Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24102 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. I, 03/10/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 03/10/2018), n.24102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20289/2015 proposto da:

D.V.F., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Parioli

n.180, presso lo studio dell’avv. Braschi Francesco Luigi, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. Ferrari Cristiano, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Carpino, in persona del sindaco pro tempore, domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Matassa Nino, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1005/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

pubblicata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2018 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

in parziale accoglimento delle domande di D.V.F., il Tribunale di Lucera condannò il Comune di Carpino a pagare all’attore l’indennità di asservimento di una porzione del fondo di sua proprietà (censito in catasto al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS) e (OMISSIS)), illegittimamente occupato e irreversibilmente trasformato per la realizzazione di un tronco di fognatura;

la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 25 giugno 2015, ha dichiarato inammissibile il gravame nella parte concernente la domanda di rimozione della suddetta opera, giudicata tardiva, e infondata la domanda relativa all’indennità di asservimento, mancando un formale provvedimento in tal senso; ha rideterminato il danno risarcibile per l’illegittima intrusione nella proprietà privata e il deprezzamento del terreno in misura corrispondente ad una percentuale del valore venale dello stesso; ha rigettato la domanda riferita al maggior danno per la perdita della possibilità di realizzare il progetto costruttivo di una palestra seminterrata, in quanto incompatibile con gli strumenti urbanistici vigenti ed anche perchè l’interessato non aveva chiesto la necessaria concessione edilizia;

il D.V., a fondamento del ricorso per cassazione, per violazione dell’art. 2043 c.c., omesso esame, insufficiente e contraddittoria motivazione, ha imputato ai giudici di merito di avere giudicato inammissibile la domanda di rimozione dell’opera; di avere valutato il terreno come inedificabile, anzichè edificabile; di non avere considerato che il ramo fognario era stato costruito al centro del terreno, facendolo deprezzare in misura non compensata adeguatamente dal quantum riconosciuto a titolo risarcitorio e rendendo inattuabile lo sfruttamento edilizio programmato per la realizzazione di una palestra;

il Comune di Carpino si è difeso con controricorso;

le parti hanno presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

il controricorso del Comune di Carpino è inammissibile, essendo il ricorso stato notificato al Comune il 10 agosto 2015 e depositato lunedì 31 agosto 2015 e il controricorso spedito per la notifica, il 7 ottobre 2015, quando era già scaduto in data 20 settembre 2015 il termine di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1, considerando la sospensione feriale decorrente dal 1 al 31 agosto di ogni anno, ai sensi di disposizione (L. n. 741 del 1969, art. 1 nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv. con modif. dalla L. n. 162 del 2014) immediatamente applicabile con decorrenza dall’anno 2015, in forza dell’art. 16, comma 1, stesso D.L., a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio (Cass. n. 11758 e 20866 del 2017);

ne consegue il divieto per il resistente di depositare la memoria che è quindi inammissibile;

sono inammissibili i numerosi documenti riguardanti il merito del ricorso che il ricorrente ha allegato in copia alla memoria ex art. 378 c.p.c.;

il ricorso è inammissibile in tutti i profili in cui è articolato;

il primo profilo, riguardante la domanda di rimozione dell’opera, non censura la ratio decidendi della statuizione di inammissibilità, in ragione della tardiva introduzione della domanda all’udienza di precisazione delle conclusioni in appello, risultando eccentrica la doglianza di inadeguata determinazione del quantum risarcitorio, oltre che impropriamente rivolta a contestare un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito, qual è quello concernente la stima del valore venale del terreno;

il secondo profilo, riguardante la qualificazione urbanistica del terreno come inedificabile, non coglie la ratio decidendi della statuizione impugnata, avendo la Corte di merito escluso non la natura edificabile del terreno (dimostrata, secondo il ricorrente, anche da un rogito di compravendita del 24 gennaio 1983 e da una sentenza del Tribunale di Rodi Garganico in materia possessoria), ma la rilevanza sub specie damni della perdita dell’asserita possibilità di realizzare la palestra secondo il progetto costruttivo ipotizzato;

il terzo, riguardante la sopravvenuta irrealizzabilità della palestra con le caratteristiche costruttive programmate, si risolve nella critica di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito, qual è quello relativo alla incompatibilità del progetto costruttivo della palestra con gli strumenti urbanistici vigenti;

non si deve provvedere sulle spese, non avendo l’intimato svolto rituale attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Doppio contributo a carico del ricorrente come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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