Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24105 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.13/10/2017),  n. 24105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6913/10, proposto da:

M.N., elett.te domic. in Caserta, alla via Roma- al P.co

Europa – presso l’avv. Carmela De Franciscis, che la rappres. e

difende, come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9/31/2009 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata il 26/1/2009;

udita la relazione del consigliere dott. Rosario Caiazzo, nella

camera di consiglio del 23 maggio 2017.

Fatto

RILEVATO

CHE:

M.N. propose ricorso avverso un avviso d’accertamento, per il 2002, con cui l’ufficio recuperò a tassazione varie imposte, a seguito di accesso.

Si costituì l’Agenzia, resistendo al ricorso.

La Ctp respinse il ricorso.

La M. propose appello, rigettato dalla Ctr, che escluse la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in quanto il termine di gg. 60, contemplato dalla norma, non era applicabile al caso concreto, in cui l’accesso era stato mirato all’acquisizione di dati e notizie successivamente valutate dall’ufficio per l’eventuale attività di controllo.

La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre motivi.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Con il primo motivo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 12, comma 7, e art. 21septies avendo la Ctr escluso l’applicabilità del termine dilatorio di 60 gg., di cui all’art. 12, comma 7, tra la consegna di copia del processo verbale e l’emanazione dell’atto impositivo, senza alcun motivo di particolare urgenza.

Con il secondo motivo, è stata denunziata l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in ordine alla sussistenza dei casi di particolare urgenza legittimanti la deroga all’osservanza del suddetto termine di gg. 60.

Con il terzo motivo, è stata lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 5,113 e 114 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e art. 39, lett. d, contestando la validità dell’accertamento induttivo extracontabile (i coefficienti di ricarico applicati) e lamentando che la motivazione della sentenza fosse insufficiente, non avendo implicato la valutazione di tutti i fatti influenti sull’andamento dell’attività imprenditoriale.

Il ricorso è fondato.

I primi due motivi – da esaminare congiuntamente poichè tra loro connessi – meritano accoglimento.

Circa il primo motivo, sussiste la violazione dell’art. 12, comma 7, poichè l’avviso impugnato fu notificato senza l’osservanza del termine dilatorio di 60 gg., essendo dunque erronea la decisione che ne ha escluso l’applicabilità, apparendo del tutto confliggente con la norma e l’interpretazione che ne è formulata.

Invero, la Corte ritiene di dare continuità al consolidato orientamento per cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in virtù del quale, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, ne determina, di per sè, l’illegittimità, opera anche quando si sia attivato il contraddittorio in seguito alla proposta d’accertamento inoltrata al contribuente dall’ufficio a seguito dell’applicazione degli studi di settore, trattandosi di adempimento ineludibile, che è primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., n. 25692/16; SU, n. 18184/13).

Inoltre, non si dubita che il termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, della decorra da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo (Cass., ord. n. 15010/14).

Nel caso concreto, la censura del contribuente, che ha eccepito l’applicabilità dell’art. 12, comma 7, asserendo che si tratti di accesso diretto all’acquisizione di dati e notizie rilevanti per l’ufficio, è fondata poichè è incontestato che sia avvenuto un accesso avente la suddetta finalità, a nulla rilevando che i dati acquisiti siano stati oggetto di rilievi, ovvero che essi siano stati oggetto di valutazione successiva.

Pertanto, è priva di pregio la difesa del’Agenzia delle entrate per cui il termine in questione non sarebbe applicabile a causa del comportamento del contribuente il quale non riscontrò l’invito al contraddittorio nella successiva fase dell’accertamento con adesione.

Come rilevato, il termine di cui al citato art. 12, comma 7, è espressione di un principio ineludibile, non derogabile (Cass., n. 25692716), salvi i casi di particolare urgenza, non allegati nella fattispecie.

Il secondo motivo è del pari infondato, in quanto la Ctr, nel ritenere erroneamente che il suddetto termine di 60 gg. non fosse applicabile nella fattispecie in esame, ha omesso di motivare in ordine alla sussistenza di specifiche ragioni d’urgenza, unica fattispecie legittimante una deroga all’osservanza di tale termine.

Il terzo motivo può dirsi assorbito dall’accoglimento dei primi due.

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Ctr, anche per le spese.

PQM

 

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata. Rinvia alla Ctr della Campania, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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