Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2410 del 31/01/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2410 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 25723-2012 proposto da:
LANDI

VALERIA

elettivamente

LNDVLR45E56E206D,

domil—il -iato in ROMA VIALE U_RUNQ BUOZZI 99, presso lo
Studio dell’avvocato

FABRIZIO CRISCUOLO,

rappresentato

s,

e difeso dall’avvocato

DOMENICO GIOVANNI RUGGIERO e

dall’avvocato GENNARO TERRACCIANO giusta autentica di
2017
515

firma del

9.2.2017 per Dott. Corrado

Notaio in Napoli, Rep.

de Sanctis,

n. 9597;
– ricorrente contro

LANDI

ROCCO

LDNRCC44S13E206B,

LANDI

DINO

Data pubblicazione: 31/01/2018

LDNDNI47L03E206C, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA BERSONE 91,
GENOVEFFA

presso lo studio dell’avvocato

PETRUZZIELLO,

rappresentati

e

difesi

dall’avvocato ANTONIO MANNETTA;
D’AMBROSIO MICHELE DMBMHL56S23E206T,

BRUNO SONIA

in ROMA, VIA MONTOPOLI 31, presso lo studio
dell’avvocato SANTE CALZA, rappresentati e difesi
dall’avvocato MASSIMO VITALE;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 2413/2012 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 28/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato DOMENICO GIOVANNI RUGGIERO, difensore
della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato ANTONIO MANNETTA, difensore dei
controricorrenti, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito l’Avvocato MASSIMO VITALE, difensore della
controricorrente, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il

APOLLONIA BRNSPL69R41E206Z, elettivamente domiciliati

rigetto del ricorso.

Fatti di causa
1) La causa concerne una servitù di accesso a un vano terraneo, un basso
sito in Grottaminarda, alla via Roma 3, di proprietà dei due fratelli Rocco e
Dino Landi, odierni resistenti.

soprastante appartamento – Michele D’Ambrosio e Sonia Apollonia Bruno lamentando la chiusura di quello spazio vuoto tra la strada e l’ingresso (una
“gobetta”), che consentiva l’accesso al vano, in esercizio di servitù in favore
del proprio immobile.
I convenuti hanno resistito e hanno chiamato in giudizio la loro dante causa,
Valeria Landi, chiedendo anche di essere garantiti per l’eventuale evizione.
Il tribunale di Ariano Irpino ha dichiarato inammissibile la domanda dei due
fratelli Landi; perché ha considerato che gli stessi attori avevano effettuato la
parziale chiusura del varco che conduceva al vano terraneo e la loro non
opposizione alla opera dell’amministrazione comunale, che aveva eliminato
alcuni gradini di accesso e realizzato un marciapiede, sicchè la rimozione
dell’opera eseguita dai convenuti sarebbe stata inutiliter data.
La Corte di appello Napoli con sentenza 28 giugno 2012 ha accolto la domanda
di ripristino della servitù in favore dei fratelli Landi e ha anche condannato la
chiamata in causa a risarcire il danno da parziale evizione, liquidato in circa
7.500 euro in favore dei convenuti D’Ambrosio-Bruno.
Il ricorso di Valeria Landi, imperniato su molti motivi, con numerazione ripetuta
del secondo, è stato resistito da controricorsi degli intimati.

n. 9 57 9 3-12

D’Ascola rei

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Essi hanno agito in giudizio nel 2002 nei confronti degli acquirenti del

Tutte le parti hanno depositato memorie; quella di parte ricorrente è di
contenuto sostanzialmente identico al ricorso, senza puntuale replica. Ad essa
è acclusa procura notarile a ricorrere.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va ritenuta infondata l’eccezione di inammissibilità del

ricorso per difetto di specialità della procura a margine del ricorso, recante
riferimenti alla fase di appello e di esecuzione del giudizio. Il mandato apposto
in calce o a margine del ricorso per cassazione è, per sua natura, speciale,
senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in
corso od alla sentenza contro la quale si rivolge, poiché il carattere di specialità
è deducibile dal fatto che la procura al difensore forma materialmente corpo
con il ricorso o il controricorso al quale essa si riferisce. (Cass.Sez. 6 – 3,
Ordinanza n. 1205 del 22/01/2015).
3)

