in seguito al deposito della
sentenza penale (attesa la inesercitata facoltà di costituirsi
parte civile in quella sede), dall’altro, la prescrizione
sarebbe decorsa soltanto a seguito della irrevocabilità della
sentenza penale (atteso che, nella specie, la vicenda
risarcitoria non poteva essere ricondotta alla ipotesi di cui
all’art. 2947 III comma c.c. – quella, cioè di un più lungo

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in cui non vi sia stata costituzione di parte civile nel

termine prescrizionale previsto per il reato, che era destinato
ad estinguersi, viceversa, in tre anni).
All’accoglimento del motivo consegue l’assorbimento delle
restanti censure.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa

all’accoglimento dell’opposizione ed alla conseguente revoca del
decreto opposto.
La disciplina delle spese – che possono per motivi di equità
essere in questa sede compensate – segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il
secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, revoca il decreto ingiuntivo opposto, revocando
conseguentemente la condanna del ricorrente al pagamento della
somma originariamente oggetto di ingiunzione da parte del
ministero della difesa. Dichiara compensate le spese del
presente giudizio.
Così deciso in Roma, li 9.4.2013

corte, decidendo nel merito, può essa stessa provvedere

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