Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2410 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2022, (ud. 12/10/2021, dep. 27/01/2022), n.2410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10072-2020 proposto da:

M.W., elett.te domiciliato presso l’avvocato VALENTINA

NANULA, dalla quale è rappres. e difeso, con procura speciale in

atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 1113/2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositato

l’01/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere relatore, don. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto dell’1.2.2020, il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso proposto da M.W., cittadino del Ghana, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della domanda di protezione internazionale, osservando che: le dichiarazioni rese dal ricorrente innanzi alla Commissione erano inattendibili e vaghe in ordine al suo orientamento sessuale, né quest’ultimo aveva colmato le lacune del suo racconto in sede di audizione innanzi al giudice; non era riconoscibile la protezione sussidiaria, anche sulla base delle fonti esaminate, e quella umanitaria, per l’insussistenza di condizioni di vulnerabilità, considerando anche il mancato rischio per il ricorrente che, in caso di rimpatrio, fossero compromessi i suoi diritti fondamentali.

M.W. ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati con memoria. Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per non aver il Tribunale adempiuto l’onere di cooperazione istruttoria in ordine ai presupposti dello status di rifugiato, data l’attendibilità di quanto dichiarato dal ricorrente in ordine alla persecuzione subita nel paese d’origine circa la relazione omosessuale.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 3, 4, 5, art. 6, comma 2, art. 14, lett. b), avendo il Tribunale omesso di accertare il rischio per il ricorrente di essere imprigionato in caso di rimpatrio, subendo un trattamento disumano.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 5 TUI, comma 6, e art. 19 TUI, per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria in ragione dell’attuale situazione interna del paese d’origine per il pericolo di discriminazioni riguardanti gli omosessuali.

Va preliminarmente osservato che la procura speciale alle liti prodotta contiene la firma per autentica della sottoscrizione del ricorrente, ma non anche la certificazione della data del suo rilascio.

Al riguardo, va osservato che la recente sentenza delle SU ha affermato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l’autenticità della firma del conferente (Cass., SU, n. 15177 del 2021).

Nel caso concreto, come detto, la procura speciale non contiene la certificazione, da parte del difensore, della data del rilascio, in difformità dal suddetto art. 35-bis, alla luce della richiamata sentenza delle SU.

Su tale norma, con ordinanza del 7.6.2021, è stata sollevata, dalla terza sezione di questa Corte, una questione di legittimità costituzionale in ordine al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, come inserito dal D.L. n. 46 del 2017, per violazione degli artt. 3,10,24 e 111,117 Cost., nonché della Carta dei diritti UE, artt. 28,46,47,18,19, e degli artt. 6, 7, 13 e 14 CEDU.

Ora, il collegio ritiene che la causa possa essere comunque decisa esaminando nel merito i vari motivi, in virtù del principio della ragione più liquida che esime il giudice dall’esame delle questioni concernenti la regolare instaurazione del rapporto processuale poiché esse, pur se vagliate, non inciderebbero sul principio della ragionevole durata del processo (v. Cass., n. 10839 del 2019).

Premesso ciò, il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è inammissibile, avendo il Tribunale esaminato la questione relativa alla situazione della regione di provenienza del ricorrente sulla base della fonte indicata, escludendo i presupposti di ogni forma di protezione internazionale.

Il secondo motivo è inammissibile avendo il Tribunale escluso il riconoscimento della protezione sussidiaria, circa la fattispecie sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b, sulla base di fonti aggiornate.

Il terzo motivo è parimenti inammissibile perché diretto al riesame dei fatti inerenti al riconoscimento della protezione umanitaria, con specifico riferimento al pericolo di discriminazioni per la relazione omosessuale riguardante il ricorrente. Al riguardo, il Tribunale, anzitutto, ha escluso l’attendibilità di quest’ultimo sulla predetta questione dell’omosessualità, avendo riferito i fatti in maniera vaga e contraddittoria, rilevando altresì che non erano state allegate specifiche condizioni di vulnerabilità.

Ne’ sono infine utilizzabili i documenti, comprovanti vari contratti di lavoro a tempo determinato di cui uno attuale, allegati alla memoria, ex art. 380-bis c.p.c., in virtù della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nel giudizio di legittimità, secondo quanto disposto dall’art. 372 c.p.c., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullità inficianti direttamente la decisione impugnata, nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., rimanendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difensiva (Cass., n. 28999 del 2018; Cass. n. 7515 2011).

Nulla per le spese, considerato che il Ministero non ha depositato il controricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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