La Corte di appello ha ritenuto che la servitù fosse stata costituita per

destinazione del padre di famiglia; ha escluso che vi fosse stata rinuncia alla
servitù;

ha

reputato

pienamente tutelabile

la

servitù,

rimasta

temporaneamente quiescente per non uso inferiore ai venti anni e quindi non
estinta.
3.1) Con il primo motivo di ricorso Valeria Landi denuncia l’inammissibilità
della domanda volta a far valere la garanzia per evizione e deduce che tale
domanda sarebbe proponibile solo dopo il passaggio in giudicato del
provvedimento con cui venga riconosciuto il diritto in danno dell’acquirente
attore in evizione.

n. 25723-12

D’Ascola rei

4

2)

La censura è infondata, perché si scontra con l’orientamento dominante della
Suprema Corte, secondo cui è ben possibile che a seguito della proposizione
dell’azione di garanzia propria le due cause siano decise nello stesso processo
(cfr Cass.14431/06; arg. Ex SU n. 13968 del 26/07/2004; Cass. 9910/09).
Con il motivo II, parte ricorrente assume che la domanda era nulla per

difetto di vocatio in ius, perché l’avvertimento ex art. 163 n. 7 sarebbe stato
effettuato solo ai sensi della predetta disposizione e non con riferimento all’art.
38 c.p.c..
La censura è inammissibile, giacchè è dedotta sotto il profilo del vizio di
motivazione e lamenta che la Corte di appello non avrebbe argomentato per
superare le eccezioni sollevate sul punto: le censure di natura processuale non
sono però deducibili ex art. 360 n. 5 c.p.c., ma solo se e in quanto deducano
una nullità del processo ex art. 360 n. 4.
Il ricorso denuncia inammissibilmente anche violazione degli artt. 1485 c.c. e
164 c.p.c., ma non espone né i termini in cui la questione venne posta in primo
grado, né soprattutto se e in qual modo essa venne riproposta davanti al
giudice di appello.
A tal fine non è sufficiente chiedere alla Corte di “verificare” gli atti (ricorso
pag. 10), ma è indispensabile una puntuale formulazione della censura sotto il
profilo giuridico e dei fatti processuali (tra le tante v. Cass SU 8077/12).
5)

Con il terzo motivo, sempre numerato II, viene denunciata violazione e

falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c. in relazione all’asserita indeterminatezza
delle circostanze di fatto poste a base della citazione, che avrebbe dovuto
essere “dichiarata nulla”.

n. 25723-12

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4)

Anche questa doglianza si infrange contro quanto rilevato a proposito della
precedente, giacchè parte ricorrente asserisce che controparte non avrebbe
ottemperato all’invito di precisare la domanda con riguardo alle modalità di
esercizio della servitù, ma non illustra né come mai la problematica sia stata

domanda per tutt’altro profilo, né in che termini sia stata sollevata dal giudice
di appello, che ha agevolmente potuto pronunciarsi sul punto.
Deve quindi ritenersi che non fosse stata rilevata una nullità della citazione, ma
solo che vi sia stata una richiesta di chiarimenti ex art. 183 c.p.c., che non ha
impedito il prosieguo del giudizio.
6) Con il motivo III parte ricorrente denuncia violazione di 4 norme (1027
c.c., 2697 c.c., 228 e 115 c.p.c.). Deduce che il ripristino della servitù è
impedito dallo stato dei luoghi, che non potrebbe essere ripristinato in modo da
dar vita ad un diritto di godimento sull’immobile servente; che ciò si dovrebbe
desumere dalle foto prodotte, dalla inattendibilità dei testimoni, i quali non
avrebbero dichiarato di essere mai entrati nel locale. Viene censurato inoltre
l’utilizzo di dichiarazioni rese dai fratelli Landi in sede di interrogatorio libero.
La censura è per più aspetti inammissibile.
Per la parte in cui contesta il riconoscimento materiale della servitù lo è perché
si risolve nella richiesta di una rivisitazione delle prove, cioè in un sindacato di
merito sull’apprezzamento, logico e coerente, che è stato reso si giudici di
appello, i quali hanno stabilito che la servitù, al momento della divisione
paterna, era visibile ed era stata stabilita, cosicchè la sua soppressione non
poteva ridondare in danno del terzo acquirente.
n. 25723-12

i

D’Ascola rei ‘

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superata dal giudice di primo grado, che ha dichiarato inammissibile la

