Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24098 del 03/10/2018

Cassazione civile sez. I, 03/10/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 03/10/2018), n.24098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10744/2013 proposto da:

Comune di Altavilla Irpina, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Vittorio Colonna n.18, presso

lo studio dell’avvocato Benigni Elio, rappresentato e difeso

dall’avvocato De Giovanni Giovannangelo, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M. e R.I., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Cosseria n.2, presso lo studio del dott. Placidi Alfredo,

rappresentati e difesi dall’avvocato Settembrini Aldo, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1341/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

pubblicata il 13/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2018 dal cons. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale SORRENTINO FEDERICO che ha chiesto

l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso del Comune di

Altavilla Irpina.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Altavilla Irpina ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Napoli – in esito al giudizio promosso dagli intimati P. – R. in relazione all’esproprio di una porzione del loro giardino e alla realizzazione a soli tre metri dal fabbricato di loro proprietà di un viadotto stradale – ha proceduto a liquidare la reclamata indennità di esproprio, nonchè la pure dovuta indennità per il deprezzamento subito dalla residua parte del fondo rimasto nella loro disponibilità, in base ad un criterio che, pur facendo richiamo ai valori indicati dal CTU e alle altre risultanze di causa, era imperniato su una valutazione equitativa dei cespiti interessati.

La predetta determinazione è fatta oggetto di censura con il mezzo qui azionato dal Comune di Altavilla Irpina in forza di cinque motivi di ricorso, ai quali resistono gli intimati con controricorso.

Conclusioni del P.M. a mente dell’art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, orchestrati su plurimi registri, il ricorrente Comune censura l’impugnata decisione per aver liquidato le avversarie pretese facendo ricorso ad un criterio equitativo, sebbene il ricorso all’equità si renda praticabile quando “manchino criteri stabiliti dalla legge” e sia propriamente funziona alla “liquidazione del danno” o, al più, “connesso all’attività di esproprio illegittimo”. Peraltro, nella specie, la soluzione equitativa “mai” era stata reclamata dalle controparti e la motivazione riguardo alla sua adozione non era stata “assolutamente sviluppata” e, procedendo perciò ad una valutazione indifferenziata del torto subito, restava di fatto “normativamente sganciata dalle potenzialità legali ed effettive” consentite dalla corrente classificazione dei suoli.

2.2. Entrambi i motivi – che possono essere esaminati congiuntamente per unitarietà della censura – evidenziano un’obiettiva ragione di criticità in capo all’impugnata sentenza, che si espone per questo a doverosa cassazione, rendendo con ciò superflua la disamina dei restanti motivi di ricorso, tutti logicamente subordinati alla salvezza del criterio equitativo utilizzato dal giudice territoriale.

2.3. Si legge invero, nella parte motiva che la sentenza dedica alla stima del pregiudizio sofferto dagli intimati, che, riguardo all’indennità di esproprio, “presa visione dei valori indicati dalla CTU… della CTP e della documentazione prodotta dalle parti, ritiene equo il collegio liquidare al 2004 il valore medio di Euro 99/mq”, mentre, riguardo all’indennità di deprezzamento, “considerate le caratteristiche del fabbricato… si può stimare il valore del fabbricato non espropriato al 2004, prima della costruzione dell’opera pubblica, in Euro 500/mq”, su cui poi operare “una diminuzione di valore del 40%”.

Ora deve essere previamente ricordato che, sebbene secondo un canonico postulato di diritto vivente, ai fini della liquidazione dell’indennità dovuta in caso di espropriazione per pubblica utilità, la determinazione del valore del fondo sia rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito e che compete perciò a lui scegliere, in conformità ai migliori suggerimenti della dottrina estimativa, se utilizzare il metodo analitico-ricostruttivo, teso ad accertare il valore di trasferimento del fondo o il metodo sintetico-comparativo, volto invece a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale attraverso il riferimento alle aree omogenee (Cass., Sez. 1, 22/03/2013, n. 7288), nondimeno, il giudice di merito nel far ciò, non può deflettere dal fondamentale principio, dispensato a più riprese dalla Corte Costituzionale e di seguito divenuto diritto scritto, che vincola il serio ristoro dovuto in forza dell’art. 42 Cost. al valore di mercato del bene, di modo che, comportando ciò in concreto che la somma spettante al proprietario, commisurata alla perdita del suo diritto reale, si identifichi innanzi tutto con il controvalore del bene, il quale va determinato in base alla situazione di mercato, il criterio anzidetto non può essere surrogato da impropri riferimenti all’equità (così in motivazione Cass., Sez. 1, 3/04/2017, n. 8631).

E dunque la decisione che all’equità si appelli per far luogo all’indennizzo dovuto tanto ai fini di esproprio, quanto ai fini di deprezzamento della residua porzione di fondo, venendo meno in tal modo al visto criterio di legge, non si accorda al visto principio di diritto e già per questo merita di essere cassata.

P.Q.M.

Accoglie nei limiti di cui in motivazione il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Napoli che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione 1 civile, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2018

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