Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24103 del 28/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/11/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 28/11/2016), n.24103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20048-2014 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI)

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

L’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE

MATANO, giusta mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE

87, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIA SILVAGNA, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1742/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

12/12/2013, depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Alessandro DI MEGLIO per delega verbale

dell’Avvocato Antonino Sgroi difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Bruno Belli difensore del controricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 20.4.2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di Parma, che aveva accolto l’opposizione proposta da L.E. avverso la cartella esattoriale portante un credito dell’I.N.P.S. per contributi relativi alla gestione commercianti del L. per il periodo relativo all’anno 2009 ed in parte al 2010 quale socio amministratore della A. & C.L. s.r.l., il quale era già iscritto alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, sostenendo l’Istituto l’obbligo alla doppia contribuzione presso entrambe le gestioni.

La Corte territoriale rigettava l’appello, sul rilievo che il L. non esercitava l’attività commerciale nell’impresa gestita dalla A. e C.L. s.r.l. in misura preponderante rispetto ad altri fattori produttivi e che, pertanto, doveva essere iscritto solo presso la gestione separata.

Avverso detta sentenza l’I.N.P.S. propone ricorso affidato ad un unico articolato motivo, cui resiste il L..

L’I.N.P.S. deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208 così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv in L. n. 122 del 2010 in relazione all’art. 2697 c.c.. Censura la sentenza nella parte relativa alla asserita incompatibilità tra l’iscrizione alla gestione separata e l’iscrizione alla gestione commercianti ed in quella in cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’I.N.P.S. non avesse fornito la prova dello svolgimento, da parte del L., di un’attività lavorativa nel suo momento esecutivo ed in misura preponderante rispetto agli altri fattori produttivi.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato alla luce del precedente di questa Corte del 5 marzo 2013 n. 5444, reso in un caso del tutto analogo.

E’ ben vero che è stato ritenuto (Cass. Sez. Un. 8 agosto 2011, n. 17076) che: In caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, quale prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208.

E’ stato, infatti, emanato il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Tale disposizione prevede, con norma dichiaratamente di interpretazione autentica: La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’I.N.P.S.. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26.

Non opera più, quindi, alla stregua della norma interpretativa (ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 15 del 2012 della Corte costituzionale), la regola della attività prevalente e quindi, in via generale, vale l’obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione commercianti, sia alla gestione separata.

Tuttavia, il presupposto per la iscrizione alla gestione commercianti è che si eserciti effettivamente l’attività commerciale e quindi vi siano le condizioni cui la legge subordina il relativo obbligo.

La disciplina previgente è, infatti, stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 che così ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli.

La iscrizione alla gestione commercianti è, quindi, obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali.

Nella specie tali presupposti non ricorrono perchè, come ritenuto dalla sentenza impugnata sulla base di un accertamento di fatto non oggetto di rilievo da parte dell’I.N.P.S., L.E. non esercitava l’attività commerciale nell’impresa gestita dalla s.r.l. suindicata (e cioè l’attività di concessionaria di vendita di orologi Rolex) in modo diretto ed esecutivo nè in misura preponderante rispetto ad altri fattori produttivi, svolgendo prevalentemente compiti di coordinamento e controllo dell’attività svolta nei vari settori aziendali (laboratorio ed esercizi commerciali di vendita degli articoli) a capo di ciascuno dei quali era preposto un soggetto con responsabilità operativa e gestionale.

Va, poi, ulteriormente sottolineato che, se la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208,) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è che l’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’I.N.P.S., non fa scattare il criterio dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione dell’attività “prevalente”, rimanendo attività distinte e (sotto questo profilo) autonome, sicchè parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa, deve coerentemente ritenersi che ognuna delle due distinte attività debba essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo gli ordinari criteri.

Così la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già sopra ricordato della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203.

Ai fini, dunque, di tale ulteriore (rispetto a quello della gestione separata) obbligo contributivo non è richiesta la verifica del requisito della prevalenza (che vale nel solo ambito delle attività autonome inquadrabili nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura; vale, cioè, solo al fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa, attività plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste per le attività in parola), bensì quella della sussistenza degli elementi della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, nonchè degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore.

Per il doppio onere occorre, dunque, una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria.

La verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (così, ad esempio, in presenza di una società di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorchè pure socio, non beneficia di elementi presuntivi che diversamente possono sussistere quando si è in presenza di una società con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685 -).

Ciò precisato, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte del L. della sola attività di amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda, non è validamente infirmato dalla parte ricorrente e dai mezzi d’impugnazione articolati.

Nè, di per sè, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2 di contenuto adesivo alla relazione.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto dello stesso.

I recenti interventi, legislativo e giurisprudenziali, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 si impone di dare atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2016

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