L’inammissibilità concerne poi la posizione della ricorrente, la quale è stata
condannata a risarcire il danno subito dagli acquirenti D’Ambrosio, tenuti a
ripristinare la servitù in favore degli attori Landi. Le difficoltà di materiale
ripristino non attengono quindi la sua posizione, ma la vicenda litigiosa tra le

equivalente gli attori, qualora, per ipotesi (del tutto indimostrata in ricorso), la
realizzazione dell’accesso al cantinato non fosse possibile con alcun percorso.
Ne consegue che in ogni caso la Landi dovrebbe tenere indenni i suoi aventi
causa.
7)

Con il motivo IV la ricorrente denuncia vizi di motivazione e violazione

degli artt. 1061 e 1062 c.c. Essa inammissibilmente attacca la sentenza per
aver ritenuto configurabile la servitù per destinazione del padre di famiglia.
Concentra la sua richiesta di revisione in una richiesta di rilettura di un atto
notarne e nell’affermazione secondo cui al momento del rogito nel 1946 il vano
terraneo era ancora in costruzione e non poteva essere subordinato al
sottostante seminterrato. Analizza poi le vicende dell’accesso a detto vano.
La Corte di legittimità respinge, in quanto estranea al suo compito, la richiesta
di rivisitazione delle risultanze istruttorie già esaurientemente valutate dalla
Corte di appello.
Quest’ultima ha ben spiegato come avvenne la divisione dall’originario unico
proprietario Rocco Landi ai genitori degli odierni contendenti cioè Michele,
padre degli attori ed Emilio, padre di Valeria. Ha dato conto della deposizione
di un altro figlio di Rocco, Gaetano, fratello dei due genitori dei litiganti. Ha

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D’Ascola rei

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altre parti, fermo restando che anche i convenuti dovrebbero risarcire per

accertato la rilevanza della gobetta ai fini della configurabilità della servitù,
confermata da questo storico e attendibile testimone e da “altri testi escussi”.
8)

Il motivo V è volto a censurare l’importo della riduzione del prezzo

stabilita dalla Corte di appello.

che si scontra peraltro con le pertinenti osservazioni svolte dalla difesa
D’Ambrosio, la quale ha fatto presente l’incidenza che il ripristino di un accesso
al cantinato avrà sul locale acquistato dai resistenti, che dovranno sopprimere
un locale bagno e spostarlo altrove, subendo una riduzione pari al 27% della
superficie utile, sicchè l’individuazione di un controvalore del 20 del prezzo di
acquisto risulta congrua e incensurabile, causando anzi lamentele di parte
evitta.
Si impone quindi il rigetto.
9)

Il motivo VI svolge due censure.

La prima attiene alla trascrizione dell’acquisto della servitù per destinazione del
padre di famiglia. La tesi è sviluppata con rinvio a una sentenza in tema di
regime tavolare della pubblicità immobiliare: risulta quindi non congruo.
L’affermazione secondo cui l’opera non fosse visibile al momento dell’acquisto
della Landi appare poi priva di aggancio a risultanze di causa ed anzi contrasta
con la ricostruzione dei passaggi proprietari svolta in sentenza. Ivi si pone
l’attenzione alla situazione creatasi quando il bene fu dato al padre della
ricorrente, Emilio, dal quale ella lo ha evidentemente ricevuto.

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D’Ascola rei

8

Anche in questo caso trattasi della richiesta di nuovo apprezzamento di merito,

9.1) Del pari è poco comprensibile la seconda censura del motivo VI, nella
quale si sostiene che alla odierna ricorrente sarebbe stata negata la tutela
accordata ai chiamanti in causa, sebbene il diritto reale le fosse inopponibile.
Questo ultimo profilo è incongruo, perché la fonte e la validità del diritto reale

La diversità di trattamento è invocata illogicamente, giacchè non consta che la
Landi abbia chiesto a sua volta di essere manlevata da alcuno.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione
delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della
controversia e in favore sia dei resistenti D’Ambrosio – Bruno, che dei
resistenti Landi .
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate per
ciascuno dei gruppi di resistenti in euro 2.500 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile tenuta il
24 febbraio 2017
Il Consigliere est.
dr Pasquale D’Ascola

Il Presidente
dr Bruno Bianchini
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DEPOSITATO

Roma,

IN CANCELLERIA

31 6E2201

sono state chiaramente ricostruite dai giudici di appello.

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