Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24104 del 28/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 28/11/2016), n.24104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20348-2014 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO BOER giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CA5RCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 97/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

23/01/2011, depositata il 18/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FERNANDE GIULIO;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN difensore del controricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 28 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Piacenza, con sentenza n. 64 del 25 ottobre 2007, accertò che la pensione di B.M. aveva il carattere della pensione di vecchiaia e dichiarò il diritto del predetto a cumulare, a decorrere dal 1 luglio 1997, la pensione con il reddito da lavoro in ragione del 50% per il periodo dal 1^ luglio 1997 al 31 dicembre 2000 ed in misura integrale per il periodo successivo, condannando l’INPS al pagamento della somma di Euro 71.617,11. Vale precisare: che il B. era già titolare del diritto alla pensione di vecchiaia anticipata ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 22, comma 1, n. 3 sin dal dicembre 1987, prestazione questa integralmente sospesa a seguito di rioccupazione presso aziende di navigazione aerea in applicazione della citata L. n. 859 del 1987, art. 27; che tale sospensione era stata tenuta ferma dall’INPS anche successivamente all’abrogazione del menzionato art. 27 ad opera del D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 3, comma 22, entrato in vigore il 1 luglio 1997.

A seguito del passaggio in giudicato di letta sentenza l’istituto provvide a corrispondere al 13ronzini la somma sopra indicata unitamente agli interessi calcolati in Euro 4.35948 a decorrere dall’11 maggio 2005 (121^ giorno successivo alla diffida inoltrata dal B. e diretta ad ottenere la correva applicazione della disciplina anticumulo).

Il B., quindi, notificava all’INPS atto di precetto per ottenere il pagamento della ulteriore somma di Euro 12.170,14 a titolo di interessi decorrenti dal 1 luglio 1997 data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 3, comma 22.

Il Tribunale di Piacenza rigettava l’opposizione proposta dall’istituto condannandolo, a seguito di ctu, al pagamento in favore del B. della somma di Euro 12.131,30.

Tale decisione, a seguito di gravame dell’INPS, veniva riformata dalla Corte di appello di Bologna, con sentenza del 18 febbraio 2014, che dichiarava illegittimo l’opposto precetto.

Ad avviso della Corte la locuzione “accessori di legge” contenuta nel dispositivo della sentenza n. 64 del Tribunale di Piacenza doveva essere interpretata nel senso che gli interessi erano dovuti dalla presentazione della domanda amministrativa in quanto rinviava alla disciplina sostanziale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, L. n. 533 del 1973, art. 7 e L. n. 112 del 1991, art. 7 che postulavano la necessità della presentazione della domanda amministrativa, assicurando all’ente uno “spatium deliberandi” di 120 giorni e stabilendo espressamente che la decorrenza degli interessi non poteva essere anteriore allo spirare di detto spatium.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il B. affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’INPS.

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) avendo la Corte di merito violato il giudicato di cui alla citata sentenza n. 64 che, in motivazione, testualmente affermava “…il ricorrente aveva diritto a ricevere, durante i periodi di rioccupazione presso aziende di navigazione aerea a decorrere dal 1 luglio 1997, il versamento da parte dell’INPS della pensione di vecchiaia a decorrere dal 1 luglio 1997” così individuando la data di decorrenza della mora dell’istituto e, quindi, condannava quest’ultimo a corrispondere gli arretrati di pensione “oltre accessori di legge” (formula questa utilizzata e in motivazione e in dispositivo).

Con il secondo motivo si lamenta, in via subordinata, la violazione della L. n. 533 del 1973, art. 7 e della L. n. 412 del 1991, art. 6 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) evidenziandosi che la sentenza impugnata aveva errato nell’estendere l’obbligo della domanda sussistente nel caso in cui si tratti di conseguire una nuova prestazione – alla presente fattispecie in cui il diritto a pensione era stato da tempo riconosciuto (a seguito della relativa domanda di pensione) e la sospensione della prestazione, in costanza di tiocellpa2irme, era Stata illegittimamente protratta anche dopo che la L. n. 859 del 1965, art. 27 era stato abrogato.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Dalla lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza n. 64 cit. emerge in modo evidente che con la locuzione “..accessori di legge” il tribunale aveva inteso rinviare alla disciplina sostanziale in materia e l’affermazione contenuta in altra pane della sentenza e sulla quale si fonda il motivo all’esame secondo cui “…il ricorrente aveva diritto a ricevere, durante i periodi di rioccupazione presso aziende di navigazione aerea a decorrere dal 1 luglio 1997, il versamento da parte dell’INPS della pensione di vecchiaia a decorrere dal 1 luglio 1997″ evidentemente va riferita solo ai ratei della prestazione e non può interpretarsi nel senso voluto dal ricorrente.

Diversamente, il secondo motivo è fondato.

Si osserva che la disciplina legislativa da applicare agli accessori nel caso in esame non è quella ritenuta dalla corte di appello.

Ed infatti, con riferimento agli accessori dovuti sui ratei di prestazioni assistenziali o previdenziali questa Corte ha avuto modo di chiarire che quando il diritto ad una (maggiore) prestazione previdenziale sorga dalla data di entrata in vigore della legge che lo prevede, e non vi sia necessità di presentazione della domanda amministrativa per il suo conseguimento, gli interessi e la rivalutazione maturano, a norma dell’art. 442 c.p.c., come inciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 1991, dopo il decorso del termine di 120 giorni computato a partire dalla data stessa di entrata in vigore della nuova legge (Cass. n. 18395 del 02/12/2003; 1007 del 23/01/2003 n. 12386 del 19/09/2000 n. 251 del 13/01/1998).

E’ tale principio che va applicato al caso in esame in cui a decorrere dal 1 luglio 1997 – data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 3, comma 22, abrogativo della disciplina anticumulo e, quindi, dal 1 luglio 1997 che decorrevano i 120 giorni, trascorsi i quali l’INPS era configurabile un ritardo dell’adempimento (ferma restando la necessità della domanda amministrativa prima dell’inizio dell’azione giudiziaria relativa al pagamento degli accessori prevista dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 44, comma 4 conv. con modifiche in L. 24 novembre 2003, n. 326).

Per tutto quanto esposto, si propone l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, la cassazione dell’impugnata sentenza con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, con rinvio ad altro giudice ove il Collegio non ritenga di poter decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presenie udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della riportata relazione e, quindi, accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al finto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo ricorso, rigettato il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore imporlo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2016

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