Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24097 del 24/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24097 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA
sul ricorso 6900-2011 proposto da:
VILLA S. ANNA S.P.A. P.I. 00800680795, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZALE ‘DON MINZONI 9, presso lo
studio &AA’avvutiaLu MARTUCCLL1 UARL),
e dio 2
2013

1 ,9 p p -f –

MlítiatO

d243’,.ivvOCaUo ,SCOHT ;:1-;ANCESCO, qìusta delCgn

in atti;
– ricorrente –

2606

contro

PONTICIELLO

MARIA

LUISA

C.E.

PNTMLS44R51C352F,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA M. CLEMENTI 51,

Data pubblicazione: 24/10/2013

presso

lo

studio

direa

Lppresentata

,LVAT/AE, qi u L

dell’avvocato

-1 7! 7

GIUSEPPE

dall’avvocatQ

ITRI,
PRESTIA

in aLt

– controricorrente avverso la sentenza n. 392/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 26/03/2010 r.g.n.
649/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto e diritto
La Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto dalla Villa Sant’Anna s.p.a. e confermava la
sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato a
Ponticiello Maria Luisa il 13.5.2005 condannando la società a reintegrare la lavoratrice nel posto di
lavoro ed a risarcirle il danno patito ai sensi dell’art. 18 della 1. n. 300 del 1970.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la s.p.a. Villa Sant’Anna che articola un unico
motivo con il quale denuncia l’omissione, l’insufficienza o comunque la contraddittorietà della
motivazione in relazione ad una circostanza decisiva per il giudizio avendo omesso la Corte territoriale
di precisare con puntualità, come dovuto, le ragioni che avevano determinato la conferma della
sentenza di primo grado avendo specifico riferimento alle censure mosse nel gravame.
Resiste con controricorso la Ponticiello che insiste per la conferma della sentenza impugnata.
La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Tanto premesso ritiene la Corte che la censura formulata è inammissibile.
E’ noto che, ove con il ricorso per cassazione venga dedotta l’incongruità o illogicità della motivazione
della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali è necessario, al fine
di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o
insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – mediante integrale trascrizione della medesima
nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato
che solo tale specificazione consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli
atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa. (cfr. al riguardo Cass. n. 4849/2009, n.
15952/2007, n.9954/2005).
Peraltro, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5,
cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece
consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte,
perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito
della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del
proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e
scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. tra le
altre Cass. n. 6288/2011). Nella specie, contrariamente a quanto genericamente sostenuto nel ricorso
per cassazione, la Corte d’appello ha ancorato le proprie valutazioni a oggettivi elementi probatori
specificatamente richiamati così rendendo chiaro e ricostruibile il ragionamento posto a fondamento
delle scelte operate dalla Corte d’appello. D’altro canto la motivazione per relati °nem si può considerare
carente o meramente apparente – e come tale censurabile in sede di legittimità- solo quando il decisum si
fondi esclusivamente sul mero rinvio a precedenti o a massime giurisprudenziali richiamati in modo
acritico e non ricollegati esplicitamente alla fattispecie controversa, di tal che venga impedito un

La Corte territoriale riteneva che sulla base del materiale probatorio acquisito non fosse stata raggiunta
la prova degli illeciti disciplinari contestati e posti a fondamento del licenziamento sottolineando che le
condotte accertate non erano comunque così gravi da giustificare la risoluzione del rapporto.

le argomentazioni del primo giudice, esprirna, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della
pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo
desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto la sentenza non
• incorre nel denunciato vizio. Solo la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera
adesione, che non consenta in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio
di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei
motivi di gravame, la sentenza deve essere cassata. Non è questo il caso della sentenza in esame che,
sinteticamente richiama le prove testimoniali assunte per concludere nel senso della insussistenza della
prova dell’effettiva commissione dell’ illecito contestato.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM
la Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in C 3.000,00 per
compensi professionali ed in C 50,00 per esborsi. Oltre IVA e CPA. Spese da distrarsi
Così deciso in Roma il 19 settembre 2013

il consigliere est.

controllo sul procedimento logico seguito dal giudice proprio per l’impossibilità di individuare la ratio
decidendi (cfr. Cass. 662/2004). Ove invece, come nel caso in esame, il giudice d’appello,facendo proprie

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